martedì 16 aprile 2019

Notre-Dame


Noi agitiamo quest’acqua. In essa le nostre mani si cercano,
Talvolta si sfiorano, forme spezzate.
Più in basso, è una corrente, è qualcosa d’invisibile,
Altri alberi, altre luci, altri sogni.

E guarda, sono anche altri colori.
La rifrazione trasfigura il rosso.
Era un giorno d’estate? No, è il temporale
Che “cambierà il cielo”, e fino a sera.

Noi immergevamo le mani nel linguaggio,
Vi afferrarono parole delle quali non sapemmo
Che fare, non essendo che i nostri desideri.

Noi invecchiammo. Quest’acqua, nostra trasparenza.
Altri sapranno cercare più nel profondo
Un nuovo cielo, una nuova terra.
("Le nostre mani si cercano" di Yves Bonnefoy)

Guardando incredula la televisione mi sentivo parte di un unico sospiro, di un unico singhiozzo, e capivo meglio il famoso, e violentato, concetto di identità. L'identità è nel panorama condiviso, nei ricordi che ci riguardano e in quelli raccontati, quel fine settimana a Parigi, ad esempio, anche se non sono francese, ha reso mia quella cattedrale. E allargando l'inquadratura, mentre crepitavano le fiamme, la sofferenza diventa comune, e umana, Noi immergevamo le mani nel linguaggio, anche se quelle pietre di marmo merlettate non le abbiamo mai viste, anche se quell'incendio lo osserviamo dall'altra parte del globo. Il dolore è identico. Ci sono momenti tragici in cui ci si percepisce umani e basta, forse è l'unica cosa sensata di tutto questo.


(Sotto lo stesso cielo)

1 commento:

  1. Ecco le tue parole!
    Le piu' sensate lette e ascoltate in queste ore.
    Condivido, partecipo
    grazie di cuore per la bellissima poesia
    Annunziata

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