domenica 10 ottobre 2021


Il Colosseo
invoca nubi gelide
spiriti di Roma

(Sono Uchida 1924)

Uno haiku per guardare meglio quello che è successo a Roma ieri pomeriggio.

                                                                         (Green pass)

venerdì 8 ottobre 2021

La chiave di Shiki

Nel mio andarmene
nel tuo restare
due autunni
(Shiki 1867-1902)


La ragione evidente, la primissima, per cui ho scelto per il sommario di 7 del Corriere della Sera questo haiku di Shiki, è perché è bello e con un chiaro riferimento alla stagione. E perché, nel suo micro mistero narrativo, risulta immediato anche per chi non conosce molto degli haiku. Vuole essere una lucina sui giorni che viviamo. Oggi sono d’autunno, nel suo oro ecco le nostre vite.

Se scavo un po’, e mi confido, vi dirò che l’ho scelto perché è stato il primo haiku che ho letto. Il primo di una serie infinita che mi ha agganciato. Quel congegno nella struttura come uno schizzo sul taccuino, la sua sospensione emotiva. Che meraviglia! Chi saranno questi due amanti, mi chiedevo, cosa sarà mai successo? Un addio come un giorno d’autunno, pensavo leggendolo e rileggendolo, senza sapere che maneggiavo la chiave che mi avrebbe aperto un mondo.
È così, è da questo haiku che sono “entrata” nei tre versi. Ho iniziato a conoscere le regole che li sorreggono, individuando il ritmo nella trascrizione fonetica pur non sapendo una parola di giapponese, cercando i riferimenti alla stagione più nascosti, scoprendo l’equilibrio grafico del segno. Sono “entrata” anche nelle vite dei suoi autori, monaci zen, poeti raminghi così lontani dalla mia vita e dalla mia cultura eppure così vicini e amichevoli. 
E, con la chiave del mio primo haiku, le porte si aprivano una dopo l’altra. E ancora sorprese. Shiki, il samurai malato, non raccontava di un amore finito ma dello struggimento nel salutare qualcosa per sempre e, in quel “noi” mai pronunciato, racconta di sé continuando a toccarci. 
Questa pratica di lettura e rilettura, diventata costante nella mia vita, così lontana dallo zen ma in qualche modo strampalato apparentata, continua a insegnarmi sempre la stessa cosa: dietro ognuno di noi c’è sempre una storia, un dolore, un amore, una casa lasciata.







martedì 14 settembre 2021

Una libellula 
sul cappello.
Cammino
(Santōka 1882 -1940)

Haiku per le cose più belle che ci accadono, per gli attimi da cogliere, haiku per un regalo improvviso e inaspettato. Haiku sul tempo che hai in mano, no, sul cappello, quello da godersi tutto.
Se guardi bene in foto, la libellula in testa la vedi eccome!







martedì 27 luglio 2021

Il clima ideale


Sotto un albero gigante
io e il cane 
inzuppati 
(Santōka 1882-1940)


Amo le estati tutte uguali. E amo le estati raggiungibili, quelle semplici, le estati a Cervia, Riccione, Pinarella… Con le bici e la piadina, gli alberghi allineati come soprammobili di dubbio gusto sullo scaffale del lungomare, c’è quello a forma di casetta nel bosco, il salvadanaio, la torta… Le discoteche, lo struscio, il gelato, e la parlata morbida e gentile. Il sogno. No ansia, no stress, no aggressività. Un paesino nell'interno si chiama Premilcuore, ci si va? 
Povera Emilia Romagna bersagliata da pallettoni di grandine, povere estati di fuoco e ghiaccio.

                                                                           (Protezione)

lunedì 26 luglio 2021

Fuoco e fiamme

Quale freschezza -
quel suono di gocce
notturne nel pozzo

(Issa 1763-1828)

Fuoco in Sardegna, focolai di covid nel Paese e noi che cerchiamo refrigerio dentro una goccia.
Mentre divampano boschi e discussioni politiche e da bar sui vaccini, aspetto orgogliosa il mio green pass, certificato di responsabilità e senso civico anche nei confronti di chi scende in piazza contro di me.


                                                                  (Green pass)


mercoledì 14 luglio 2021

 

Si spalancano laghi di stupore

a sera nei tuoi occhi

fra lumi e suoni:

 

s’aprono lenti fiori di follia

sull’acqua dell’anima, a specchio

della gran cima coronata di nuvole…

 

Il tuo sangue che sogna le pietre

è nella stanza

un favoloso silenzio.

(Antonia Pozzi “A Emilio Comici”)


Troppa pioggia, non ce la faccio a raggiungere il rifugio Comici. Emilio Comici, il padre dell’alpinismo italiano era bello e invincibile (come il regime fascista prescriveva), e i suoi tormenti poteva vederli solo un poeta come Antonia Pozzi che dedica allo scalatore versi di cime e nuvole che lasciano attoniti, come quando si arriva a un ghiaione dopo tanto verde. Stupore e vertigine.

Li immagino arrampicarsi ancora, la lana inzuppata delle maglie, gli scarponi fatti di nulla, le corde legate in vita. E scendo giù a valle. Nel naso odore di muschio e in testa solo l’idea di ritornare e di immaginare ancora. 


                                                                    (la gran cima coronata di nuvole)



martedì 6 luglio 2021

Raffaella Carrà


Spunta dalla radio
una canzone di quando
stavo diventando grande
(Santōka 1882-1940)

“È morta la Carrà!”, e alza lo sguardo dal telefonino. Dall’accento mi pare russa. La sento ripetere la notizia alla signora che le siede accanto, scandisce parola per parola nell’orecchio della vecchia ben pettinata e con l’abitino fresco in tinta con le scarpette che adesso sta sgranando gli occhi liquidini “la Carrà? Ma quanti anni mai aveva…” 
Risponde la vicina di sedia, allentandosi la maglietta di dosso, “Settantotto, era malata forse, non si sa…”. Questa volta l’accento è ispanico (quanto fa caldo nella sala d’aspetto del medico della mutua, fa sempre troppo caldo ) e continua a fissare il cellulare coi pendagli sulla cover.
“Povera!” fanno in coro la donna col numero dopo il mio e il bambino appeso al ginocchio, e l’uomo che sembrava sonnecchiare fino a quel momento, uno schiavo dei pasti a domicilio o forse un aiuto benzinaio, catapultato nella mia città chissà da dove, chissà da quando, giusto nel tempo di Raffaella. 
Eravamo tutti tristi ieri pomeriggio in quella sala d’aspetto di una palazzina qualsiasi a squagliarci nell’afa, e tutti un po’ parenti.

                                                               (la grande bellezza)






venerdì 2 luglio 2021

Nel tempo di un quasi


Il vecchio stagno -
la rana salta
tonfo nell'acqua
(Bashō 1644-1694)


Adesso che tutto è quasi possibile ricorro allo haiku degli haiku, il più famoso, il più semplice e il più indecifrabile. Sto per tuffarmi. Sono rana e stagno, sono corpo e acqua, sono i cerchi che la increspano.
Adesso che tutto è quasi possibile mi osservo con occhi di rana cercando di capire.

                                                                              (pluf)                                


venerdì 25 giugno 2021

Una garanzia


Ah, sotto l'elmo
un grillo 
che stride
(Bashō 1644-1694)

Sono un garante, non sono un coglione. Sono un garante, non sono un coglione. Sono un garante, non sono un coglione. Sono un garante, non sono un coglione. Sono un garante, non sono un coglione. Sono un garante, non sono un coglione. 

                                                                              (cri cri)

martedì 22 giugno 2021

Per una pelle perfetta


Verdi cipolle in fiore - 
per un istante d’oro
il Buddha è là

(Kawabata Bōsha 1900 - 1941)


Ma che meraviglia questo haiku, micro contenitore del tutto. La natura e l’essere umano, colti nell’attimo, e la scoperta di un buddha possibile ovunque.
Faccio mia questa filosofia di vita da quando sono piccola, è un ottimo antirughe.

                                                                       (Ruotismo)

domenica 20 giugno 2021

“Viaggiatore” voglio essere chiamato



“Viaggiatore” voglio essere chiamato
ora che cade
il primo scroscio di stagione
(Bashō 1644-1694)

Sono di nuovo a Fiumicino. È passato quanto, dall’ultima volta, non mi ricordo. 
Il parcheggio deserto restituisce all'aeroporto il suo disegno flessuoso, una struttura che non avevo mai notato prima, all’interno poche persone; anche quel basso continuo di voci in sottofondo è sparito, quel rumore di gomma non si sente più.
I controlli li sbrigo in un attimo. Sono quella con il trolley blu che procede tra le vetrine spente e le serrande abbassate. Per la prima volta tocco il tempo che vivo. Per la prima volta capisco il virus, ci sono dentro, nell'universo scoppiato e altamente igienizzato che sto attraversando.
Dal fondo una musica, una canzone qualsiasi, Zucchero, “come il sole all'improvviso” dicevano le parole, e un signore che la suona al piano. Allora ringrazio il genio che si è inventato il
pianoforte nelle sale d'attesa, e continuo a vagare nel mio samsarā da canzonetta.

                                                                (Come il sole all’improvviso)



giovedì 17 giugno 2021

Non un segno


Il canto delle cicale
non da’ segno 
del loro vicino morire
(Bashō 1644-1694)


Non sono un inquirente, non investigo e non ho bisogno di capire la cosiddetta dinamica dei fatti, non mi interessa. E quindi vorrei serbare la sacralità della morte, e sottrarre alle visualizzazioni gli ultimi istanti di vita e consegnare quel non visto al buco nero che è l’animo di ognuno. Proteggere la morte, sì vorrei proteggerla.

                                                                               (OFF)