sabato 6 novembre 2021


Ritto sulla tinozza -
Mi lavo il volto
Ombra d’autunno
(Natsume Sōseki 1867-1916)


Amava Bashō, Sōseki, al punto di intitolare il suo romanzo di formazione, “Guanciale d’erba”, con un verso del suo antico maestro.
Ma nei suoi entrano nevrosi e modernità, l’ideale di natura di Bashō occhieggia ancora ma in modo molto diverso, in filigrana. Come dimostra questo haiku che ho scelto, e che leggo come fosse una piccola scatola che sia apre sulle nostre insicurezze. Ecco il tempo che passa e l’autunno sul viso che si specchiano nell’acqua sul fondo della tinozza, ecco il quotidiano e lo sforzo che ci viene richiesto per affrontarlo, ecco le preoccupazioni che spengono la luce nel volto. Ma. Ma è il prenderne atto che riesce recuperare la consapevolezza che dopo l’autunno e l’inverno arrivano tepore e luce. E poi l’asciugamano, che qui non c’è e che immagino solo io, dove affondare per un momento il viso. Chiudere gli occhi per ritrovare lo slancio.



 

venerdì 29 ottobre 2021

Strade


Questa strada
nessuno che cammina -
sera d’autunno

(Bashō 1644-1694)

Perché ho scelto proprio questo haiku per “7” di oggi? Perché spinge ad andare avanti. La sera è autunnale, foglie secche, il brivido dell’inverno tra le spalle, e Bashō fotografa un momento di malinconia. Ma la strada è questa, è davanti ai nostri occhi. Bashō, il poeta viaggiatore, la osserva, pur sentendosi solo dentro e fuori di sé. 
Seguire un ideale, cercare un senso, aspettare di giungere a una svolta, a un incontro. Ci si prova. È la pratica zen del nostro quotidiano.






giovedì 28 ottobre 2021

Discriminazioni

 

All'ombra dei fiori,
sono insonne;
il futuro mi spaventa
(Issa 1763-1827)


Dedico questo tenero haiku di Issa a tutti coloro che non riescono a dormire, angosciati dalla violenza crudele della discriminazione. Una qualsiasi, quella nei confronti dei bassi, grassi, neri, gialli e marroncini, disabili, omosessuali, rom, migranti e non so quale altra demente classificazione.

                                                               (Angoscia della porta accanto)
                                 

venerdì 22 ottobre 2021

Fiori


Fiori di sera

anche quest’oggi

appartiene al passato

(Kobayashi Issa 1763-1828)


Issa in giapponese significa "tazza di tè" ed è il nome assunto da Kobayashi Yotaro quando diventa monaco buddista nel 1792. I suoi haiku raccontano la quotidianità attraverso cose modeste, al poeta bastano un fiore, un filo di fumo o un fiocco di neve per raggiungere un’idea cosmica dell’esistenza. 

Orfano di padre e di madre da piccolo, sposo e padre sfortunato (perse quattro figli per malattia) Issa fu segnato negli affetti e nella salute eppure eppure... sarinagara sarinagara, come scrive in uno haiku tra i suoi più famosi, la vita prorompe anche nella goccia di rugiada.


Lo haiku che ho scelto per il sommario di “7” di questa settimana, ha la funzione di un piccolo calendario. Come i fiori, le giornate appassiscono nella sera, e così le settimane, i mesi, gli anni, e il tempo appena vissuto, già così lontano… 

Issa invita a sentire il profumo di ogni fiore che ci tocca in sorte. Consiglio non facilissimo da seguire. Ci si prova.






giovedì 21 ottobre 2021


Cielo d’autunno 
quaggiù
San tō ka è felice con te
(Santōka 1882 - 1940)


Ancora un altro passo dentro l’autunno nello haiku che illumina, almeno per me, il sommario di “7” del Corriere. 

L’ ho scelto perché nei tre versi contiene tre movimenti, li vedete? No? Allora ve li indico:
con Cielo d’autunno lo sguardo è verso l’alto, l’infinito, il cosmo con la sua incomprensibile circolarità.
In Quaggiù ci siamo noi qui, sulla terra. Lo sguardo è come se scendesse fin sui nostri piedi ben saldi sul presente e si concentrasse sull’attimo che stiamo vivendo.
E infine l’ultimo, San tō ka è felice con te, dove l’autore indica se stesso nella sua essenza più profonda e lo fa scandendo il nome zen che si è scelto, San Tō ka, ovvero: alta cima fiammeggiante. La sua felicità è la nostra, e lo vedete anche voi, adesso, come il movimento diventi rotondo; è condivisione totale, perché siamo qui, insieme, con le nostre meschinità e la nostra bellezza, uniti dalla stessa tensione vitale. 
Al prossimo haiku su “7” e al prossimo dietro le quinte qui.





domenica 10 ottobre 2021

100 Zanzotto

Powder of lost battles
between blue and green
when skylines weight on grass


Polvere di passate perdute battaglie
tra blu e verde
quando gli orizzonti pesano sull’erba



I cento anni dalla nascita di Andrea Zanzotto li festeggio con un suo haiku. Una polvere che il poeta pensa in inglese e che traduce in italiano in un movimento circolare zanzottianamente zen. Bellissimo. Da perderci la testa. E poi festeggio la sua ironia che, come una punta di spillo, fora qui e là le pagine delle sue raccolte.




Il Colosseo
invoca nubi gelide
spiriti di Roma

(Sono Uchida 1924)

Uno haiku per guardare meglio quello che è successo a Roma ieri pomeriggio.

                                                                         (Green pass)

venerdì 8 ottobre 2021

La chiave di Shiki

Nel mio andarmene
nel tuo restare
due autunni
(Shiki 1867-1902)


La ragione evidente, la primissima, per cui ho scelto per il sommario di 7 del Corriere della Sera questo haiku di Shiki, è perché è bello e con un chiaro riferimento alla stagione. E perché, nel suo micro mistero narrativo, risulta immediato anche per chi non conosce molto degli haiku. Vuole essere una lucina sui giorni che viviamo. Oggi sono d’autunno, nel suo oro ecco le nostre vite.

Se scavo un po’, e mi confido, vi dirò che l’ho scelto perché è stato il primo haiku che ho letto. Il primo di una serie infinita che mi ha agganciato. Quel congegno nella struttura come uno schizzo sul taccuino, la sua sospensione emotiva. Che meraviglia! Chi saranno questi due amanti, mi chiedevo, cosa sarà mai successo? Un addio come un giorno d’autunno, pensavo leggendolo e rileggendolo, senza sapere che maneggiavo la chiave che mi avrebbe aperto un mondo.
È così, è da questo haiku che sono “entrata” nei tre versi. Ho iniziato a conoscere le regole che li sorreggono, individuando il ritmo nella trascrizione fonetica pur non sapendo una parola di giapponese, cercando i riferimenti alla stagione più nascosti, scoprendo l’equilibrio grafico del segno. Sono “entrata” anche nelle vite dei suoi autori, monaci zen, poeti raminghi così lontani dalla mia vita e dalla mia cultura eppure così vicini e amichevoli. 
E, con la chiave del mio primo haiku, le porte si aprivano una dopo l’altra. E ancora sorprese. Shiki, il samurai malato, non raccontava di un amore finito ma dello struggimento nel salutare qualcosa per sempre e, in quel “noi” mai pronunciato, racconta di sé continuando a toccarci. 
Questa pratica di lettura e rilettura, diventata costante nella mia vita, così lontana dallo zen ma in qualche modo strampalato apparentata, continua a insegnarmi sempre la stessa cosa: dietro ognuno di noi c’è sempre una storia, un dolore, un amore, una casa lasciata.







martedì 14 settembre 2021

Una libellula 
sul cappello.
Cammino
(Santōka 1882 -1940)

Haiku per le cose più belle che ci accadono, per gli attimi da cogliere, haiku per un regalo improvviso e inaspettato. Haiku sul tempo che hai in mano, no, sul cappello, quello da godersi tutto.
Se guardi bene in foto, la libellula in testa la vedi eccome!







martedì 27 luglio 2021

Il clima ideale


Sotto un albero gigante
io e il cane 
inzuppati 
(Santōka 1882-1940)


Amo le estati tutte uguali. E amo le estati raggiungibili, quelle semplici, le estati a Cervia, Riccione, Pinarella… Con le bici e la piadina, gli alberghi allineati come soprammobili di dubbio gusto sullo scaffale del lungomare, c’è quello a forma di casetta nel bosco, il salvadanaio, la torta… Le discoteche, lo struscio, il gelato, e la parlata morbida e gentile. Il sogno. No ansia, no stress, no aggressività. Un paesino nell'interno si chiama Premilcuore, ci si va? 
Povera Emilia Romagna bersagliata da pallettoni di grandine, povere estati di fuoco e ghiaccio.

                                                                           (Protezione)

lunedì 26 luglio 2021

Fuoco e fiamme

Quale freschezza -
quel suono di gocce
notturne nel pozzo

(Issa 1763-1828)

Fuoco in Sardegna, focolai di covid nel Paese e noi che cerchiamo refrigerio dentro una goccia.
Mentre divampano boschi e discussioni politiche e da bar sui vaccini, aspetto orgogliosa il mio green pass, certificato di responsabilità e senso civico anche nei confronti di chi scende in piazza contro di me.


                                                                  (Green pass)


mercoledì 14 luglio 2021

 

Si spalancano laghi di stupore

a sera nei tuoi occhi

fra lumi e suoni:

 

s’aprono lenti fiori di follia

sull’acqua dell’anima, a specchio

della gran cima coronata di nuvole…

 

Il tuo sangue che sogna le pietre

è nella stanza

un favoloso silenzio.

(Antonia Pozzi “A Emilio Comici”)


Troppa pioggia, non ce la faccio a raggiungere il rifugio Comici. Emilio Comici, il padre dell’alpinismo italiano era bello e invincibile (come il regime fascista prescriveva), e i suoi tormenti poteva vederli solo un poeta come Antonia Pozzi che dedica allo scalatore versi di cime e nuvole che lasciano attoniti, come quando si arriva a un ghiaione dopo tanto verde. Stupore e vertigine.

Li immagino arrampicarsi ancora, la lana inzuppata delle maglie, gli scarponi fatti di nulla, le corde legate in vita. E scendo giù a valle. Nel naso odore di muschio e in testa solo l’idea di ritornare e di immaginare ancora. 


                                                                    (la gran cima coronata di nuvole)



martedì 6 luglio 2021

Raffaella Carrà


Spunta dalla radio
una canzone di quando
stavo diventando grande
(Santōka 1882-1940)

“È morta la Carrà!”, e alza lo sguardo dal telefonino. Dall’accento mi pare russa. La sento ripetere la notizia alla signora che le siede accanto, scandisce parola per parola nell’orecchio della vecchia ben pettinata e con l’abitino fresco in tinta con le scarpette che adesso sta sgranando gli occhi liquidini “la Carrà? Ma quanti anni mai aveva…” 
Risponde la vicina di sedia, allentandosi la maglietta di dosso, “Settantotto, era malata forse, non si sa…”. Questa volta l’accento è ispanico (quanto fa caldo nella sala d’aspetto del medico della mutua, fa sempre troppo caldo ) e continua a fissare il cellulare coi pendagli sulla cover.
“Povera!” fanno in coro la donna col numero dopo il mio e il bambino appeso al ginocchio, e l’uomo che sembrava sonnecchiare fino a quel momento, uno schiavo dei pasti a domicilio o forse un aiuto benzinaio, catapultato nella mia città chissà da dove, chissà da quando, giusto nel tempo di Raffaella. 
Eravamo tutti tristi ieri pomeriggio in quella sala d’aspetto di una palazzina qualsiasi a squagliarci nell’afa, e tutti un po’ parenti.

                                                               (la grande bellezza)