mercoledì 31 gennaio 2018

Chiamami Gandhi


Il mio canto ha deposto ogni artificio.
Non sfoggia splendide vesti
né ornamenti fastosi:
non farebbero che separarci
l'uno dall'altro, e il loro clamore
coprirebbe quello che sussurri.

La mia vanità di poeta
alla tua vista muore di vergogna.
O sommo poeta,
mi sono seduto ai tuoi piedi.
Voglio rendere semplice e schietta
tutta la mia vita,
come un flauto di canna
che tu possa riempire di musica.


Ieri il mondo intero ha ricordato i settanta anni dalla morte di Gandhi
Il Mahatmaletteralmente "grande anima", il "venerabile", il "maestro", l'uomo che ispirò Martin Luther King e Nelson Mandela. Bapu per milioni di indiani, "papà" in gujarati

Ma torniamo alle cose minuscole, torniamo a noi. Ieri sera Scalfari annuiva benevolo tra la barba bianca a Floris che gli si rivolgeva appellandolo "scrittore, giornalista, filosofo e poeta"  e raggiungendo un sobrio "direttore" come quinto appellativo prima della domanda (alla domanda avevo già cambiato canale). 
Poeta. No, poeta no.

« Impara come se dovessi vivere per sempre. »





  

martedì 30 gennaio 2018

Si fa tardi


Si fa tardi. Vi vedo, veramente
eguali a me nel vizio di passione,
con i cappotti, le carte, le luci
delle salive, i capelli già fragili,
con le parole e gli ammicchi, eccitati

e depressi, sciupati e infanti, rauchi
per la conversazione ininterrotta,
come scendete questa valle grigia,
come la tramortita erba premete
dove la via si perde ormai e la luce.

Le voci odo lontane come i fili
del tramontano tra le pietre e i cavi…
Ogni parola che mi giunge è addio.
E allento il passo e voi seguo nel cuore,
uno qua, uno là, per la discesa.
 (Agli amici di Franco Fortini)


Si chiama Die with me, Muori con me, è una app che si collega a una chat. La sua particolarità è che entra in funzione quando la batteria del cellulare si scarica fino al 5 per cento (quante volte abbiamo detto "Mi è morto il telefono"?). Solo allora gli amici connessi possono scambiarsi qualche sms con altri amici sconosciuti e scarichi, 
rauchi
per la conversazione ininterrotta,
come scendete questa valle grigia

Immagino parole disperate,  addii, faccette di emoji che dicono sono triste, che sorpresa, che paura. Oppure lancinanti verità, indicibili fino a quel 5 per cento di batteria che ora è già al 2, qualcosa di mai detto prima. Immagino messaggi brevi fatti di parole contratte, abbreviazioni veloci, non si ha tempo da perdere. 
Oppure se ne ha moltissimo. 

(il senso di una fine)

lunedì 29 gennaio 2018

Pic-nic


Questo cielo lo chiamo firmamento
E cade su di noi soffice soffitto
Senza ganci o tiranti, come telo
Di un circo che smonta
E lascia a terra briciole soltanto,
Stelle esauste. Ma quante,
Piccola volpe apparsa tra gli abeti!
Ci hai stretto nel cerchio dei tuoi passi
Affamati, hai disegnato un raggio
Lungo il quale sei giunta fino a qui
Alle nostre mani e nel buio
Soltanto l'argento della tua coda.
(L'ospite naturale di Roberto Deidier)


Non so perché, e fa pure freddo, ma ho nostalgia del pic-nic.
Personalmente, poi, mai fatti, o molto pochi, insomma, non in un numero tale da divenire abitudine o da creare ricordi struggenti. Eppure.
Prima di tutto mi chiedo, ma si fa ancora il pic-nic? Riempire la cesta di vimini con tupperware che schioccheranno a ritmo di pasta al forno e affettati, si usa ancora?  
Nella mia testa svolazza la bella tovaglia a quadrettoni, da una parte il thermos per il caffè (che meraviglia, ci voleva!) e i piatti e i bicchieri infrangibili. Attento alle formiche, quello è il coltello del salato, spostiamo la sediolina più all'ombra.
Piccola volpe apparsa tra gli abeti!
Amerò sempre il pic-nic.


(posto giusto)

venerdì 26 gennaio 2018

Giorno della Memoria


Gli uomini vanno e vengono per le strade della città.
comprano cibi e giornali, muovono a imprese diverse.
Hanno roseo il viso, le labbra vivide e piene.
Sollevasti il lenzuolo per guardare il suo viso,
ti chinasti a baciarlo con un gesto consueto.
Ma era l’ultima volta. Era il viso consueto,
solo un poco più stanco. E il vestito era quello di sempre.
E le scarpe eran quelle di sempre. E le mani erano quelle
che spezzavano il pane e versavano il vino.
Oggi ancora nel tempo che passa sollevi il lenzuolo
a guardare il suo viso per l’ultima volta.
Se cammini per strada nessuno ti è accanto.
Se hai paura nessuno ti prende la mano.
E non è tua la strada, non è tua la città.
Non è tua la città illuminata. La città illuminata è degli altri,
degli uomini che vanno e vengono, comprando cibi e giornali.
Puoi affacciarti un poco alla quieta finestra
e guardare in silenzio il giardino nel buio.
Allora quando piangevi c’era la sua voce serena.
Allora quando ridevi c’era il suo riso sommesso.
Ma il cancello che a sera s’apriva resterà chiuso per sempre:
è deserta la tua giovinezza, spento il fuoco, vuota la casa.


Il mio modo di pregare è fatto di vari modi di pregare. Fra questi uno è leggere con più attenzione possibile, con metodo, con cura, i nomi incisi sull'ottone delle pietre dell'inciampo sul marciapiede.
Li sillabo, quei cognomi, e le date e i luoghi di nascita, e poi di morte. I giorni conclusi in luoghi sinistri, passati lontano dal portone che vedo qui davanti, chissà se quel negozio c'era, all'epoca, penso, chissà. A un passo da me il portone che sa di casa, di calore e di affetti. Di abbracci, ancora adesso.

Ma era l’ultima volta. Era il viso consueto,
Solo un poco più stanco. E il vestito era quello di sempre.
E le scarpe eran quelle di sempre. E le mani erano quelle
Che spezzavano il pane e versavano il vino.

E' un modo di pregare, la sosta davanti a queste piccole lapidi dorate. Anche se vado di fretta ci spendo un momento, scanso un mozzicone, una foglia, tento di ricordare almeno un cognome per ripetermelo tra me e me per qualche passo ancora. 


giovedì 25 gennaio 2018

Pensi davvero che basti non avere colpe?


Pensi davvero che basti non avere colpe per non essere puniti,
ma tu hai colpe.
L’aria è piena di grida. Sono attaccate ai muri,
basta sfregare leggermente.
Dai mattoni salgono respiri, brandelli di parole.
Ferri di cavalli morti circondano immagini di battaglie
Le trattengono prima che vadano in un futuro senza cornici.
Cosa ci rende tanto crudeli gli uni con gli altri?
Cosa rende alcuni più crudeli di altri?
Le crudeltà subite e poi inghiottite fino a formare una guaina
con aculei sul corpo ferito?
O semplicemente siamo predestinati al male,
e la vita è solo fatta di tregue dove sostiamo
per non odiare e non colpire?
(L'aria è piena di grida di Antonella Anedda)


In nome della trasparenza sono stati riversati nella fogna mediatica tutti i nomi e tutti i cognomi. E gli indirizzi. Padri degeneri, professori sospetti (pedofilia?), produttori e attori ritratti nella medesima posa. Colpe, acclarate o presunte non importa perché nel mondo dove Weinstein è uguale a Spacey che è uguale a quello che venti anni fa mi ha battuto i pezzi, le acque chiare si mescolano a quelle nere.
L’aria è piena di grida. Sono attaccate ai muri,
basta sfregare leggermente.
E mentre i vicini di casa dicono al microfono sembrava-tanto-una-brava-persona, tutto viene copiato, incollato e pubblicato con un click. 
E con un click, poi, ci si ammazza.


(verso la fogna)


mercoledì 24 gennaio 2018

Il tempo in fumo


Io cammino fumando
e dopo ogni boccata
attraverso il mio fumo
e sto dove non stavo
dove prima soffiavo


Quando mi capita di incontrare i figli dei miei amici, gli amici conosciuti quando avevo, e avevamo, l'età dei ragazzi che vedo ora davanti a me, succede che io cerco sempre nei loro sguardi qualcosa che non trovo. E che loro non mi riconoscono. 
E' solo dopo, appena svoltato l'angolo, che capisco che io... sto dove prima soffiavo


(nel fumo)

martedì 23 gennaio 2018

Uccisioni


Qualcuno esitò davanti all'interruttore,
ma poi colpì egualmente per un brusio
di giornate in cucina
ancora e sempre un'elegia di greggi
che il veleno tuttavia distingue.

Era questo, con stile di quiete, l'odio

e i mille atomi dell'arteria che aspettava
l'uccisione né rapida né dubbiosa né altro,
ma la pura uccisione senza orme:
in un candore di primavera si agitava il corpo.

Così continua la storia e tu hai il sospetto

di un'altra volta: millenni
incrostati nella resina, popoli
che riempiono la pelle, la pattumiera, l'incubo
delle mani, quando il sonno
le abbandona vicino al fossato.
(L'uccisione di Milo De Angelis)


Sul suicidio dell'uomo accusato di aver abusato della figlia.

(A pezzi)




lunedì 22 gennaio 2018

Il re della quattro formaggi


Come frecce scoccate
da un ludico arciere
che non ha sempre
per mira un bersaglio, bensì
la bellezza d’una traiettoria,
sorvoliamo lo spazio degli anni.
Nella permanenza in volo
ci viene meno l’orientamento,
siamo oggetto di lanci sbagliati
e privi di verosimile obiettivo.
Dove, dove cadremo? 
Così senza onore.


Il sor Franco, da una cinquantina d'anni vecchio leone della meglio quattro formaggi del quartiere, sbatacchia pensoso nel perimetro della sua gabbia dorata: il risto-pizzeria inaugurato da pochi giorni con classico invito social. Un locale di antica fede giallo rossa, quello del sor Franco, a proposito, dov'è finito il televisore per le partite? E il quadro col pagliaccio triste e la veduta romana? E le foto di Gigi Proietti e Sabrina Salerno che ammicca, quella con Alberto Lupo e Franco giovane, in posa con la star. I cuori sotto l'autografo.
Quanto pagherebbe, il sor Franco, per una comanda vecchio stile da matita sull'orecchio e blocchetto, o quella da vero virtuoso tutta a memoria - una quattro formaggi, due cacio e pepe, una napoli e una marinara senz’aglio, una margherita, cinque medie rosse alla spina e una coca - invece di quel tablet luminoso collegato al corner-cassa!
"Vedo che avete cambiato qualcosa" sibilo.
"Già... e mo' ce so i miei figli” si stringe nelle spalle. “Hanno preso il locale loro, io è meglio che me riposo. E poi c'ho mi' nuora che fa l'architetto..."
E sparisce di nuovo, inghiottito dalle mangrovie del bosco verticale sulle pareti.
Un giovane cameriere hipster attacca la sua danza di birre artigianali intorno al nostro tavolo, Mauro ed io, seduti, sorvoliamo lo spazio degli anni e scorriamo il menù.


(tocco vintage)

venerdì 19 gennaio 2018

Non gioco più


Amo il sole basso
sui campi spogli
nel palmo della mano
(Yamaguchi Seishi 1901-1994)


Fino a dieci anni fa il mio piccolo divertimento era quello di controllare, in spiaggia o in treno, cosa leggesse il mio vicino. Guardavo i titoli con aria finto distratta ma mentalmente li registravo facendo sondaggi e micro scommesse tra me e me. Una lombrosiana somiglianza tra viso e titolo? Quanti Faletti nel vagone? Cavoli, un Philip Roth vuol dire che la giornata sarà fortunata oppure questo qui, mai letto, magari lo recupero... insomma, cose così. 
Oggi che il mondo scorre nel palmo della mano, ho dovuto cambiare gioco. Ora scommetto se sono più quelli su FB o quelli al video gioco, al massimo mi improvviso cronista al derby visione-mail contro gruppo-uozzapp.
Ma il gioco nuovo mi ha stufato. In classe può entrare il telefonino, e se ne fa pure dibattito, gli alunni uozzappano con i prof (che tristezza!) e i loro genitori, che si lamentano dello sguardo pallato del figlio sullo smartphone, stanno sempre collegati. 
Come un orango di Sumatra o un lemure, continuo comunque la mia resistenza: mi porto un libro in borsa da tirare fuori in modo improvviso. E sovversivo. 

(Cartonati)




giovedì 18 gennaio 2018

Questa solitudine


Questa solitudine
verresti a condividerla?
Foglia di paulonia
(Bashō 1644-1694)



In Gran Bretagna si è appena inaugurato il Ministero della Solitudine.

Della paulonia, e delle sue foglie, so poco. 
Allora guardo su internet. Scorro le foto: il portamento maestoso, i fiori lilla e bianchi che sembrano vellutati e carnosi dentro la chioma, "profumatissimi", dice wikipedia. 
Il suo legno è fonoassorbente, perfetto per il koto, lo strumento a corde giapponese, ed è un ottimo isolante termico. E' usato, continua la paginetta, in ebanisteria; sono di paulonia i mobili che custodiscono i kimono e i geta, gli zoccoli tradizionali. 
Un legno musicale, robusto, flessibile, caldo, protettivo. E che sa di passi per casa.

Un ministero. Un haiku-albero come dichiarazione d'amore e progetto di vita.


(Nell'oscurità)


mercoledì 17 gennaio 2018

Mitù


Dormiva. Ps... ps... Cristo santo, senti
come cresce! ... Si avvia un lungo toccare.
Cresce e non può aspettare... Poi lenti
baci e tenaci... e baciare a baciare
incìta... a meglio amarti, non lo senti?
non puoi lasciarlo fuori... poi in un mare
di umori, di sogni solari o chiusi,
avviticchiati, agglutinati, fusi.
(da Medicamenta di Patriza Valduga)


Risultato della vicenda #metoo: ho capito che non mi piacciono le etichette.
Per farsi largo nella cortina di fumo che si è alzata, forse aiuta qualche verso della Valduga. 
E così, eccentricamente, preferisco leggere parole cesellate, soppesate e incastonate in versi che cantano sentimenti amorosi e sessuali.


(Un po' molestia)


Nota
Un consiglio di lettura, il pezzo della storica Anna Bravo che linko QUI.
  




martedì 16 gennaio 2018

Che razzate vai dicendo?


Ho mangiato
le prugne
ch'erano nella
ghiacciaia

e che
probabilmente
tu serbavi
per la colazione
(William Carlos Williams)


Carlos Williams riflette sul gesto minimo. Lo seziona, lo analizza, ne valuta le possibili conseguenze. Si è pappato quelle due prugne, il vecchio William, mannaggia, così in un boccone. Già ci pensava, mentre le tirava fuori dal frigo, che potevano servire alla crostata? E l'ha fatto lo stesso, possibile? O ci ha pensato dopo, lacrime di coccodrillo, e ci ha scritto su una delle sue poesie? E lei, come ci rimarrà? Come ci sarà rimasta? Avrà fatto lo stesso colazione?
C'è chi ci pensa alle cose che fa o a quello che dice, e chi se ne sbatte. E spesso sono questi ultimi a popolare le campagne elettorali.
"La razza bianca è da proteggere perché rischiamo l'estinzione" è stato detto anche questo da un politico.
Mentre il GR continuava, pensavo "Magari si estinguesse, magari", e butto giù l'ultimo sorso di cappuccino, cromaticamente, un mix perfetto.
Magari rischiassimo l'estinzione. A vantaggio di un meraviglioso mondo beige.


(Sfumature in viaggio)


lunedì 15 gennaio 2018

Etty Hillesum


Sulla via assolata, dentro al vecchio
tronco cavo che da lungo tempo
serve a bere e piano a sé rinnova
uno specchio d'acqua, la mia sete
calmo: l'acqua limpida e il suo flusso
prendo in me nel cavo della mano.
Bere è troppo, è un atto che tradisce,
mentre questo gesto in cui m'indugio
porta un'acqua chiara alla coscienza.

E così potrebbe riposarmi
se tu fossi qui, posare piano 
la mia mano sulla fresca curva
della spalla o al limite del seno.
(da Poesie di Rainer Maria Rilke)




Oggi 15 gennaio nasceva Etty Hillesum.
Tutta quella sete nei versi di Rilke, poeta a lei caro... Sete di esperienze, conoscenza. Sete di vita.
l'acqua limpida e il suo flusso 
prendo in me nel cavo della mano
Leggere i versi che Etty amava è una forma di preghiera.

(Il suo sguardo)


venerdì 12 gennaio 2018

Da Céline al Foro Italico


Nascono i bei pensieri sopra i ponti
e sempre ci si ferma sopra i ponti
per contenere quell’atomo di grazia
sospeso in equilibrio
tra gravità di sponde e cieca corsa d’acqua.
Ti darò appuntamento sopra un ponte,
in questa mezza terra di nessuno.
 ("Ponti" di Patrizia Cavalli)


La Roma dell'architettura fascista, quella che attraverso ogni giorno. 
Tutti quei grugni, identici l'uno all'altro sotto l'elmo, sbalzati nei rilievi di marmo che ornano l’entrata al ponte, mi sorprendono ogni volta. Davanti a me l'obelisco con la scritta DVX dove qualcuno si fa la foto ricordo: da star male ogni volta. E' la Roma littoria quella che fendo in motorino, sempre in cerca del mio atomo di grazia.
Attraverso il ponte per raggiungere la redazione. 
Potrebbe essere proprio questo il tema della nostra apertura? Un panorama urbano che celebra il ventennio, oggi, ma che significato assume? 
E la lettura di un grande del novecento come Céline - il suo editore francese Gallimard "sospende" la ripubblicazione degli scritti antisemiti - è, in qualche modo, legata a quello che vedo ogni giorno da sotto il casco? (QUI)
Come mai i razzismi, i leghismi, i saluti romani, i muri non ci sorprendono, non ci indignano?
Se si digita Céline, le prime occorrenze riguardano la pop star Celine Dion, forse bisogna rifletterci su.


(viaggio al termine della notte)



giovedì 11 gennaio 2018

Je suis


Il rosso, il giallo, l'azzurro
dei fiori lo ammetto sono belli.
ma se penso il colore,
il colore intatto e fisso,
non va la mente ai fiori, ma
al rosso del rubino e del corallo,
al giallo dell'oro o del topazio, 
all'azzurro di zaffiri o turchesi.
(Costantino Kavafis)



Sdegno collettivo.
Auspico un contro-movimento costituito dagli osservatori delle sfumature. 


(gregge)






   


mercoledì 10 gennaio 2018

Le parole che capitano


Il mio cavallo cammina
per la pianura d'estate.
Io in una pittura.
(Bashō 1644-1694) 


Capita. Certe parole ci vengono in visita dal passato. 

Mi trovavo in quella seccante situazione che conosciamo tutti: sulla sedia del dentista. Immobile, piedi formicolanti, lingua secca prosciugata da quella specie di uncino aspirante, con un orecchio improvvisamente da grattare su cui premeva quell'aggeggio che consente di tenere la bocca ben aperta. Riflessa in un segmento metallico della lampada accecante, che pietosamente ogni tanto mi abbassano dagli occhi sbarrati, penso "Ma guarda che caspita di mordacchia mi hanno messo!" 
'Mordacchia' è una parola che usava mio padre. "Ti metto la mordacchia!" mi diceva quando rompevo, quando parlavo troppo con quel tono petulante che lui imitava facendomi il verso. Fu così che, pur vivendo in un appartamento e non in una fattoria, imparai il significato di "mordacchia"
Amo il suo suono dispettoso che scherza con "racchia" e con "morso". Una parola che ieri pomeriggio, dal dentista, improvvisamente, mi ha accarezzato.
Capita. Certe parole, all'improvviso e chissà perché, ci vengono in visita dal passato.

(cura canalare)


martedì 9 gennaio 2018

Poesia


Duemiladiciotto               -
Millenovecentottantotto  =
_______________________
                                     trenta

Trent'anni di operazioni non in cifre,
in lettere. Mai tornano i conti a Nicola
Crocetti, non lo amano i numeri.
Ma le lettere, oh le lettere dell'alfabeto sì.
Lo inseguono come i topi il pifferaio
di Hamelin, come il mare Ulisse,
come gli invitati lo sposo
e la sposa, come le api i fiori,
come i poeti l'amore il dolore.
("Come il mare Ulisse" di Vivian Lamarque)



Festeggio i trent'anni di Poesia, la rivista sempre uguale eppure sempre nuova. 
Fuori moda come il vecchio golf o il caffé all'angolo, sempre lo stesso e mai rimodernato ma che rende unico quel pezzo di strada altrimenti banale. 
Ogni numero una scoperta poetica, una storia che non conoscevo o la foto sorprendente di un viso. 

Al suo fondatore a cui mai tornano i conti, e a tutte le firme di Poesia, i miei auguri.







lunedì 8 gennaio 2018

Grandi proposte


pieno di mosche
nel paese immobile
diluita dimentica
la fase precedente
si dividono in 
lupi
nella gabbia e
sciacalli
intorno strillano
la fine della
non fa niente
senza attesa
né che mai più le ri
vedrò
(Nanni Balestrini)

Le grandi proposte di ogni campagna elettorale, una su tutte quella di ieri, sull'abolizione delle tasse universitarie (QUI)

Nel paese immobile, ripenso al vecchio ministro Tommaso Padoa Schioppain carica solo paio d'anni nel governo Prodi. 
Il suo frainteso e sbertucciato monito: "Le tasse? Bellissime! Un modo civile di contribuire ai servizi"  è, da allora, il mio mantra.


(Made in Italy)



giovedì 4 gennaio 2018

Nel mio paese

Leggeri ormai sono i sogni,
da tutti amato
con essi io sto nel mio paese,
mi sento goloso di zucchero;
al di là della piazza e della salvia rossa
si ripara la pioggia
si sciolgono i rumori
ed il ridevole cordoglio
per cui temesti con tanta fantasia
questo errore del giorno
e il suo nero d’innocuo serpente

Del mio ritorno scintillano i vetri
ed i pomi di casa mia,
le colline sono per prime
al traguardo madido dei cieli,
tutta l’acqua d’oro è nel secchio
tutta la sabbia nel cortile
e fanno rime con le colline

Di porta in porta si grida all’amore
nella dolce devastazione
e il sole limpido sta chino
su un’altra pagina del vento.
(Nel mio paese di Andrea Zanzotto)


Nel mio paese si protesta perché i sacchetti della spesa, quelli biodegradabili, costano 2 centesimi mentre quelli di plastica sono gratis, e quindi sono molto meglio e chissene frega se inquinano.
Nel mio paese per protestare si seguono hashtag molto fichi. E se hai qualche dubbio, o sei maschilista o stai con le banche.
Nel mio paese gli ultra sessantenni in pensione, ma consulenti, parlano di lavoro sui giornali. I giornalisti alla page scrivono libri sui figli.
Ma tanto nel mio paese si legge poco. Meno di un libro l'anno. Allora, nel mio paese, facciamo che vale tutto come leggere gli sms o gli status su FB.
Si, noi facciamo che vale tutto.


(una pagina di vento)

       

mercoledì 3 gennaio 2018

Insegnamenti



Le poesie vanno sempre rilette,
lette, rilette, lette, messe in carica;
ogni lettura compie la ricarica,
sono apparecchi per caricare senso;
e il senso vi si accumula, ronzio
di particelle in attesa,
sospiri trattenuti, ticchettii,
da dentro il cavallo di Troia.
(La poesia di Valerio Magrelli)


L’ho incontrato casualmente sotto casa sua in un pomeriggio torrido di fine estate.
“Ho un problema” mi dice “Un mezzo casino con le tubature di casa”
Quelle ostruzioni di detriti, quei piccoli cumuli nel buio dei tubi erano roba da levargli il sonno, pensai. Uno come lui, alla ricerca del nitore perfetto e che lucida le sue parole di metallo, una per una. Starà malissimo.
“Sai che compio sessanta anni?”
Dalle tasche dei pantaloni corti spuntavano la testa di una pinza e la punta a stella di un cacciavite. 
Gli attrezzi del poeta.

(nature e venature)