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martedì 9 dicembre 2014

Il gioco serio del go

La scacchiera del go rovesciata
dalla mia amante - fuori
il canto del piviere
(Ikenischi Gonsui 1650-1722)



Tornando a casa dalla Fiera Più Libri Più Liberi di Roma riflettevo su quanto, in un paese di lettori-di-figure come il nostro, il discorso sull'editoria grande e piccola sia lungo, arzigogolato e tendenzioso, e quindi da sintetizzare, per quanto mi riguarda, con un generale, e pilatesco, auspicio di "lunga vita alle piccole case editrici"!

È anche vero però che orientarsi nel macrocosmo dei piccoli editori c'è da star male (folle manualistica, nauseabondi libri di ricette, esoterismi da scaffale, guide cittadine agli angoli nascosti che sarebbe meglio che lo restassero, biografie scritte da ex-dipendenti Rai o ancora peggio da primari in disarmo, floricultura da terrazzino, narrativa vegana che istiga al bisteccone, plaquette poetiche da suicidio...) ma, se ci si prende un saridon con mezzo bicchiere d'acqua e si continua a cercare, si possono scovare cose belle che rispondono a quello che dovrebbero avere le piccole edizioni da statuto: un catalogo originale.

Tiro fuori dal mio borsone il volumetto bianco appena uscito edito da Quodlibet "Breve trattato sulla sottile arte del go" firmato da tre giocatori pazzi come George Perec, Pierre Lusson, Jacques Roubaud e tradotto da Martina Cardelli.
Il gioco del go, esperienza estetica e strumento per vedere le cose, che i giapponesi consideravano una delle difficilissime strade per la saggezza.
Dopo l'elegante liturgia raccontata da Kawabata ne "Il maestro di go", mi divertirò a leggere i sofisticati appunti dello strano terzetto che qui sembra alla disperata ricerca di una scacchiera-griglia che contenga tutte le loro divagazioni e i sofisticati giochi linguistici.
Inizio a leggere, contenta di scoprire mondi e di metterli in cortocircuito nella mia testa, con ancora il piacere di avere passato un pomeriggio di lavoro ricco di cose e di incontri con tanti amici, tra cui i Tre Allegri Ragazzi Morti e, soprattutto, aver potuto salutare qualche scrittore ed editore serio. Come quelli che piacciono a me.

(Incontri seri!



(Incontri seri!)



venerdì 31 ottobre 2014

Allegri ragazzi morti

All'improvviso
appare un lampo:
paura della morte.
(Issa 1763-1827)




Esiste - ma è il caso di usare proprio il verbo 'esistere'? - una piccola galleria di semi-divinità giapponesi legate al mondo dei morti di totale secondo piano, micro spiriti in perenne sospensione tra il qua e il là, che non riescono a trovare la quiete definitiva ma che su di me hanno da sempre un fascino particolare. 
Si tratta degli spiriti dei bambini mai nati (mizuko), di coloro che muoiono senza discendenza (muenbotoke) e dei morti vendicativi (goryo) e svolazzano, incerti sulla loro collocazione definitiva, nell'immaginario giapponese da secoli. 
A questi spiritelli inquieti e un francamente po' sfigati, e anche un po' buffi perchè ci riportano alle faccette dei cartoni animati con gli occhi a crocetta, sembra essersi ispirato Davide Toffolo, leader della band indie-rock Tre Allegri Ragazzi Morti. 





Non guardarmi cosi perchè ho quindici aaaanni/ non ho avuto il tempo di diventare rockstar/ 
in Italia i tempi sono elefantiiii/ chi ce la fa non ascolta la mia muuusica.

Non guardarmi così perchè ho quindici anni/ Sono io quello di cui parla la tv:/

dissotterrato dal giardino dopo quasi ventaaaaannii/ riconosciuto dai denti e dai capelli bluuu.


(clicca e ascolta la mia preferita)

Sono andata a vedere Musical Lo Fi (vedi date qui) in un teatro romano qualche giorno fa perchè solo con Toffolo è possibile entrare in quel mondo introflesso e un po' emo, fatto di sbuffi, incertezze e lacrime improvvise, che va dai quindici ai diciotto anni. 
Ci sono entrata. 
Spirito non visto, ho spiato da vicino lo spettacolo del diventare grandi: l'amico del cuore, il concerto da raggiungere, il sesso da capire. L'amore. La vita e la morte. La mancanza assoluta di sfumature. Le paure e i complessi. 
E sono tornata la quindicenne contro gli adulti, i veri morti viventi che non capiscono niente. 
Meglio chiudersi dentro la camera, cuffie a palla. Meglio morire. E fare del teschio, tatuato, stilizzato, disegnato sul diario, indossato sulla maglietta o sulla maschera della band che adoriamo, il brand della sopravvivenza. L'icona della mia vita.
Davide Toffolo concentra quel buco nero invisibile, che comprende tutti i giorni che dura l'adolescenza di ognuno, nei soli quattro minuti di una canzone  . 
E canta e disegna quel non esserci ancora, o non del tutto. Dolcemente ci parla di esseri ancora a metà, di piccole anime perse sospese tra i bambini e gli adulti. 

Alle anime perse, dovremmo dare un tetto/ai corpi senza pace offro il mio letto/di storie come questa ne ho da raccontare/che questa notte nera faremo passare
  

Nello spettacolo la trovata di Toffolo nella parte di se stesso che osserva la scena da fuori, come da un aldilà atemporale ma a portata di ricordo, rockstar un po' invecchiata e un po' ingrassata, è "la" trovata. Fa da specchio alla sua cover in scena, ci canta un po' insieme e osserva il suo pubblico in silenzio, lo stesso pubblico quindicenne da venti anni.
Ed è sempre per un gioco di specchi che ci regala canzoni struggenti, romanzi in forma di graphic, schizzi autobiografici cantati o a china. Ci cade dentro e ne spunta fuori con quel suo sguardo malinconico e matto sulle cose che mi piace e mi conquista. 
Un po' yokai, un po' Alice. 


E allora anche io, insieme a lui, voglio festeggiare la vita parlando di morte. 
Succede con il "lampo" nello haiku di oggi, succederà per chi festeggerà stanotte Halloween, succede nel malinconico mondo di tutti gli allegri ragazzi morti che, sparsi nelle loro camerette, aspettano di diventare adulti da tantissimi anni. 

Dedicato a chi nel 1979 aveva 15 anni e oggi 17. 


(clicca per il video LIS)









Esce in questi giorni, in occasione dei venti anni della band, "Tre allegri ragazzi morti" edito da Rizzoli Lizard. Aggiungo di andarvi a ripescare di Davide Toffolo "Graphic Novel is dead", sempre per lo stesso editore, e di farvi un giro in rete sulle tante cose che fa.