lunedì 28 gennaio 2019

Serotonina


Non capisco dove si combatte
mi giro ma è buio ovunque
senti i colpi, senti gli spari
ma non riesci a capire
da che parte vengono.
Forse sono circondato
e devo solo girare
su me stesso come a mosca cieca,
poi partire all'attacco
a casaccio in una direzione
per sfondare il fronte nemico
e cadere trafitto dai colpi.
(da "Cieli celesti" di Claudio Damiani, Fazi Editore)



Questa poesia di mira e spari mi riporta a "Serotonina" di Houellebecq o forse è la suggestione del romanzo a non abbandonarmi da qualche giorno, una sensazione di grigio a lento rilascio che ritrovo ovunque, dove mi muova o guardi da quando ho finito di leggerlo. L'autore lo seguo da anni, è uno di quelli che aspetto, di cui ho imparato a prevedere storture e smargiassate ma il suo dare voce ai pensieri infimi non mi disturba affatto, la considero una prova a cui sottopone il lettore, la nostra sfida. Parla di quello che siamo attraverso la trascrizione dell'indicibile, anche l'abbonamento a Sky patrimonio dell'umanità e le sordide elucubrazioni su sesso e decadimento fisico femminile, sono parte della sua cifra narrativa. L'impotenza maschile e i lubrificanti ovvero il sesso in tutte le sue forme esibite o le private depravazioni - non siamo forse vessati dal sesso? la società occidentale non è diventata anche arbitro della nostra efficienza sessuale, non veniamo misurati ogni minuto? - sono elementi della sua poetica. 
Il protagonista, un quadro aziendale, vive in questo ecosistema, le regole le conosce, sono anche le sue. Solo che è depresso. A un certo punto proverà a sparare, ad attendere qualcuno per giorni cercando la mira giusta per prenderlo. Cosa succede prima o dopo in questo romanzo non lo dico, chi vuole leggerà questo carotaggio letterario di un'epoca liquida, viscida, e soprattutto depressa. Non svelerò l'ultima parte del libro, dove il povero cristo protagonista, mostruosamente, parla anche a me.


domenica 27 gennaio 2019

Giornata della Memoria



Mani che ti hanno accarezzato sopra la testa
mani di preti di zie di ortolani
mano del compagno di scuola
che scriveva in inchiostro verde
mani di Berta asciugate dal vento
se appendeva il bucato sopra i fili
larghe mani polacche
che spaccavano la legna nell’Arbeit Lager
mani e dita affusolate
degli amici indiani
mano scarnita
che prendi la penna per firmare
mano che arriva la sera
accarezzi la gatta più nera.
("Mani" di Luciano Erba)

I testimoni della Shoah, coloro che hanno conosciuto deportazione e lager, sono quasi tutti morti. Per ricordare quell'eccidio pensato, quello sterminio così ben organizzato, ci restano i documentari in bianco e nero, le scolaresche in visita ai campi e sopra ogni cosa quel museo diffuso, capolavoro storiografico ed emotivo, delle piccole pietre tombali sui marciapiedi.
Il nostro compito, la nostra resistenza quotidiana è continuare a cercare le nostre mani in quelle degli altri.

(in preghiera)

giovedì 24 gennaio 2019

Lettura, lettori eccetera


Mescola e rimescola le regole
del nostro luminoso futuro
il consulente inglese.

"Dobbiamo essere smart

conoscere la metrica dei consumi
e amare il nostro cliente".

Non riesce a dire l'enigma lettore

ma solo "nella mia vita di prima
anch'io leggevo libri da lettore
proprio come voi, ma poi...
seamless" dice sottovoce

regola la nostra fiducia e ripete

"seamless"... vivere senza cuciture
come un'anima pulita"
dice senza sapere cosa dice.
(da "Tormenti della cattività" di Antonio Riccardi)


Intorno a me gli scaffali delle librerie scoppiano di libri che nessuno legge, neanche il giornale si diceva una volta, "quello non legge neanche il giornale", adesso se lo compri o fai parte di un elite o sei un ottuagenario. Nel mondo in cui sappiamo tutto senza sapere molto, in cui si capisce "a pelle", si conta "a occhio" e si parla "a cazzo", nel mondo smart  che ama il cliente e dove la complessità è out, nel mondo in foto dai colori saturi, senza sfumature come le parole che si usano per definirlo, i cosiddetti “lettori forti”, cioè quelli che leggono almeno 12 libri l’anno, non sono aumentati, restano sempre il 14 per cento (QUI).
Che il numero non sia diminuito la prendo come una buona notizia. Stasera mi ubriaco.


(autobiografia)


  






mercoledì 23 gennaio 2019

La perfezione di Banfi



Primavera-
un uovo bianco e l'ombra
d'un uovo bianco.
(Tomizawa Kakio 1902-1962)


A un simbolo si chiede di essere perfetto. Prendiamo l'uovo. Per gli Assiri era l'uovo cosmico, pende in forma di allegoria al centro della Pala di Brera di Piero della Francesca, nell'haiku che ho trascritto l'uovo è colore senza tinta, è pura luce.
Oggi abbiamo Lino Banfi, vecchio attore di film un po' guardoni. Con il suo nostalgico passato di cabarettista, con quel sano buon senso da uomo comune, da uomo della strada, quello che fa le corna e la battuta, è il nostro simbolo all'Unesco. Perfetto. 
La perfezione di un uovo, la perfezione di un haiku e la perfezione di Banfi, il nostro rappresentante perfetto nella commissione italiana per l'Unesco.


(sguardo zen)










martedì 22 gennaio 2019

Nodi di luce



Se non dovessi tornare,
sappiate che non sono mai
partito.
Il mio viaggiare
È stato tutto un restare
qua, dove non fui mai.
 ("Biglietto lasciato prima di non andar via" di Giorgio Caproni, Garzanti, 1982)


Molti scrivono poesie, è il grande fraintendimento, e pochi le leggono, è la triste verità. 
l poeti, quelli veri, puntellano le parole, con i tondini di ferro della metrica ingabbiano i versi, alzano contrafforti, i pesi e contrappesi grammaticali riescono a diventare musica da leggere e da cantare, i poeti fanno, fabbricano un equilibrio profondo e solido anche nel verso libero, un' impalcatura trasparente di suoni e significati.  
"Il poeta è un artigiano, un vasaio" disse una volta Caproni a una conferenza sulla poesia 
"Il poeta è un minatore, è colui che riesce a calarsi più a fondo (...) attingere a quei nodi di luce che sotto gli strati superficiali, diversissimi tra individuo e individuo, sono comuni a tutti"

Il mio viaggiare
È stato tutto un restare

In Gennaio, il mese che l'ha visto nascere e anche morire, cade il ricordo di Giorgio Caproni, colui che si inabissa per riportare su quei nodi di luce che illuminavano la sua esistenza e, ancora oggi, quella del lettore. Il poeta facile, comprensibile come può esserlo una casa, un vaso, una partenza o un ritorno. Che però sono tutte cose difficili da esprimere.  












   



venerdì 18 gennaio 2019

Pagella


Davanti alla dismisura delle cose cerco di provvedere
scendo nel loro baratro. Ogni volta riemergo
con il metro, il compasso, la mente piena di cifre.
Mi struggo per la geometria, mi ostino inutilmente
a calcolare l'area del cubo, del parallelepipedo,
del prisma, nomi di un'aria di cristallo priva di veleno.
È un sogno infantile di teorema,
un innesto di mondo su un segmento di radice.
Se la osservi rimanda a un'equazione, al suo quadrato,
con l'ala dei numeri che svetta su ciò che è smisurato.
("Geometrie" di Antonella Anedda)

Il bambino naufrago ritrovato con la pagella cucita nei pantaloni. 
Sarebbe bello dedicare alla sua memoria un'ora di lezione in classe. Qualche parola del maestro, una cartina geografica da guardare e su cui capire la distanza tra qui e il Mali, un minuto di laico raccoglimento. Potremmo sentirci più vicini, impareremmo a misurarci con la dismisura delle cose


(Rip)




mercoledì 16 gennaio 2019

Brexit


Nessun sole d'estate potrà mai
dissolvere le tenebre totali
diffusa dai Giornali,
che vomitano in prosa trasandata
fatti violenti e sordidi
che non riusciamo, sciocchi, ad impedire:
la terra è un brutto posto,
eppure, per quest'attimo speciale,
così tranquillo ma così festoso,
ti rendo Grazie: Grazie, Grazie, Nebbia.
("Grazie, Nebbia" di W.H. Auden)

A chi, la Gran Bretagna, dovrà dire grazie per tutto questo casino... così poco british? Noi, quelli usi agli impicci e ai sentimenti, la osserviamo da quaggiù mentre continua a brancolare scomposta nella sua stessa nebbia, sperando che non avvolga, un futuro mattino, anche noi. 
Ci si conceda una punta di snobberia, almeno per qualche giorno!

(alla finestra)

martedì 15 gennaio 2019

Pawel Adamowicz



Gas che collidono, tempeste, scontro di comete,
in questo cielo curvo che ci appare in pace
nessuna eco, nessun solco d’aratro,
nessun tragitto di linfa
dalla radice del platano al suo nero,
solo uno stormire di foglie
fino alla stella irraggiungibile
dove il tuo respiro rallentava.
Alla fine dell’inverno, senza neve
– è solo un altro lutto – mi dicevo – inosservato
nel mondo che s’intreccia al gelo.
All’improvviso invece in un angolo del letto
è apparso il sole, scavava silenzioso una sua strada
verso un luogo dove s’irradia luce
e non esistono i pronomi.
(da "Historiae" di Antonella Anedda)

Chi l'aveva mai sentito nominare Pawel Adamowicz, il sindaco di Danzica morto ieri, ucciso con un coltello nel cuore. "Siamo un porto aperto al mondo" diceva nei suoi comizi, un porto aperto al mondo, diceva l'uomo controcorrente, uno che molti definirebbero freak, uno capace di parlare di solidarietà e di accoglienza e di diritti per gli omosessuali. 

Alla fine dell’inverno, senza neve
– è solo un altro lutto – mi dicevo – inosservato
nel mondo che s’intreccia al gelo.

E penso a quante persone per bene non conosciamo perché impallate da altre così inutili e aggressive, così rumorose e presenti, sfinenti, ma anche alla sua città stretta in un solo corpo scosso, unita nel tentativo di accumulare tutto il sangue del mondo per poterglielo restituire in un'unica trasfusione impossibile.

  
(Un porto aperto)



  

lunedì 14 gennaio 2019

Mosche, farfalle & c.


La mosca in autunno
tutti gli acchiappamosche
sono rotti
(Shiki 1867-1902) 


L'arte di collezionare mosche di Fredrik Sjöberg edito da Iperborea, un vecchio libretto amato, che ritiro fuori dalla libreria in occasione della possibile sparizione degli insetti sul nostro pianeta di cui sta raccontando la mia radio in questo momento.


Sul mondo degli insetti in letteratura, da Virgilio a Kafka fino alla Vispa Teresa, si è detto e scritto in abbondanza. David Cronemberg e David Linch hanno contribuito a rendere mosche e coleotteri fascinosi e conturbanti. Quell'altro genio di Jan Fabre le ha sadicamente incollate su meravigliosi rosoni iridescenti. E Rimskij-Korsakov con il suo calabrone in musica, fino all'inarrivabile tolleranza dei nostri poeti zen, miti osservatori di pulci, farfalle, pidocchi, grilli e mosche.
E allora cosa rende questo libro speciale? La curiosità "moschina" del suo autore e quella generata nel lettore. L'originale capacità di osservarsi come farebbe un entomologo, appunto, nell'affannato tentativo di aggiungere un tassello in più a una ricerca che sa di infinito. Sapete quante specie di insetti esistono? Milioni e milioni. Di queste centinaia di migliaia appartengono all'ordine dei ditteri, le mosche appunto e solo in Svezia, punto di osservazione di Sjöberg, ci sono 4424 tipi di mosche. Tra cui i sirfidi, la specie amata dall'autore che, circoscrivendo pagina dopo pagina il campo di osservazione, limitandone via via i confini, arriva a setacciare, in modo proficuo per la sua ricerca, un minuscolo isolotto svedese. 
Lo sguardo, il nostro, diventa a 360 gradi, come l'occhio delle mosche, su entomologia, biologia e letteratura. Sjöberg ci dice che la ricerca è possibile anche se il punto di vista è ristretto e il porsi dei limiti, analizzandosi e circoscrivendo passioni e ossessioni, può essere un metodo. Un metodo per procedere nella conoscenza scientifica e nell'esistenza. 
Volo, è il caso di dirlo, a cercare il racconto di D.H. Lawrence che Fredrik Sjöberg cita a un certo punto.



sabato 12 gennaio 2019

Negozietto


Dispensa mai fu donato
più appropriato nome.
Cuore del cibo posto
nel cuore della casa
come il motore immobile
delle cosmologie.
Tabernacolo luogo 
alimentare e segreto.
("Dispensa" di Valerio Magrelli)


Quand'ero piccola giocavo a negozietto con mia sorella. La nostra recita si teneva a casa dei nonni, in una specie di enorme armadio a muro adibito a dispensa, la domenica mattina, dopo la colazione. Era una colazione unica quella, mi pare buonissima anche adesso, eccentrica rispetto alla solita, col nonno in pigiama, che strano, e la nonna in vestaglia che ci scaldava un pezzetto di pane sul fornello infilzandolo con una forchetta. Quante volte l'avrà arrostito così, sulle prime direi sempre, ripensandoci sarà stata una sola, magari perchè erano finiti i biscotti. Mamma e papà sarebbero arrivati per pranzo, dopo il sabato sera passato con i loro amici o al night. Parentesi. Il night. Ricordo nitidamente mio padre che dice stasera andiamo a un night a mia madre, non che fosse un ballerino o chissà che amante della musica o dei superalcolici, forse un gergo privato tra loro, il night, che mistero, chissà. Chiusa parentesi.  
Nell'attesa di mamma e papà, noi sorelle entravamo in quella specie di armadio - il gioco del negozietto era già nell'aprire quelle ante per accedere in un'altra dimensione come Alice - rovistare tra le due file di scaffali, spostare il vino, le latte con l'olio, prendere qualcosa e infilarlo nelle buste di naylon conservate in un angolo ben ripiegate, che fortuna anche le buste abbiamo, e pesare la merce sulla bilancia vera e pagare con soldi di carta fatti da noi, buongiorno signora, desidera? un chilo di pasta, prego.
Ripensarci oggi mi riporta laggiù, tra gli abitanti di quel paese delle meraviglie.


(piccola spesa)






   

giovedì 10 gennaio 2019

Aiuti



Niente si offre per l’ultima volta,
perché tutto dopo il sonno ricomincia.

si riforma il seme dei ragazzi. Le
polluzioni sono infinite. Compagni,

ragazzi morituri, orfani matricidi
spegnete la sete che è in me d’amore

deluso in questi versi rattrappiti.
(da "Sesso" di Dario Bellezza)


Quel bacio nel 1991 di Fernando Aiuti, l'immunologo spentosi ieri sera, a una paziente sieropositiva, fu il primo gesto social della storia. Quel bacio sulla bocca tra medico e malata fu l'icona pop di anni traumatizzati dalla scoperta di un virus, gli ottanta epicurei ripiegavano in quel decennio di paure e castighi, di mucche pazze e di ebola e di cormorani incatramati. La sua foto sui giornali fu un gesto artistico, l'ideale completamento della serie dei ritratti di Andy Warhol, quelli con le star a colori acidi, i visi fuxia e i ciuffi blu elettrico. Se ne discusse molto, suscitò polemiche e insinuazioni ma quel bacio vinse e non fu più dimenticato.
Aiuti, AIDS in inglese, fu scienziato e anche un artista, rappresentando dentro quel gesto se stesso e, insieme a lui, la sua ricerca.


(qui ci si ama)



mercoledì 9 gennaio 2019

Prima le donne e bambini


Da me a quell'ombra in bilico tra fiume e mare
solo una striscia di esistenza
in controluce dalla foce.
Quell'uomo.
Rammenda reti, ritinteggia uno scafo.
Cose che io non so fare. Nominarle appena.
Da me a lui nient'altro: una fissità.
Ogni eccedenza andata altrove. O spenta.
("Fissità" di Vittorio Sereni)

Perché "prima donne e bambini", perché? Forse un essere umano vale più di un altro a seconda del genere o dell'anagrafia? Quindi Quell'uomo, che tra l'altro fa pure cose che non so fare, meglio che lo si lasci lì dove sta, che sia uno scoglio, un gommone bucato, una città in fiamme. La società civile ripete il suo motto che fa tanto umano, prima le donne e bambini, prima le donne e bambini prima le donne e bambini prima le donne e bambini, e se lo scrive pure addosso, twittandoselo bene.


(Decreto legge)

martedì 8 gennaio 2019

Finalmente



Vivere è stare svegli
e concedersi agli altri,
dare di sé sempre il meglio,
e non essere scaltri.

Vivere è amare la vita
con i suoi funerali e i suoi balli,
trovare favole e miti
nelle vicende più squallide.

Vivere è attendere il sole
nei giorni di nera tempesta,
schivare le gonfie parole,
vestite con frange di festa.

Vivere è scegliere le umili
melodie senza strepiti e spari,
scendere verso l’autunno
e non stancarsi d’amare.


Una poesia non tra le più belle del mondo, che sia meglio lo slavista del poeta? Versi un po' compilativi, più un elenco, una lista che suggerisce un metodo che sarebbe bello poter seguire: riuscire a cogliere l'attimo. Vivere è amare la vita, dice il vero, certo, Vivere è attendere il sole nei giorni di nera tempesta, tutto giusto, non stancarsi d’amare, pure quello, versi che non sento di annoverare tra le scoperte letterarie più sconvolgenti della mia vita. Allora perchè? Posso finalmente pubblicare questa foto.