Il suo inchiostro spruzzato
un calamaro morto
con la bassa marea.
(Masaoka Shiki 1867-02)
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(Foto dalla rete di Masaoka Shiki) |
Nel nostro tempo occidentale,
dove tutto è permesso e le regole sembrano fatte per essere aggirate, appare
maestosa un’altra misconosciuta figura: Masaoka Tsunemori.
Si fa chiamare Shiki, cioè
"cuculo", l’uccello che secondo la tradizione giapponese canta finché
muore. A undici anni scrive il suo primo poema e a quattordici anni fonda un
gruppo poetico.
Si diploma, lascia gli studi
universitari e rinuncia alla borsa di studio. Si consacra agli haiku, compone
varie raccolte, fonderà la rivista letteraria “Il cuculo”.
Nel 1894, già malato, è
corrispondente per il suo giornale della guerra cino-giapponese.
Al contrario di Matsuo Basho, suo amatissimo maestro e grande
camminatore e di Santoka, Shiki potrà camminare poco.
La sua breve esistenza, morì a
trentacinqueanni, può misurarsi in pochi
tatami, quelli della stanza dove era costretto a letto.
E in quello spazio angusto,
povero e solitario, compone in forma di haiku la sua lotta contro il male e la
sua voglia di vivere, il suo addio alla vita e la sua rabbia.
Nello stretto rispetto delle
regole poetiche dello haiku e servitore di un’ideale precisione nella
composizione da lui stesso canonizzata, occupandosi in chiave moderna
dell’esistenza umana, Shiki ci porta in un mondo struggente, raffinato,
disperato.
E cadenzato da ore sempre uguali,
come in questi tre haiku che vi propongo:
Alle quattro i corvi
alle cinque i passeri
dalla notte d’estate il giorno spunta
Dopo aver ucciso la mosca
un momento di pace
nella piccola camera
La lampada della camera vicina
si è accesa anch’essa
notte fredda
Forte come un guerriero, Shiki era figlio di un
samurai, conosce la rinuncia e la solitudine.