martedì 29 maggio 2018

Italia al crepuscolo


Piove. È mercoledì sono a Cesena,
ospite della mia sorella sposa,
sposa da sei, da sette mesi appena.

Batte la pioggia il grigio borgo, lava
la faccia della casa senza posa,
schiumava pié delle gronde come bava.
...
("A Cesena" di Marino Moretti)

Di Marino Moretti, poeta di Cesena, ricordiamo vagamente qualcosa. La cantilena delle sue rime malinconiche, una vita intera tutta dentro una noterella a piè pagina della vecchia antologia. Eppure fu proprio per lui, per la sua raccolta uscita nel 1910, "Poesie scritte col lapis", che fu coniato da Borgese quell'aggettivo, "crepuscolare", che definì un intero movimento letterario.
Leggendo di Rosalinde e vecchie zie, di viali fuori città e piccole piazze, sempre bigie anche col sole, asfittiche, con la testa torno laggiù, nella provincia che fu di Moretti, dove ho passato l'ultimo fine settimana. La bella cittadina che "funziona", la gente contenta che ha partecipato al nostro festival, le tagliatelle e la Biblioteca Malatestiana. La rocca e la gelateria del corso, tutte foto che ho fatto con gli occhi per il mio album mentale e privato. 
Ma penso anche all'Italia come un paese con la p minuscola. Mai poeta più consono a queste giornate di sfinimento di Moretti e mai aggettivo si addice meglio alle ore che la nostra Repubblica sta vivendo di crepuscolare.


(situazione politica)



mercoledì 23 maggio 2018

Philip Roth



Dream
When you're feelin' blue
Dream
That's the thing to do
Just watch the smoke rings rise in the air
You'll find your share of memories there
So dream
When the day is through
Dream
And they might come true
Things never are as bad as they seem
So dream, dream, dream
("Dream" canzone di Johnny Mercer)  


In epigrafe di Pastorale Americana, Philip Roth riporta il testo di Dream, una romantica canzonetta, come lui la definisce, degli anni Quaranta. Tutti i suoi libri sono pieni di citazioni di melodie zuccherose o jazz, che sanno di balli nella palestra del college e di grandi pomiciate, ed come se costituissero la colonna sonora del sogno americano, come se lo Svedese, Bucky di Nemesi, Coleman de La macchia umana o Nathan de La lezione di anatomia le canticchiassero con il lettore. 
Le note orecchiabili unite alla semplicità delle parole ci riportano a quel mito americano, glassato e spensierato, che Philip Roth infrange spudoratamente in ogni sua riga.
Leggere i suoi libri quando sapevo che c'era, che esisteva, che cenava e poi dormiva, che guardava dalla finestra o si infilava i calzini, lo vivevo come un privilegio.
Questo scrittore è stato, ed è, la mia colonna sonora letteraria, e oggi sono tanto triste.

(RIP)






martedì 22 maggio 2018

Càrcola



Straniero, se ti aggiri
dentro al Circo Massimo
guarda dove metti i piedi
e non calpestare l’erba;
ammesso che quei fili,
per sciatteria del Karma,
siano appena ciò che rinasce
dell’antica plebe,
che gremiva queste
gradinate sepolte.
Vento e controvento
fanno ondeggiare l’erba
come folle negli stadi,
immagina che il prato sia
un plastico che simuli
le fazioni contrapposte
della tifoseria romana.
("Circo Massimo" di Valentino Zeichen)


Se c'è una cosa di cui sono tifosa è la "magica" ma non quella calcistica, la "magggica" non mi interessa. E' Roma a sedurmi sempre, in ogni suo filo d'erba, in ogni sua crepa vedo la magia.
L'approssimazione, per esempio, oggi che protervia, sicumera e assolutismi imperano, può essere un balsamo.
Prendiamo due romani, uno chiede qualcosa all'altro, tipo quanto costa, quanto manca o quando ci vediamo. La risposta sarà sempre preceduta da un "Càrcolaaa..."  - l'intenzione è buona, giuro, vorrei essere preciso, vedi lo sforzo? mi ci metto pure, sto a carcolà - poi una breve pausa, sguardo per aria, e segue il resto della risposta, che so: un paio d'anni, dieci o trenta euro, 'na mesata, du' passi. 

(calcoli)


lunedì 21 maggio 2018

Dove stiamo


…plenum exiliis mare, infecti caedibus scopuli.
Tacito, Historie

Oggi penso ai due dei tanti morti affogati
a pochi metri da queste coste soleggiate
trovati sotto lo scafo, stretti, abbracciati.
Mi chiedo se sulle ossa crescerà il corallo
e cosa ne sarà del sangue dentro il sale,
allora studio – cerco tra i vecchi libri
di medicina legale di mio padre,
un manuale dove le vittime
sono fotografate insieme ai criminali
alla rinfusa: suicidi, assassini, organi genitali.
Niente paesaggi solo il cielo d’acciaio delle foto, raramente una sedia
un dorso coperto da lenzuolo, i piedi sopra una branda, nudi.
Leggo. Scopro che il termine esatto è livor mortis.
Il sangue si raccoglie in basso, si raggruma
prima rosso poi livido infine si fa polvere
e può sciogliersi nel sale.
(Antonella Anedda)


In prima serata tv una politica rappresentante della nuova destra italiana - la nebulosa cangiante dalle mille forme - dirigente priva di interrogativi ma piena di risposte e dai capelli pettinati alla moda, quelle ciocche leggermente boccolute in fondo e le labbra rosse e gli occhi sgranati e l'aria di quella che sa, che lei è una di noi e che conosce fatica e sacrifici perché viene dal basso, ed è anche una madre e una donna e come tale parla, sta dicendo che nel programma del nuovo governo gli asili nido andranno prima ai figli degli italiani.
La mia protesta è stata andarmene in un'altra stanza e in una poesia dove le ossa diventano corallo, ho trovato il mio rifugio. 


(nella stessa barca)

venerdì 11 maggio 2018

Cinque domandine facili facili


A CHI APPARTIENE IL MONDO?
(...) 
Mondo
che in molte guise
ma sempre in te stesso ti trasformi
m'hai fatto e mi disfai
e nella tua continuità mi annienti -
così solo mi esalti. Com'è sia.
(da "Sotto specie umana" di Mario Luzi)


Rientrare in albergo. L'aria condizionata quando inserisci la card e le luci che si accendono con il televisore, il letto rifatto a puntino, bello teso, fresco. La scrivania e i suoi confort, sempre gli stessi, la cartella rigida, il menù per pranzi in camera con i consigli dello chef, il blocchetto per appunti che non si prenderanno mai, una biro. Il porta telecomando. 
Uscire dalla doccia e bagnare tutto per terra, non importa - nessuno ti dirà nulla -  fare pozzanghere ovunque, tanto non importa, e si può pure lasciarla in disordine, la camera, che si rimetterà a posto da sola anche se al piano non si vede mai nessuno. 
Varcata la soglia, il "tunf" della porta nel corridoio di moquette, tutto si riordinerà; il lenzuolo distenderà ancora una volta le sue pieghe, il frigobar si riempirà dell'acqua minerale mancante. 
E io rientro nel mondo.

CHI VOGLIO ESSERE
Io cammino fumando
e dopo ogni boccata
attraverso il mio fumo
e sto dove non stavo
dove prima soffiavo

Chi voglio essere. Una proiezione di me, il mio exit poll?
Su come è possibile che gli anni passino così in fretta, a chi sorride mio nonno in quella foto, come può succedere che "quella" che mi porto dentro la senta sempre come una "me", che "io" sia sempre "lei", quel piccolo essere felice, felice veramente, che il giorno del suo decimo compleanno abbracciava la compagna di banco posava per una foto che avrei trovato secoli dopo e infilato nella tasca dei jeans per non perderla, no, queste domande non me le faccio..


DOVE MI PORTANO SPIRITUALITA’ E SCIENZA
Ventisette ossa,
trentacinque muscoli,
circa duemila cellule nervose
in ogni polpastrello delle nostre cinque dita.
È più che sufficiente
per scriver Mein Kampf
o Winnie the Pooh.
("La mano" di Wislawa Szymborska

Alla fine siamo fatti di ingredienti semplici. Ossigeno, carbonio, idrogeno, azoto, calcio, fosforo, sodio, magnesio, ferro, alluminio, tutta roba riciclabile.
Siamo questo. Siamo il mucchio ambulante di tutto questo. 
Ieri ho rivisto mio padre nell'orecchio di un passante, anzi più precisamente, nel pezzo dell'orecchio che usciva fuori da un cappello, una coppola per la precisione, calcato su una faccia. Che non era di mio padre, mannaggia. 
L'avrei fermato, signore lo sa che... ma non importa. Tanto lo rincontrerò, mio padre, una prossima volta, come mi è già successo al cinema. La mano poggiata sul bracciolo condiviso, bianca e ben proporzionata, stesso modo di distenderla, e il pollice, signore lo sa che lei ha...
Una volta, che attraversava la strada sulle strisce, stesse spalle sotto un impermeabile panna e quella stessa testa piegata un pochino di là, ho visto anche mia nonna.
E' un modo di pregare.

CHE COSA VOGLIO DALL’ARTE. LIBERTA’ O RIVOLUZIONE?
Cuscino di pietra / Accompagno/Nuvole
(Santōka 1882- 1940)

Libero e senza quiete, Santōka camminava per chilometri e chilometri su e giù per il Giappone consumando i suoi tabi, i leggeri sandali di paglia dei monaci. Viveva di elemosine e dormiva dove capitava, la sua rivoluzioneSan-to-ka che significa "alta cima fiammeggiante", a dispetto dl suo nome altisonante dormiva spesso per terra, sotto le stelle e con i grilli. Si ubriacava per riprendersi dalla fatica esistenziale, dai fallimenti, dalla stanchezza fisica, dalla solitudine. Osservatore delle piccole cose quotidiane come foglie, lucciole, un pugno di riso, una mosca, una pozzanghera, le annotava in forma di haiku sul suo diario. Era il re dei dettagli.
A volte rispettava il canone poetico dell’haiku, a volte no. Leggendo i suoi versi, capita di venire trafitti come a tradimento. E capita anche di riposarsi, ma poco, sfatti di sole e alcol, al margine di una strada qualsiasi. 

PERCHE’ MI SERVE UN NEMICO
Tempo verrà
in cui, con esultanza,
saluterai te stesso arrivato
alla tua porta, nel tuo proprio specchio,
e ognuno sorriderà al benvenuto dell'altro
e dirà: Siedi qui. Mangia.
Amerai di nuovo lo straniero che era il tuo Io.
Offri vino. Offri pane. Rendi il cuore
a se stesso, allo straniero che ti ha amato
per tutta la tua vita, che hai ignorato
per un altro e che ti sa a memoria.
Dallo scaffale tira giù le lettere d'amore,
le fotografie, le note disperate,
sbuccia via dallo specchio la tua immagine.
Siediti. È festa: la tua vita è in tavola.
(“Amore dopo amore” di Derek Walcott)

Noi vorremmo farci solo un bell'aperitivo primaverile, per questo siamo usciti. Due passi e magari una birretta, l'aria è fina, poi c'è il Tevere liscio liscio con sopra le anatre e a quest'ora è sempre tutto così dolce, così possibile. Ma quell'altoparlante sul gazebo, quei rayban neri nonostante il tramonto, quei bicipitoni istoriati ci avvisano che è meglio rimandare a un altro giorno. OkTorniamo a casa, ti va? Mi è un po' passata la voglia Mi stringo al tuo braccio. 
Ci supera un ragazzo africano, la sua mercanzia low cost che dondola sul piccolo espositore sotto il braccio (appiccichinivolanti, accendini che si scaricano subito, braccialetti). Procede in direzione di quel gazebo. Amico, lo sai dove stai andando? L'hai capito, amico? Si sta aggiustando il borsone sulle spalle, è alto e magro, i pantaloni larghi sul corpo scattante, e avanza sicuro verso quei coetanei lì, verso quel gazebo. Li attraversa. Letteralmente, li attraversa. Leggero, felpato, silenzioso. 
Vincerai tu, amico. Ci vuole tempo, ma sei il più forte di tutti. Sei potente.



giovedì 10 maggio 2018

Salone del Libro 2018


Tra il mio pollice e l’indice
sta la comoda penna, salda come una rivoltella.
Sotto la finestra, un suono chiaro e graffiante
all’affondare della vanga nel terreno ghiaioso:
è mio padre che scava. Guardo dabbasso
finché la sua schiena piegata tra le aiuole
non si china e si rialza come vent’anni fa
ritmicamente tra i solchi di patate
dove andava scavando.

Con lo stivale tozzo accoccolato sulla staffa, il manico
contro l’interno del ginocchio sollevato con fermezza,
sradicava alte cime e affondava la lama splendente
per dissotterrare le patate novelle che noi raccoglievamo
amandone tra le mani la fresca durezza.
Il mio vecchio potrebbe impugnare una vanga presso Dio,
proprio come il suo vecchio.

Mio nonno estraeva più torba in un giorno
di qualsiasi altro uomo su, alla palude Toner.
Una volta gli portai del latte in una bottiglia
turata alla meglio con un pezzo di carta. Si raddrizzò
e lo bevve, poi subito riprese a lavorare
intaccando e dividendo, mentre con piote
sulle spalle andava sempre più a fondo
in cerca di buona torba. Scavando.

L’odore freddo dei solchi di patate, il tonfo
e lo schiaffo dell’umida torba, i tagli netti di una lama
tra le radici vive si destano nella mia memoria.
Ma non ho una vanga per succedere a uomini come loro.
Tra il mio pollice e l’indice
sta comoda la penna. Scaverò con quella.
("Scavando" di Seamus Heaney)

Sono già dentro il Lingotto, l'ex fabbrica Fiat, dove ancora le antiche fatiche se ci pensi un attimo riesci a immaginarle, ecco la linea, senti il clangore, la pista per le automobili da provare, basta alzare lo sguardo e vedi le sue eleganti volute di architettura industrial vanvitelliana, gli uffici, le entrate, le uscite, i dialetti mischiati e urlati come per lo sciopero, stasera si va a ballare che mi piaci, qualcuno mi sostituisce che mi fa male, mi manca la sicilia, la calabria, mi manca casa, oggi è il suo compleanno e sono qui.

Post-it dal Salone:
- A Fahrenheit oggi pomeriggio Dario Voltolini leggerà qualcosa da Pacific Palisades, che bello. 
- La poesia di Seamus Heaney c'entra con "Lealtà" di Letizia Pezzali che ha scritto un libro di quelli che mi piacciono, di quelli con una "cosa" dentro e non dettati dal mercato delle passeggiate in montagna, di paesi incantati ma distopici, un po' romanzi storici, un po' fantasy e un po' pruriginosi e un po' da premio.
- Andare a caccia dell'ultimo libro di Philippe Forest, pubblicato da una piccola casa editrice.
- Collegare i nomi sulle mail alle facce di tutti gli uffici stampa che mi hanno contattato in questi giorni. 

(Dietro le quinte)


mercoledì 9 maggio 2018

Aldo Moro


Acciambellato in quella sconcia stiva,
crivellato da quei colpi,
è lui, il capo di cinque governi,
punto fisso o stratega di almeno dieci altri,
la mente fina, il maestro
sottile
di metodica pazienza, esempio
vero di essa
anche spiritualmente: lui -
come negarlo? – quell’abbiosciato
sacco di già oscura carne
fuori da ogni possibile rispondenza
col suo passato
e con i suoi disegni, fuori atrocemente -
o ben dentro l’occhio
di una qualche silenziosa lungimiranza – quale?
non lascia tempo di avvistarla
la superinseguita gibigianna.
(Mario Luzi)

Lo sguardo di Mario Luzi sulla sconcia stiva dove è stato rinchiuso Aldo Moro.
Nel mondo polverizzato della memoria collettiva, dopato dalle serie e dai social, oggi in molti sfoderano un libro su Moro, in molti hanno una ricostruzione, un diario, un romanzo, un reading da proporre al pubblico. E così che giornalisti di tutti i giornali e i Castellitto e i Gifuni e i Massini, inseguono la loro gibigianna.


(Roma 9 maggio 2018)