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venerdì 21 febbraio 2014

A chi lotta, ogni giorno

Nell'ampolla dei medicinali
un ramo
del pruno fiorito
(Shiki 1867-1902)


Al contrario di Matsuo Bashō, suo amatissimo maestro e grande camminatore, e di Santoka, Masaoka Shiki può camminare pochissimo. 
La sua breve esistenza – morì a trentacinque anni – può misurarsi in tatami, quelli della piccola stanza dove era costretto a letto. 
E in quello spazio angusto, povero e solitario, compone in forma di haiku (leggi QUI) la sua lotta contro la malattia e la sua voglia di vivere, il suo addio alla vita e la sua rabbia. 
Nel rigoroso rispetto delle regole poetiche dello haiku e servitore di una ideale precisione nella composizione da lui stesso canonizzata, occupandosi in chiave moderna dell’esistenza umana, Shiki ci porta in un mondo struggente, raffinato, disperato. 


Racconta l'amore per la vita nelle sue espressioni piu' umili e a portata di mano come il frutto del cachi, alla cui dorata golosità ha dedicato spesso la sua attenzione poetica. 
Sebbene malato, non voleva assolutamente trascurare il  lavoro di redazione della rivista poetica Hototogisu  che dirigeva, leggendo e  rivedendo gli haiku da pubblicare.
La sua consolazione?  Misurare il lavoro da fare in...cachi.

Una raccolta di poemi
due cachi
tardi nella notte d'inverno

Nella malattia  Shiki torna samurai -era difatti figlio di un samurai- e i suoi haiku, inaspettatamente romantici, testimoniano la tensione tra la vita e la morte, la lotta, l'abbattimento, la rinascita. 
Mentre il suo orizzonte visivo si restringe sempre di più su cose piccole  -una mosca, un paravento, una pentola- il suo distacco filosofico aumenta. Un grande intellettuale che però voleva essere ricordato come lui stesso chiede:

Un mangiatore di cachi
che amava gli haiku
così bisognerà ricordarsi di me

Dobbiamo a Shiki la rinascita di questa forma poetica minuscola e infinita allo stesso tempo.

W Shiki!