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martedì 6 febbraio 2018

Ci dividono mari, le lingue


Ci dividono mari, le lingue,
senza più orme gli anni lupi grigi
vanno sviando e non hai saputo
né 'the awe' né 'vieillot',
né 'Holunder' né 'gemicare';
io ignoro il suono delle parole
come le dicevi pellegrinando,
ma tua figlia Satojo grazie al canto diventa
la mia, piango con te, o Issa,
sento la gioia che fosse e le rane,
i germogli nelle risaie, i colpi
allegri nel lavatoio, la carta
che crocchia e la luna in bilancia
sospesa sopra di noi,
la lepre annidata, il timido mito
di petali appena sbocciati.
Risurrezione accomuna. Una patria
invita noi orfani di Satojo con un richiamo 
di diciassette sillabe; più lungo il mio,
troppo; purtroppo
non come a te ti lievita immenso,
nuvola che incorona il vulcano,
o una sola precisa farfalla.
(Per Issa, per Satojo di Federico Hindermann)


Come quando un amico ti presenta una persona che non conoscevi, e che diventa un altro amico ancora, da un libro si può passare a un altro e poi a un altro, allungando di un po' il cammino che pensavamo di fare ma con esso l'orizzonte della conoscenza. Certo è che dell'amico, come del libro, ti devi fidare, cioè deve essere un buon amico. 
E' così che ho incontrato Federico Hindermann, cammina cammina, seguendo le tracce prima di Giorgio Orelli, che mi hanno fatto fare una deviazione verso Vittorio Sereni, e poi quelle di Fabio Pusterla, autore della bella introduzione a questo volume di poesie, quarant'anni di testi del poeta svizzero Federico Hindermann. 
L'immagine del cammino, non solo nella forma del percorso esistenziale, torna anche nella raccolta. Panorami alpini, speroni di roccia, gli incontri casuali... 
Nella struttura poetica, i testi spesso obbediscono a quel ribaltamento formale, di tono e di atmosfera e che negli haiku chiameremmo kireji, offrendo al lettore una sorpresa nel finale. 
Ribaltamento nel ribaltamento è stata poi la scoperta della poesia dedicata a Issa, il grande maestro di haiku, che cristallizza il dolore del maestro zen per la perdita della figlia Satojo. Il lutto di Issa, diventa anche di Hindermann e infine di chi legge, un dolore accessibile attraverso una poesia dove trapelano, come a squarciarla, micro citazioni di haiku giapponesi e parole dal suono meraviglioso ma intraducibile.
Ci dividono mari, le lingue,
senza più orme gli anni lupi grigi
Bella la copertina. Che sia proprio la farfalla di un haiku Issa?


Vola una farfalla
sono anch'io
come polvere

(Issa 1763-1828)



(sempre altrove)






    


   


venerdì 24 novembre 2017

Giorni d'inverno


Quando la luce si placa, in certi giorni d'inverno,
e non è più il riflesso di un incendio,
l'usura di un dolore 
che non provi; lì sfavilla
e quasi certamente sorride. Luce inerme
che brilla e si concede. Cielo fermo.
(da "Pietra sangue" di Fabio Pusterla)

Ci sono sindaci che non danno il permesso di istallare un paio di bagni chimici nei pressi di un accampamento di fortuna dove alcuni migranti stazionano da mesi.
l'usura di un dolore 
che non provi
Ci sono sindaci che, sempre in nome della sicurezza, distribuiscono gratis spray al peperoncino alle donne del comune che amministrano per potenziali aggressioni che finora non si sono mai registrate. 
l'usura di un dolore 
che non provi
Ci sono sindaci che dicono "No" a organizzare un dormitorio che ripari dal freddo i migranti all'addiaccio (QUI).
l'usura di un dolore 
che non provi
Migranti che poi sono ragazzi, donne e bambini che, oltre a quello che hanno subito per arrivare fino qui, sopportano anche il nostro stupro collettivo. 


(Festa di benvenuto)









mercoledì 2 agosto 2017

Poeti


Perché la pioggia, perché il vento e le pianure
notturne, l'erba gialla, il respiro. Quell'acqua
che scroscia nei vicoli, e i prati. Perché
non c'è tregua, o domani. Soltanto
le sbarre, la gabbia di un io.
L'inferno è non essere gli altri,
guardarli passare e sparire nel niente:
un posteggio che piano si svuota, il cantiere del vento.
("Breve omaggio a Plutone" di Fabio Pusterla)


Meno male che ci sono i poeti che raccontano quello che siamo, quello che sono io, in questo preciso momento. Ora.
Così, nel posteggio che piano si svuota mi faccio fare una foto da Fabio Pusterla.
E me la leggo e rileggo. 
L'inferno è non essere gli altri, guardarli passare e sparire nel niente
E rileggo ancora. Soltanto le sbarre, la gabbia di un io. L'inferno è non essere gli altri.


(dentro una poesia)
  


giovedì 6 aprile 2017

Ore 8.00 lezione di resistenza


Sono berline sportive e neri suv
che varcano gli alti cancelli e di là scaricano
i poveri figli dei ricchi alla scuola privata.
Ne avrà cura tutoria dietro le reti e le insegne
la scuola fino a sera, e torneranno
al crepuscolo i genitori e la loro flottiglia
tenacemente giustificata lungo il giorno,
cromatura per cromatura, investimento
su investimento in assenza di impicci.
I figli, nelle pause,
corrono fuori a fumare nervosi a gridare qualcosa
o restano silenziosi contro un muro.
Non bisticciano quasi mai, non manifestano
pena o interessi particolari per gli effetti e le cause.
Si allenano a diventare come i padri come le madri. 
("Scuola per ricchi" di Fabio Pusterla)




Una mattina come tante. Fabio Pusterla, l'insegnante poeta osserva alcuni ragazzi fuori la scuola. 
Ankara. Trecento insegnanti turchi, licenziati in tronco dall'università per motivi politici, continuano a fare lezione per strada, nelle piazze e nei parchi (clicca la notizia QUI). A questi se ne stanno aggiungendo altri.
Spesso l'ora di studio all'aperto si conclude con l'applauso di studenti che si allenano a diventare come i loro maestri.
Vorrei stare lì in mezzo. Imparare dagli uni e dagli altri. 


(III B)