martedì 23 aprile 2019

Poche ore fa


La testa mi s'è accesa,
è una fiaccola
e brucia e nutre
questo fumo sacrificale.
Il rumore delle fiamme 
mi tiene sveglio.
(In "Ora serrata retinae" di Valerio Magrelli)


Mentre gli ordigni esplodevano e saltavano vite, trecentoventuno fino a questo momento, qualcuno dall'altra parte del globo, lontano dalla terra a forma di lacrima ma a noi vicino,  postava la sua foto con un mitra tra le mani.


(amen)

   

domenica 21 aprile 2019

Buona Pasqua


"Arcadia" diceva il cartello stradale.
Ma nessun pastore nei pressi.
Pecore sì, brade
e in divagante marcia
su verdi-brune colline levigate
dal rullante tornio dei secoli.
Miracoli in vista, zero. Per fortuna.
Già alta la luna nel cielo
- il cielo che la parola invoca
e che subito lascia
sola e vuota nell'indaco.
(In "Pasqua di neve" di Enrico Testa)

Il cartello stradale, la marcia, le colline di Testa riportano all'antico significato di Pasqua, dall'ebraico pesah, passaggio, etimologia ricordate anche da Stefano, ascoltatore di Radio3 e mio lettore, in un suo post nel gruppo.
Leggo le parole di questo poeta, tra l'altro linguista, unitele agli auguri che ricevete. È in quel per fortuna che scorgo il miracolo, tutto umano, dell'andare avanti e avanti nel viaggio. Per fortuna appare, in mezzo a questi versi, come fosse la sorpresina nell'uovo. Auguri!


(Pasqua casalinga)



venerdì 19 aprile 2019

Buona Pasqua


Nel primo impeto delle festività pasquali
le cerimonie durante la Settimana Santa
erano il culmine della nostra fase Figli e amanti.
Il fuoco di mezzanotte. Il candelabro pasquale.
Gomito a gomito, contenti di essere in ginocchio
uno accanto all'altra là davanti nelle prime file
della chiesa piena, seguivamo il testo
e le letture per la benedizione del fonte.
Come anela una cerva ai ruscelli, così l'anima mia.
Abluzioni. Asciugature. L'alito sull'acqua.
L'acqua mescolata al crisma e all'olio.
Tintinno di ampolla. Cerimonia dell'incenso
e il grido del salmista ripreso con orgoglio:
Di giorno e di notte mi è stato pane il mio pianto. 
(da La lanterna di biancospino di Seamus Heaney)

Esercizio spirituale: sto leggendo tutto Heaney. Non per lavoro, non per diletto, piuttosto per una forza magnetica che mi riporta dentro a quei versi e non c'entra con i miei poeti da raccontare alla radio, non c'entra con quello che sto facendo eppure viaggia con me. Le storie, i genitori, lui ragazzo, la stalla, la mora matura, il carbonaio sono personaggi del mio panorama, sono i miei "esercizi". 
Tintinno di ampolla. Pane il mio pianto. 
E resto lì, tra quei banchi, vicino a lui bambino, a sua madre. Ci sono anche i miei nonni, mio padre che aspetta fuori. A pranzo c'è l'uovo di cioccolato infiocchettato al mio posto, da rompere dopo mangiato. Non prima però, Susanna.


(cerimonia pasquale)


  

martedì 16 aprile 2019

Notre-Dame


Noi agitiamo quest’acqua. In essa le nostre mani si cercano,
Talvolta si sfiorano, forme spezzate.
Più in basso, è una corrente, è qualcosa d’invisibile,
Altri alberi, altre luci, altri sogni.

E guarda, sono anche altri colori.
La rifrazione trasfigura il rosso.
Era un giorno d’estate? No, è il temporale
Che “cambierà il cielo”, e fino a sera.

Noi immergevamo le mani nel linguaggio,
Vi afferrarono parole delle quali non sapemmo
Che fare, non essendo che i nostri desideri.

Noi invecchiammo. Quest’acqua, nostra trasparenza.
Altri sapranno cercare più nel profondo
Un nuovo cielo, una nuova terra.
("Le nostre mani si cercano" di Yves Bonnefoy)

Guardando incredula la televisione mi sentivo parte di un unico sospiro, di un unico singhiozzo, e capivo meglio il famoso, e violentato, concetto di identità. L'identità è nel panorama condiviso, nei ricordi che ci riguardano e in quelli raccontati, quel fine settimana a Parigi, ad esempio, anche se non sono francese, ha reso mia quella cattedrale. E allargando l'inquadratura, mentre crepitavano le fiamme, la sofferenza diventa comune, e umana, Noi immergevamo le mani nel linguaggio, anche se quelle pietre di marmo merlettate non le abbiamo mai viste, anche se quell'incendio lo osserviamo dall'altra parte del globo. Il dolore è identico. Ci sono momenti tragici in cui ci si percepisce umani e basta, forse è l'unica cosa sensata di tutto questo.


(Sotto lo stesso cielo)

venerdì 12 aprile 2019

Dino Campana



In un momento
Sono sfiorite le rose
I petali caduti
Perché io non potevo dimenticare le rose                                          
Le cercavamo insieme
Abbiamo trovato delle rose
Erano le sue rose erano le mie rose
Questo viaggio chiamavamo amore
Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose          
Che brillavano un momento al sole del mattino
Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi
Le rose che non erano le nostre rose
Le mie rose le sue rose
(Dino Campana)


Un'ascoltatrice mi ha scritto su FB che l'ultimo regalo che le fece suo padre prima di morire, l'ultimo viaggio, fu proprio una raccolta di Dino Campana. Il fumetto con quelle due righe di messaggio, come un petalo, continua come a dondolare lievemente sugli altri che via via si sono depositati sulla mia pagina. 
Le rose sfioriscono, i petali cadono ma non si dimenticano le rose che cerchiamo insieme anche se non sono le nostre rose.
Viva Dino Campana.

clicca QUI per ascoltare i GETTONI DI POESIA su DINO CAMPANA                           


(Il "faticoso verde")




mercoledì 10 aprile 2019

Buon compleanno Claudio Magris



Ho attraversata tutta la città.
Poi ho salita un’erta
popolosa in principio, in là deserta,
chiusa da un muricciolo:
un cantuccio in cui solo
siedo; e mi pare che dove esso termina
termini la città.

Trieste ha una scontrosa
grazia. Se piace,
è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore;
come un amore
con gelosia.
Da quest'erta ogni chiesa, ogni sua via
scopro, se mena all'ingombrata spiaggia,
o alla collina cui, sulla sassosa
cima una casa, l'ultima, s'aggrappa.
Intorno
circola ad ogni cosa
un'aria strana, un'aria tormentosa,
l'aria natia.
La mia città che in ogni parte è viva,
ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita
pensosa e schiva
("Trieste" di Umberto Saba)


La scontrosa grazia dei triestini, se sapeste come la conosco! Stamattina, al GR che lo festeggiava, Claudio Magris diceva le sue belle cose sempre precise, penetranti come il suo sguardo da vecchio lupo. E a fine intervista concludeva che per lui, la vita, consiste anche in un tuffo in mare.
Festeggio gli ottanta anni di Claudio Magris, esempio di vita pensosa e schiva. Ma non parlerò certo delle sue opere, delle volte in cui l'ho ascoltato in trasmissione o ai festival, dei suoi articoli o della sua illeggibile grafia. Preferisco proporvi la foto, mentale, di un momento, di quando l'abbiamo incontrato con Mauro quella volta a fine maggio. Eravamo a Barcola, il mare pop di Trieste, che ti permette un tuffetto in mezzo alla giornata di afa, magari tra una lezione e l'altra all'Università, tra la pineta e l'acqua. Barcola non costa troppa fatica e mi piace per questo. (Amo la comodità, le estati semplici, amo il mare a portata di mano, che ti arriva fin sotto casa e non devi scaruparti per chilometri sotto il sole alla ricerca, vana, di uno scampolo vergine senza esseri umani. A me piacciono gli esseri umani, ma sarebbe lunga, e i triestini barcolani sanno bene cosa voglio dire).
E così, ho ripensato a quel momento di qualche estate fa. E a quel bel signore elegante col suo costume speedo nero, che si leva dall'asciugamano per rispondere al saluto del suo vecchio allievo con cui scambierà due "ciàcole in triestìn". Mentre parlavano, non capivo nulla o quasi, pensavo solo questo: quindi Magris, proprio quel Claudio Magris, il germanista,  l'autore di Danubio e tutto il resto, si fa il bagno in mare e prende pure il sole.
Evviva!


(come Magris)






  

sabato 6 aprile 2019

Considerazioni di un sabato mattina


I soldi, mi credevo superiore
pensavo mi bastasse il batticuore.
Ma nella povertà
c'è questa verità,
che scopri quanto costa il buonumore.
(da "Le nuvole e i soldi" di Tiziano Scarpa)


Come italiani siamo così abituati a stare così come stiamo, convivendo garruli con la minaccia del debito pubblico, che non ci rendiamo più conto di nulla.
Alcuni studi economici sostengono che il debito pubblico è alto come se il Paese fosse appena uscito da una guerra. Ora che ci siamo, in recessione, neanche ci chiediamo cosa potrebbe accadere se mosse poco accorte di questo loquace governo o di uno futuro, facessero salire ulteriormente gli interessi.


(Le nuvole e i soldi)



venerdì 5 aprile 2019

Simone di Torre Maura


Cristo ogni tanto torna
se ne va, chi l'ascolta...
il cuore della città
è morto, la folla passa
e schiaccia - è buia massa
compatta, è cecità...
(Ne "Il terzo libro e altre cose" di Giorgio Caproni)

E c'è un ragazzo di quindici anni che affronta con mitezza un gruppo di uomini fatti. Non succede nel tempio ma a Torre Maura, e quelli là, i rasatoni dall'aria truce, non sono i dottori a cui esporre le sacre scritture. Simone offre le sue ragioni, senza slogan o giri di parole (clicca QUI per il video). "So' de Torre Maura e non so' d'accordo. Volete solo i voti". E parla senza alzare la voce, non abbassa lo sguardo. E quelli rimangono lì, disintegrati ai suoi piedi, sopraffatti dalla loro miseria. 

(Parabola urbana)

mercoledì 3 aprile 2019

Clima


Nei luoghi chiusi dei monti
mi hanno raggiunto
mi hanno chiamato
toccandomi ai piedi.

Sulle orme incerte delle fontane
ho seguito da vicino
e senza distrarmi
le tenebre tenere del polo
ho veduto da vicino
le spoglie luminose
gli ornamenti perfettissimi
dei paesi dell'Austria.

Hanno fatto l'aria tutta fresca
di ciliegi e di meli nudi
hanno lasciato soltanto
che un piccolo albero crescesse
sua soglia della sua tristezza
hanno lasciato fuggire in un riverbero
un tiepido coniglio di pelo.

Per le estreme vie della terra caduta
assistito da giorni tardi e scarsi
discendo nel sole di brividi
che spira da tramontana.
("Dietro il paesaggio" di Andrea Zanzotto)


Presentandosi davanti ai principali consessi internazionali, Greta Thunberg ha fatto del suo sdegno un gesto poetico. Indicandoci con la sua grazia caparbia il nostro pianeta malato di riscaldamento, è riuscita a trasportarci in quei luoghi che riescono a vedere solo i grandi poeti, in un paesaggio di ombre incerte delle fontane, di tenebre tenere del polo e tra le spoglie luminose.

(Nello stesso viaggio)

venerdì 29 marzo 2019

Famiglia pallosa


Sulle ginocchia della mamma
il bimbo batte le mani
mentre brucia l'incenso
(Issa 1763-1827)


E se quella mamma fosse lesbica, sola, oppure abbia abortito, se a quella mamma gli, e dico gli, piacesse il suo compagno, e allora?
Ma che palle! E la famiglia e la legittima difesa e la castrazione chimica, a ravanare solo tra le mutande - e cosa fai e chi ti piace - con un occhio al cancello, che non ci sia mai qualcuno che non conosco che poi entra, mi stupra la figlia e mi fa fuori l'argenteria. Bisogna tirare fuori palle & pallottole, dicono, far capire a tutti chi porta i pantaloni a casa nostra! Solo che è una casa sempre più grigia, con le porte serrate e pure in rovina.


(Sicurezza)

giovedì 28 marzo 2019

Pallicchio


Giorno di primavera
si perde lo sguardo
in un giardino largo tre piedi
(Shiki 1869-1902)



Non ho cani non ho gatti, per pigrizia e per timore. Scendere in strada, magari dopo aver infilato il piumino sopra il pigiama e le scarpe sulle pantofole, non fa per me. Aggirarmi a tutte le ore coi sacchetti legati alla tracolla della borsa nascondendo nella tasca quello riempito, caldo come un pezzo di pizza e, sicuro, dimenticarmelo lì, no. 
O soffrire come un cane se quella cosa delle sette vite del gatto è leggenda, spendere capitali in crocchette e bocconcini risparmiando su quella gonna fichissima, organizzare dove lasciarla, la bestiola, dal 5 al 10 agosto, pochi giorni, ma sono già tutti partiti. Sono troppo egoista, troppo poco animalista, poco gattara e poco canara.
E' così Pallicchio mi ha fregato. 
Ad agosto di due anni fa Coin vendeva lui e alcuni suoi simili rimasti, kokedama ignorati dalla maggioranza dei compratori, scontatissimi sopravvissuti all'euforia dei saldi. Niente male queste piantine nipponicamente alloggiate su una palla di muschio. Fino a quel momento non sapevo cosa fossero i kokedama: Santōka non ne aveva mai visti, mai apparso un kokedama dentro un haiku, mai, ma quel suo esotico pallicchiamento spiccava su tutto. E gli oggetti da design da grande magazzino, i vasi colorati che sembrano di vetro ma sono in metacrilato (quante cose si imparano facendo shopping), le tazzine col manico sul piattino, la serie di specchi pazzarelli, quello coi baffi, quello per lei col cappellino sulle ventitré, sbiadivano al confronto di Pallicchio. 
Mio!
Pallicchio mi aspettava immobile, in equilibrio sul suo piccolo mondo di fango e muschio, e appariva per quello che era: un'allegoria scontata, ma non scontata, di tutto il cosmo. Veniva venduto provvisto anche di un micro imbuto in omaggio.
Da allora lo innaffio ogni giorno, chiede solo questo Pally, due cucchiai di acqua che si  sgargarozza attraverso il foro in alto, da sigillare col bastoncino. "Il legnetto segna l'umidità all'interno del muschio. Basta osservarlo..." sussurrava la commessa assumendo un'aria sapienziale inedita fino a quel momento.
Tutti diventano un po' sapienti, un po' haijin stando insieme a Pallicchio. Pallicchio. Allegoria da scrivania di questo mondo vano su cui la vita resiste nonostante la poca cura che gli dedichiamo, Pallicchio piccolo come un haiku, leggero come il vento tra le fronde, tondo come l'infinito. Pensavo questo fino a stamattina quando per fotografarlo ho fatto fuori col gomito un oggetto di ceramica a cui ero molto affezionata. 
Inizia a rompere anche lui.


 Pian (e) ta





giovedì 21 marzo 2019

La poesia salverà il mondo


ll mondo sottomarino,
Foreste al fondo del mare, i rami, le foglie,
Ulivi, ampi licheni, strani fiori e sementi,
folte macchie, radure, prati rosa,
Variegati colori, pallido grigio verde,
porpora, bianco e oro, la luce vi scherza
fendendo le acque
Esseri muti nuotan laggiù tra le rocce,
il corallo, il glutine, l’erba, i giunchi,
e l’alimento dei nuotatori
Esseri torpidi brucan fluttuando laggiù,
o arrancano lenti sul fondo,
Il capodoglio affiora a emetter lo sbuffo
d’aria e vapore, o scherza con la
sua coda,
Lo squalo dall’occhio di piombo,
il tricheco, la testuggine, il peloso
leopardo marino, la razza,
E passioni, guerre, inseguimenti, tribù,
affondare lo sguardo in quei fondi
marini, respirando quell’aria così
densa che tanti respirano,
Il cambiamento, volgendo lo sguardo qui
o all’aria sottile respirata da esseri che
al pari di noi su questa sfera
camminano,
Il cambiamento più oltre, dal nostro
mondo passando a quello di esseri
che in altre sfere camminano.
("La poesia salverà il mondo" di Walt Whitman)


Walt Whitman, il poeta amato da David Hockney, dal pittore più quotato, novanta milioni di dollari un suo dipinto all'asta mesi fa. Se fossi ricca, ma tanto tanto ricca, me lo comprerei proprio un quadro di HockneyUno di quelli con la piscina, i riflessi sull'acqua turchese che saettano sul rosa delle figure. La luce definitiva, post atomica, il trampolino che disegna un'ombra sul bordo della vasca, le tessere delle mattonelle ocra una dopo l'altra. Il tuffo già fatto, il sesso consumato, il drink già bevuto, il vetro della finestra della villa fuxia è stato ben lucidato da qualcuno che ora non c'è più. 

Folte macchie, radure, prati rosa,
Variegati colori, pallido grigio verde,
porpora, bianco e oro, la luce vi scherza
fendendo le acque
Esseri muti nuotan laggiù tra le rocce 

Ma non posso permettermelo quindi, per stare bene, leggo poesie che è lo stesso e costa meno. Mi fanno entrare nel cuore delle cose, fanno il lavoro sporco per me sfrondando, sintetizzando, asciugando il pensiero e me lo mostrano bello, nitido, senza sbavature. A colori. Le poesie sono il quadro, il viaggio. Sono cinema e teatro. Sono il buco da cui entrare e guardare di là. Sono la mia anestesia al dolore del mondo.

(mondo poetico)


mercoledì 20 marzo 2019

Bed-in di John e Yoko


Registra il suono di amici che ridono insieme
Conservalo per un giorno di pioggia
("Suono V" di Yoko Ono) 

Le nozze d'oro di John e Yoko e cinquanta anni dal bed-in di John e Yoko, performance pacifista e poetica della storia d'amore che ha fatto la storia del rock. Cinquanta, caspita, cinquanta da quel sogno. Cinquanta, come i miei. E conservo per i giorni di pioggia le registrazioni di vecchie canzoni che continuano a ridere dentro di me.  

Nota
Che Yoko mi stesse simpatica, a dispetto della maggioranza che la vede come una strega spacca Beatles, e spacca palle, non ne ho mai fatto mistero anzi, la seguo da anni, in tutte le sue forme e stravaganze (mi piace anche come poetessa, pensa un po' 
< clicca QUI>) . 


(Stand by me)