lunedì 27 gennaio 2020

Giornata della Memoria


(...)
Ecco la gran massa d'ombra
da cui fuoriuscirono ponderose ore
e svastiche rotanti, pesanti stivali
calpestatori e botte e uscirono corpi
ridotti senza più carne per meglio combustare
o ammassati tenebrare in fosse in sepolture
respiratorie. Ecco. Uscì da quella massa nera
una durezza spacciata
per superiore forza e pulizia mondiale.
(...)
(Mariangela Gualtieri da "Quando non morivo")


Viale Giulio Cesare a Roma. La sorpresa di qualche giorno fa, prima di andare al cinema. 

(Esseri umani)

mercoledì 22 gennaio 2020

Sono nessuno



Se, alla luce delle cose tu scolori
vera, eppure debolmente sottratta
alla nostra determinata e giusta
distanza, come la luna lasciata accesa
tutta la notte tra le foglie, possa
tu invisibilmente allietare questa casa;
o stella, doppiamente compassionevole, venuta
troppo presto per il crepuscolo, troppo tardi
per l’alba, possa la tua pallida fiamma
dirigere il peggio in noi
attraverso il caos
con la passione del
semplice giorno.
(Dereck Walcott da Mappa del Nuovo Mondo)


"Ho dell'inglese, del negro e dell'olandese in me / sono nessuno o sono una nazione". E’ in questa molteplicità di origini che si alimenta la poetica e l’originalità della lingua di Dereck Walcott, nato oggi novanta anni fa.

Quando era bambino la madre Alix declamava Shakespeare. Di suo padre, morto quando lui aveva appena un anno, sopravvisse la biblioteca ed è lì che scopre il Walt Whitman di Foglie d’erba. Ama lo stile di Milton, di Auden. E poi, più tardi, quelli di Dante, Joyce, Eliot. Nei cinque Gettoni che gli ho dedicato non mi sono mossa dalla sua isola-mondo, Santa Lucia, tralasciando volutamente altri luoghi molto importanti, e molto lontani dai Caraibi, a cui fa riferimento nel suo lavoro. Luoghi di viaggi come la Spagna, l’Inghilterra, gli Stati Uniti, l’Olanda, e l’Italia dei testi dedicati a Siracusa,a Urbino, a Venezia e a Recanati. Ho preferito seguire l’Omeros del suo poema, cercare di capire l’equilibrio tra familiarità ed estraneità, provando a declinare in modo universale il concetto di identità culturale.
Scegliere l’inglese per Walcott non era sudditanza, conoscere culture diverse non significava sbiadire la propria. “Sono nessuno” diceva. 
Un nessuno frutto di un impasto antico quanto la storia del mondo, fatto di identità multiple, capaci di bassezze come di gesti eroici. 

(resistenze poetiche)


martedì 21 gennaio 2020

Franco Loi


Dent la paròla vèrta mí me pèrdi,
deventi i ròbb del mund, l’aria che passa,
quèla parola che sta dedré de l’aria
e se fa ciara aj ögg che stan nel temp,
e se mí parli sù no chi l’è ‘l parlà,
l’è ‘l vent che parla cul mè d’un sentiment,
ché nient se fa del nient e nel pensà
la vûs che mí me ciama me vègn dent.

Dentro la parola aperta io mi perdo,
divento le cose del mondo, l’aria che passa,
quella parola che sta dietro l’aria
e si fa chiara agli occhi che stanno nel tempo,
e se io parlo non so chi è il parlare,
è il vento che si dice col mio sentimento,
poiché niente si fa dal niente e nel pensare
la voce che mi chiama mi viene dentro.
(Franco Loi da "Isman" Einaudi 2002)


Una casa luminosa e borghese nella Milano di periferia, sobria e piena di libri. Franco Loi mi aspettava per registrare alcune sue poesie. La luce attraversava le persiane, la luz, diceva il poeta, in quel suo impasto di lingua e dialetto e slang dell'hinterland milanese. Nato a Genova novanta anni fa come oggi, da ottanta vive a Milano, città che ha abbracciato attraverso le parole dei suoi versi, attraverso quel linguaggio ibrido di suo conio e con quel sorriso da monaco allegro. Ieratico ma non troppo, dialettale ma non esattamente, malinconico ma con quel raggio di felicità francescana che attraversa le sue parole aperte.

(sulle parole della poesia)

   



venerdì 17 gennaio 2020

Craxi


Quanta fatica si fece
a non avvicinare il sangue
al fango,
lo stesso che con il tempo
sarebbe entrato nelle vene
(Cesare Viviani da "Ora tocca all'imperfetto")


Sono alcuni giorni che Craxi è riapparso, e punta il dito, e guarda e rimprovera. Perché?
Perché bastano un vecchio regista dall'aria sapiente e un attore un po' Noschese seduti intorno a un tavolino da seduta spiritica. E ci si alza in piedi ad applaudire immemori, pronti a mischiare il sangue col fango.


(Milano da bere)





    

mercoledì 15 gennaio 2020

#climatechanging


Transitano primavere in pieno inverno.
Il cuore della terra si riscalda.
Saltano gli orsi da una lastra all'altra,
il mare è traditore.

Ubi consistam? Noi, intrappolati
nel pianeta impazzito, con potenti
radar e telescopi supplichiamo,
smarriti la voragine dei cieli.

E come marocchini o tunisini
sogniamo un'altra sponda. 
Ardentemente
vogliamo sopravvivere.
(Maria Luisa Spaziani in "Pallottoliere celeste")

Con un poeta imparo a capire il pianeta e chi lo abita, il cambiamento climatico e i drammi delle fughe. Giriamo in tondo, fuggiamo, sotto le inondazioni e sopra il fuoco, intrappolati sulla nostra ruota celeste. 
La poesia guarda avanti, incontra occhi di esseri umani come di criceti smarriti, e invoca per noi una sponda.


(caldo inverno)

giovedì 9 gennaio 2020

Dentro il dolore


Un improvviso ci porta nel dolore
che tutto ha preparato in noi, nell'attimo
strappato al suo ritmo, nel suono
dei tacchi, nel respiro
che si estingue: era un pomeriggio
d'agosto tra le ombre della tangenziale,
il nostro niente
da dire, filo di voce, scena muta.
(Milo De Angelis da "Tema dell'addio")

Il suo sogno era partire. Un nascondiglio dentro il carrello di un aereo che sta per volare via l'unica possibilità.


(In lacrime)

giovedì 2 gennaio 2020

Primi giorni dell'anno


Non si riposa il mare. E mi pretende
vigile a contemplare quanto resta
sul campo di battaglia. In prospettiva
si inazzurra il passato. E benedico
i miei e altrui peccati.
(Maria Luisa Spaziani da "Pallottoliere celeste")

Quel torpore dei primi giorni dell'anno quando abbiamo contato le miglia già fatte e scrutato l'orizzonte di fronte. Che sonnolenza, che voglia di rintanarsi nell'angolo caldo del divano preferito! Per bussola e onde c'è tempo, dentro la mia barchetta ci si può appisolare.

(orizzonte)




martedì 31 dicembre 2019

Augurio di Capodanno


Chiede il bombo: "Perché ronzo?
perché vado sempre a zonzo
come un gonzo, senza meta?
Perché peso come il piombo
sopra il fiore che si piega?"
(Toti Scialoja)

Notte di Capodanno, notte di auguri. E di pensieri, propositi e interrogativi.
Auguri di un anno leggero e consapevole, allora, imparando dal bombo di Scialoja che ronza dubbioso in questa filastrocca pirotecnica.
Buon 2020!


(Bombo di Capodanno)





venerdì 27 dicembre 2019

Tutto può accadere


Tutto può accadere. Sapete bene come Giove
di solito lascia che le nuvole si ammassino
prima di scagliare il fulmine? Ecco, un momento fa
ha scaraventato il carro e i cavalli del tuono
a ciel sereno. Così ha sconvolto la terra
fin nelle sue viscere ingorgate, la Stige e i fiumi
serpeggianti, addirittura l'Atlantico.
Tutto può accadere, le torri più alte
crollare, i potenti fallire, ignoti
emergere. La Fortuna col becco di rasoio
scende in picchiata mentre l'aria stride, a questo strappa
la corona, su quello la depone sanguinante.
La terra sprofonda. Il fardello dei cieli si solleva
su Atlante come il coperchio di una pentola.
La chiave di volta vacilla, nulla torna come prima.
Ceneri terrestri e spore di fuoco si innalzano vorticando.
(Seamus Heaney "Tutto può accadere)


Quando ho finito tutto - cucinare, sciacquare e asciugare - quando la tavola è apparecchiata, il cuscino sprimacciato e i libri che stavano per terra ritrovano il loro buco sullo scaffale, quando il mio piccolo cosmo è pronto, mi accuccio sul divano in attesa. Non accendo la tv, non leggo, non guardo il telefonino. Tiro su i piedi e me li scaldo nella piega del bracciolo godendomi il ritaglio di tempo prima dell'arrivo degli ospiti. In quei minuti risiedono la mia festa e la mia trepidazione.  


(lettera di Natale)



















mercoledì 25 dicembre 2019

Buon Natale 2019



Hanno detto che è stata una cometa
che impattando col duro della terra
ha portato l'acqua fra le pietre
del nostro pianeta.

Una cometa hanno detto.
Un ghiaccio volante di luce
come scagliato da altre stelle
fin qui. E dentro c’era
la legge della specie, la formula
del sangue e delle linfe
il timbro di ogni voce.

L’acqua è la perfetta chiave
che apre le forme scatenate.
L’acqua che ancora beviamo
è stata strascico di luce
viaggiante. Bastimento abbagliante
nel buio fra i mondi.
(Mariangela Gualtieri, da Bestie di gioia)


Buon Natale e un pezzetto di cometa per ognuno di noi! 

(luce dentro e fuori)





martedì 24 dicembre 2019

Sorpresa di Natale


Natale -
là c'è la stalla
con un cavallo dentro
(Saito Sanki 1900-1962)


Se pensavate che non esistessero haiku natalizi, ecco una sorpresa. L'atmosfera del Natale occidentale nel rigore enigmatico e tutto orientale di uno haiku.
Allora sotto il mio albero strano posso mettere un pacchetto con un'altra sorpresa dentro: l'assoluzione di Marco Cappato. Gli auguri sul biglietto vanno a lui, che scelta civile e dolorosa si è voluto assumere in nome di una società civile, e a tutti coloro che, come DJ Fabo, amavano e amano così tanto la vita. 


(Il mio albero di Natale)







lunedì 23 dicembre 2019

Il muschio di Natale



La pecorina di gesso,
sulla collina in cartone,
chiede umilmente permesso
ai Magi in adorazione.

Splende come acquamarina
il lago, freddo e un po' tetro,
chiuso fra la borraccina,
verde illusione di vetro.

Lungi nel tempo, e vicino,
nel sogno (pianto e mistero)
c'è accanto a Gesù Bambino,
un bue giallo, un ciuco nero.
(Guido Gozzano) 


Lo sapevate che con il termine borraccina si indica proprio quel muschio che cresce come un tappetino morbido, che si usa per il presepe o come strato umido per i centro tavola che decorano le tavole di Natale? 
Gozzano mi ha insegnato una cosa in più, ha dato il nome a quell'ecosistema minuscolo, fatto di poco e di tutto. E nella sua poesia, che sa di natali passati pieni di nostalgia, lo sento accanto, lungi nel tempo e comunque vicino. 
E allora il mio augurio: imparare sempre qualcosa di nuovo!

(Nel bosco di Arte Sella)




venerdì 20 dicembre 2019

L'inizio di una vita



Nata a Parigi travagliata nell’epopea della nostra generazione fallace. Giaciuta in America fra i ricchi campi dei possidenti e dello Stato statale. Vissuta in Italia paese barbaro. Scappata dall’Inghilterra paese di sofisticati. Speranzosa nell’Ovest ove niente per ora cresce.

Sono versi che traggo dalla raccolta di Amelia Rosselli intitolata Variazioni Belliche. Forniscono al lettore una specie di carta d’identità, ma la storia dell’autrice è difficile da contenere nelle caselle delle date. E’ una biografia fluida, con variazioni improvvise e lancinanti.Amelia era figlia di Carlo Rosselli, figura di antifascista tra le più significative del nostro novecento, e di Marion Catherine Cave, l’attivista inglese che Carlo conobbe e di cui si innamorò a Firenze.
Nacque il 28 marzo 1930 a Parigi, città dove la famiglia si era rifugiata. Nel novembre dell’anno precedente, nel 1929, Carlo Rosselli, con Emilio Lussu e altri fuoriusciti, aveva fondato «Giustizia e Libertà», movimento rivoluzionario libertario e democratico che riuniva coloro che volevano combattere il regime fascista in nome di una società libera e civile.
Il 9 giugno 1937 Carlo con il fratello Nello furono uccisi in un agguato; con un pretesto vennero fatti scendere dall'automobile e colpiti da raffiche di pistola: Carlo morì sul colpo e Nello venne finito con un'arma da taglio. I loro corpi furono ritrovati due giorni dopo. Da quel momento Amelia inizia una serie di trasferimenti. Prima sarà in Svizzera, poi per due anni in Inghilterra, il paese materno, e per sei anni negli Stati Uniti d’America, sempre con madre e fratello. E’ una bella ragazza dallo sguardo triste che ama la letteratura, la filosofia e la musica, che terminerà gli studi in Inghilterra poiché in Italia, dove era tornata nel giugno del 1946, non le vengono riconosciuti. Francese, italiano, inglese sono le sue tre lingue che confluiscono nella sua voce. Ascoltiamo i versi che citavo di Variazioni Belliche del 1959, e ascoltiamoli recitati da lei. Si tratta di materiale che traggo dall’archivio di Radio Rai. E’ il 1993, registrato qualche anno prima di morire suicida in una sera d’inverno, a Roma, l’11 febbraio 1996. La sua erre francese, il ritmo della lettura dalla cadenza inglese, vengono fusi nell’italiano dei versi.

(Clicca su GETTONE DI POESIA)