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venerdì 22 agosto 2014

Issa e Philippe Forest

Il fumo del tè
e il salice
fremono insieme

(Issa 1763-1827)


Issa in giapponese significa "tazza di tè" ed è il nome assunto da Kobayashi Yotaro quando diventa monaco buddista nel 1792. I suoi haiku raccontano di cose apparentemente modeste come il salice e il fumo oppure pulci, neve, foglie, lumache, rane, un berretto...
Orfano di padre e di madre da piccolissimo, sposo e padre sfortunato (perse quattro figli per malattia) Issa fu segnato negli affetti e nella salute eppure, eppure... come scrive meravigliosamente Philippe Forest nel suo "Sarinagara" (titolo tratto dall'ultimo ku di uno haiku di Issa che significa "eppure") il poeta guarda la vita frontalmente e con ironia.

Issa, tazza di tè, simbolo di armonia e comunione con la natura. E da oggi berne insieme non sarà più quella frivola abitudine a base di pettegolezzi e pasticcini che pensavamo, ma una vera e propria "cerimonia" del quotidiano.


Tsuio no yo wa
tsuio no yo nagara
sarinagara

È di rugiada
è un mondo di rugiada
eppure eppure


Eppure è possibile diventare una tazza di tè, ci dice Issa! 
La bellezza degli haiku, l’abbiamo detto tante volte, è nella loro incisività. Brevi, trasparenti, illuminanti, semplici, cosmici. Il kigo, vedi QUI e QUI, che Issa ha scelto per il prossimo che vi propongo, è la farfalla, simbolo della primavera.

Vola una farfalla
sono anch’io
come polvere.
(Issa Kobayashi 1763-1828)

Ma il fascino di uno haiku risiede anche nel kireji ovvero in quel drastico ribaltamento dell'ultimo dei tre versi. Issa scrive polvere, elemento naturale eppure così irrimediabilmente brutale, e che ci conduce repentinamente a riflessioni inaspettate.
Eccoci di colpo lontani dalla rassicurante “gentil farfalletta” annuncio di primavera o da quelle tatuate a go go che occhieggiano con stanca malizia dai costumi da bagno. 
Niente di tutto questo. 
Attraverso la sua poesia, Issa ci sorprende e ci fa tornare a quel momento lontano negli anni, ma indelebile nella memoria di ognuno, in cui un adulto ci spiegò che sulle ali delle farfalle c'era una polverina colorata che, se solo sfiorata, le avrebbe uccise. 
Sarà questa visione del mondo, tragica e diremmo leopardiana, questo "irrimediabile" in cui ci specchiamo, questo sopravvivere a dispetto della vita stessa su cui ragiona Issa, che ha interessato Philippe Forest? E Forest, come Issa e come i grandi scrittori, non scrive infondo sempre della stessa cosa?
E noi lettori li seguiamo rimanendo sempre incantati e scossi. 




Oggi tre consigli di lettura. Un romanzo da recuperare uscito nel 2008: 

- Philippe Forest, il grande autore di "Tutti i bambini tranne uno" che con  "Sarinagara", edito sempre da Alet, ci fa scoprire cose di Issa Kobayashi struggenti e indimenticabili. 

E due saggi del 2014:

- Lu Yu "Il Canone del tè" edito da Quodlibet dove sognerete con l'autore, eremita cinese vissuto nel 700 e venerato come "dio del tè", un modo sobrio ed essenziale di vivere che passa dalla consapevolezza (le tavole sono magnifiche).
- Aldo Tollini "La cultura del tè in Giappone" edito da Einaudi dove l'autore, che insegna alla Ca' Foscari lingua giapponese classica, scopre di questo rito i legami profondi con l'arte, la poesia e l'architettura.  

lunedì 17 marzo 2014

Farfalle, farfalline e farfallone

Vola una farfalla
sono anch’io
come polvere.
(Issa Kobayashi 1763-1828)


Vicino ai grandi dell'arte contemporanea come Damien Hirst quando dispone farfalle vere come tessere di rosoni iridescenti e sinistri, o come Jan Fabre in questo lavoro, il maestro zen Issa Kobayashi coglie l’aspetto della naturale (e irrimediabile!) caducità delle cose.

La bellezza degli haiku, l’abbiamo detto tante volte, è nella loro incisività. Brevi, trasparenti, illuminanti, semplici, cosmici. Il kigo, vedi QUI e QUI, che Issa ha scelto in questo che propongo oggi, è la farfalla, simbolo della primavera.

Ma il fascino di uno haiku risiede anche nel kireji ovvero in quel drastico ribaltamento concettuale dato nell'ultimo dei tre versi (ku). Qui Issa scrive polvere, elemento naturale eppure così irrimediabilmente brutale, e ci conduce  a riflessioni inaspettate.
Eccoci di colpo lontani dalla rassicurante “gentil farfalletta” annuncio di primavera o da quelle tatuate a go go. O dalle farfalline-gioiello con cui un nostro anziano premier, tra le altre virtù anche farfallone, omaggiava serialmente le sue pudiche donzelle.

Niente di tutto questo. Attraverso la sua poesia, Issa ci sorprende facendoci tornare a quel momento lontano negli anni, ma indelebile nella memoria di ognuno, in cui un adulto ci spiegò che sulle ali delle farfalle c'era una polverina colorata. E che non bisognava toccarla altrimenti morivano!

E noi adesso, come allora, rimaniamo incantati e molto preoccupati. 


(mia)


Una buona settimana piena di cose da cogliere al volo per tutti coloro che subiscono, con me, il fascino di tre ku.  

venerdì 7 marzo 2014

8 marzo: mimose o ciliegi?

Per questa festa
dispongono le bambole
- ombre sul muro
(Momoko Kuroda 1938)


Domani è l'8 marzo, festa che da anni mi sembra un po'... strattonata. 
Neo femminismi glam  - che non mi rappresentano - e vetero femminismi che non capiscono ancora da quale parte stare: pro o contro le consapevolissime macchine da guerra teen?

In questo macello tutto mediatico che non tiene conto che discriminazione e violenza si combattono solo culturalmente ovvero, semplicemente, leggendo...eleggo Momoko Kuroda mia rappresentante!


Prima di tutto partiamo da questo suo haiku che si riferisce alla antica festa delle bambine chiamata Hinamatsuri .
Il kigo risiede in quel  "dispongono le bambole" e infatti ci riporta al giorno preciso, 3 marzo.
La festa prevede la coloratissima esposizione di tante bamboline tradizionali, posizionate ordinatamente e con devozione, su scaffali allestiti appositamente in casa per l'evento. 
Coinvolge tutte le donne della famiglia (dalla nonna alla nipotina più piccola) e quelle ombre evocate nello haiku  possono essere i ricordi di ognuna di loro, forse anche le loro aspirazioni, in una società, come quella giapponese, schizofrenica anche per quanto riguarda la parità tra i sessi.


(w i filtri per le foto!)


Momoko Kuroda nasce nel 1938 a Tokyo.
A trent'anni, pur perfettamente inserita nella società giapponese - lavorava come pubblicitaria e caporedattrice di una rivista-  decide di mettersi in viaggio lungo tutto il Giappone alla ricerca di ciliegi nel momento esatto della loro massima fioritura (Hanami). 
Momoko nel fiore degli anni che si mette in viaggio in cerca dei ciliegi in fiore! 

In Giappone ci sono tante varietà di ciliegio ma quella veramente speciale che le interessa si chiama Yamazakura. Ogni pianta di questa specie puo' vivere centinaia d'anni e, caratteristica incredibile, invecchiando, mentre il tronco si svuota, i suoi rami continuano a fiorire stagione dopo stagione. 
Un po' come la maturità che si acquisisce via via nel tempo o  come i ricordi che lascia una persona cara che non c'è più. 

Nel 1970 Kuroda diventa allieva del maestro di haiku  Yamaguchi Seishi (1901-1994) e 
a cinquantotto anni ricomincia le sue peregrinazioni, da nord a sud, sempre alla ricerca di alberi di ciliegio. 
Ma in questa seconda fase le interesserà il momento in cui i fiori iniziano ad appassire e i petali a cadere e gli haiku che compone restituiscono magicamente questa malinconica atmosfera di distacco. 


E nel tramonto
sembra il ciliegio pendulo
abbia più fiori
.........................

Ci separiamo
ciliegio di montagna
a rivederci
........................

Di quale valle
di quale albero
danzano i petali?
........................

Per tutti i ciliegi che ha visto e letteralmente "visitato" negli anni, per i pellegrinaggi sui passi dei monaci zen suoi maestri, Momoko è chiamata haijin dei ciliegi (haijin =compositore di haiku).  
Ed è per la sua delicatezza e forza, per la sua osservazione complessa sul quotidiano e per come ha raccontato nella brevità degli haiku anche momenti di forte unione tra uomini e donne, che oggi la festeggio con voi. 

Buona festa a tutti! 


(Hinamatsuri. Istituto Giapponese di Cultura di Roma)  




In Italia è pubblicata una raccolta di Momoko Kuroda dal titolo "Un albero un'erba e fiori di ciliegio" edizioni Empirìa.






giovedì 13 febbraio 2014

A lezione di haiku!

Un mangiatore di cachi
che amava gli haiku
così bisognerà ricordarsi di me
(Shiki 1867-1902)


Un po’ di grammatica: lo haiku è strutturato in  diciassette sillabe (5-7-5). La rima non esiste e il ritmo interno è ottenuto dal poeta con allitterazioni e ripetizioni - che purtroppo non si colgono se non si conosce il giapponese- e prevede sempre un riferimento preciso alla stagione (kigo).

Un po’ di storia: lo haiku probabilmente deriva da una una forma poetica in uso nel VII secolo detta waka (o tanka) di 31 sillabe divise in versi di 5-7-5-7 e 7 che poi si evolve nel renga, proprio del XII secolo, ovvero una composizione di argomento spesso giocoso, "a catena”, con più autori che completano il verso l’uno con l’altro.
Nel renga c'era un verso più importante degli altri, chiamato hokku, da cui deriverà successivamente lo haiku.
Sarà  il maestro Matsuo Bashō (1644-1694) a distillare ulteriormente questo componimento rendendolo la forma poetica zen per eccellenza.
E sarà Shiki (1869-1902) a renderlo una unità poetica a se stante, essenzialmente realistica e moderna.

Quindi, risalendo sui rami dello haiku, si scopre che deriva anche da un gioco letterario!

Vi propongo questa pagina dall’ultima raccolta poetica di Valerio Magrelli, uscita in questi giorni per Einaudi, dal titolo Il sangue amaro
Non riesco a individuare il kigo però …



giovedì 6 febbraio 2014

martedì 4 febbraio 2014

Insetti vari in Parlamento e divagazioni per sopravvivere

Mentre in Parlamento siedono cicale e rumoreggiano grilli sotto lo sguardo di formiche avvilite (vedi etichette post), mi distraggo con alcuni haiku che hanno la "lucciola" come kigo, il riferimento alla stagione, e con alcune divagazioni in libertà.

Lucciole ovunque
rieccomi
nel mio villaggio natale
(Santoka 1882-1940)


Tristezza-
per il bambino ammalato
una gabbia di lucciole
(Yoshikawa Ryota 1718-1787)  




L'immaginario visivo giapponese di manga e anime spesso richiama quello classico tradizionale, come succede in questo cartone. Sempre in tema di lucciole, ecco un esempio:


                                                         

Le divagazioni continuano. Alcune smorfie eccessive dei visi accigliati, stupiti o divertiti di alcuni ritratti in stile Ukiyo-e, come questo in basso, non rimandano forse alle buffe faccette dei cartoni tipo Lady Oscar, Goldrake, Mazinga, Doraemon che imperverseranno due secoli più tardi




(Ritratto di Otani Onji III di Sharaku, attore kabuki, 1794. Copyright Tokyo National Museum)