lunedì 7 gennaio 2019

Vecchi amici


Io cammino fumando
e dopo ogni boccata
attraverso il mio fumo
e sto dove non stavo
dove prima soffiavo


È successo di nuovo, ho incontrato il figlio di un vecchio amico. Era identico a lui alla sua età, identico. Stessa fronte, stessi capelli, la voce addirittura sembrava quella e l'andatura, dinoccolata e quasi sicura, anche l'andatura era la stessa del mio amico. Li guardavo insieme, l'adulto e il ragazzo, no, meglio, li scannerizzavo. E dentro quel tipico sorriso che si riserva agli amici dei genitori, nella fretta gentile, non trovavo altro che la conferma di quello che dice il poeta.


(25)

domenica 6 gennaio 2019

Epifania


è da anni che provo a stornare,
senza riuscirvi,
la rima tra male e Natale.
E' anche blasfema, lo so,
però è impietosa e forte
e per questo uguale alla storia
quando si finge sorda
all'altrui (e comune) gloria.
(da "Cairn" di Enrico Testa)

Pregare i gesubambini senza re magi, quelli che non omaggia nessuno, che non resuscitano - non ci riescono mica - e che pure replicano la loro inutile nascita, il loro inutile sacrificio ogni giorno. I presepi a cui penso non hanno bisogno di muschio e sughero, basta un posto di blocco, la stiva di uno scafo, una spiaggia qualsiasi, il lato della strada, un cavalcavia, la rima tra male e Natale.


(stella cometa)
    

giovedì 3 gennaio 2019

Disobbedienza civile


Io penso a te se la brace del sole
mi sfavilla dal mare;
penso a te se in sorgive riverbera
il chiarore lunare.

Vedo te se lontano sulla strada
la polvere si leva;
e a notte fonda, se sul ponticello
il viandante trema.

Odo te se laggiù con rumorìo
sordo sale il frangente.
Spesso nel quieto bosco vado e spio,
quando tutto è silenzioso.

Io son con te; benché tu sia così
lontana, sei con me.
Cade il sole, or mi brillano le stelle.

Ah, se tu fossi qui!
(In "Tutte le poesie" di Giorgio Orelli)


Open Arms, a braccia aperte. E se si aprono le braccia in avanti, come per un abbraccio, la forma di un porto. Porto, dal latino portus, stessa radice di porta "passaggio, ingresso". 

Io penso a te se la brace del sole
mi sfavilla dal mare

Eccoci qui, uno di fronte all'altro, passa pure attraverso il mio abbraccio.


(abbraccio)



mercoledì 2 gennaio 2019

Mattarella social e la felicizia


puoi cominciare anche
senza un inizio
o, al modo degli indiani,
camminare cancellando
ad ogni passo il principio;
e finire senza chiudere,
interrompendo disarmato, la parola,
quasi non fossi più tu a dirla.
(in "Pasqua di neve" di Enrico Testa)

Tra social e picco d'ascolti televisivo è stato un vero trionfo e, da che lo volevano scaricare, Mattarella è diventato il più scaricato. 
Non lo sapevo ancora quando, spenta la tv, mi asciugavo una lacrimuccia, ne avrei riso con gli amici che sarebbero arrivati per festeggiare Capodanno, "a questo, sono arrivata, a questo mi hanno ridotto, a commuovermi davanti al discorso del Presidente". Mi sarei schermita, i piatti più belli, la tovaglia rossa e il forno acceso, forse perché usava parole semplici e alte, augurali, chissà, forse la causa è l'isterismo per le feste, dicevo, ridendo di me. Di felicizia parlava il presidente malinconico, di felicizia, e dalle sue parole condivisione e accoglienza apparivano come a portata di mano, concetti tangibili, come un abbraccio fra esseri umani. E pensavo alla mia fortuna di non conoscere la stretta con cui la solitudine stritola tanti, che fortuna che ho io, le candele sulla tavola accese, che fortuna. E i doni arrivati al Quirinale, in bella mostra alle spalle del Presidente, il dipinto giallo e nero, incorniciato, i cui colori violenti ancora urlavano il disagio e la forza di un ragazzo autistico nell'affrontare tutti noi che eravamo a casa, davanti alla tv o al computer o quasi a tavola, in attesa che il citofono suonasse e che il primo invitato salisse, dove poggio il cappotto, in studio va bene, e la bottiglia, grazie, qui, in frigo.


(2019)




         

lunedì 31 dicembre 2018

Auguri di Capodanno


Notte di neve
c'è della gente
che passa in silenzio
(Issa 1763-1827)

Riuscire a immaginare il rumore dei passi che scricchiolano sulla neve fresca. Questo il mio augurio, ispirato da Issa Kobayashi, l'haijn delle piccole felicità nonostante tutto il freddo che sentiva dentro, nonostante tutto quello che accade fuori. 
Buon 2019 (e buon ascolto)!











giovedì 27 dicembre 2018

Ozio festivo


Dal buio
salta nel buio -
l'amore dei gatti
(Issa 1763-1827)

Amo i cani e i gatti perché fanno cose che non so fare. Ad esempio sbadigliare con la lingua a ricciolo.


(l'amore dei cani)

lunedì 24 dicembre 2018

Regali di Natale


a G.
Per Natale ti faccio i seguenti regali due punti
caramelle svizzere per quando hai la tosse forte da far paura
che non mangerai mai
filtri per quando fumi che butterai dalla finestra
un bicchiere piccolo per bere di meno figuriamoci
dei gettoni per telefonarmi una sera da un bar
una bugia di terracotta per quando avremo buio
una piccola spada perché sei il mio amore pericoloso
e poi anche un pezzetto di me quale vuoi?
("Regali di Natale" di Vivian Lamarque)

Ecco il nostro tavolo, l'ultimo libero sotto il fungo incandescente. Nonostante il freddo gli avventori non mancano, uno spritz con le patatine, in piazza, a dicembre, è come esprimere un desiderio. 
Sedute ci sono tre ragazze, il cagnone nero di una di loro sfiora col muso gli stivali della padrona e ogni tanto muove la coda come a voler spazzolare un po' il mondo, come a togliergli un pelucchio. Una zingarella si aggira tra i tavoli, chiede qualcosa da mangiare così, come a caso, a chi le capita a tiro, con la solita aria tra il supplice e lo strafottente. La ragazza, quella del cane, sento che le dice "scegli quello che vuoi". E si alza dalla sedia - il cane intanto ha sollevato un orecchio - il tagliere in una mano, e nell'altra la sigaretta, glielo offre. Poi attende che lei si scelga qualcosa, senza fretta, quello che più le piace. Immaginate la scena: non le ha dato del cibo, ha fatto di meglio, glielo ha offerto, e con un gesto franco, orizzontale, da me a te, come disegnando nell'aria una linea dritta. La mendicante prende qualcosa e sparisce, il cane sbadiglia, la ragazza si sceglie un panino fra quelli rimasti, alza il bicchiere verso le amiche e sorride. Fine della mia carola di Natale.
Morale? A me piace la bontà, vorrei tornasse di moda. 


(Albero di Natale)

sabato 22 dicembre 2018

Lucette natalizie


Dentro la fiamma
si sposta un'altra fiamma
- siamo in dicembre
(Momoko Kuroda 1938)



Stella bellissima, poggiata alla finestra così la vedo da giù quando rientro, ghirlanda di led in stile Bollywood e voi, lucine appese in giro per casa ovunque, attaccate con lo scotch sullo scaffale e che vi accendete e spegnete, e gli occhi fanno una strana ginnastica, micro-trasformatori made in china, minuscoli coreografi di allegri movimenti luminosi sulle pareti quando scatta il timer, tutti voi che allietate queste giornate di feste e malinconie casalinghe, vi amo.



(ON/off)

venerdì 21 dicembre 2018

Andrea Pinketts



Dent la paròla vèrta mí me pèrdi,
deventi i ròbb del mund, l’aria che passa,
quèla parola che sta dedré de l’aria
e se fa ciara aj ögg che stan nel temp,
e se mí parli sù no chi l’è ‘l parlà,
l’è ‘l vent che parla cul mè d’un sentiment,
ché nient se fa del nient e nel pensà
la vûs che mí me ciama me vègn dent.

Dentro la parola aperta io mi perdo,
divento le cose del mondo, l’aria che passa,
quella parola che sta dietro l’aria
e si fa chiara agli occhi che stanno nel tempo,
e se io parlo non so chi è il parlare,
è il vento che si dice col mio sentimento,
poiché niente si fa dal niente e nel pensare
la voce che mi chiama mi viene dentro. 
(da "Isman" di Franco Loi)



Andrea Pinketts lo conoscevo al massimo per qualche ospitata televisiva, lo immaginavo in quell'arcobaleno, ogni giorno più sfumato, che è il racconto degli anni ottanta. Sembrava il personaggio di una Milano un po' rotta e un po' glam, quella con la voce roca di alcol e vizio, quella delle televisioni, Francesco Salvi a canalecinque e Tommaso Labranca. Giacche sgargianti, cravattino e sguardo triste. 


(dedré de l’aria




giovedì 20 dicembre 2018

Presepi e manovra


Tra l'ombra degli alberi
si sposta la mia ombra
luna d'inverno
(Shiki 1867-1902)


Nelle vetrine dei negozi, nelle piazze, sulle librerie casalinghe, sulle foto postate, guardo i presepi. In pasticceria capanne di zucchero e cioccolato, i dettagli filologici, preziosi, di quelli in terracotta, gli zampognari e l'omino con la fisarmonica che sembrano veri musicisti. Un mucchietto di pecore, al discount, te lo porti via con novantanove centesimi, gesubambini saldati alle mangiatoie, le braccine aperte, madonne dalla testa reclinata e sangiuseppe dall'aria perplessa. Mucchette e asinelli, accovacciati, ovunque, espirano un calore da immaginare, come imparato alle elementari. Laghetti di stagnola e piccole luci che si accendono e si spengono, zolle di muschio per nascondere la vecchia sedia, pezzi di cartone sotto bordure di angeli e porporina.
Forse è per tutto questo guardarmi in giro che Tria, Moavero Milanesi e Conte mi paiono tre re magi con il sorriso dipinto che offrono doni farlocchi

(Presepe vivente)

mercoledì 19 dicembre 2018

Gesti di poco conto


Restando fedele
a ciò che mi è caro e che è la cosa più importante,
impedendo in tal maniera che si cancelli con gli anni,
sentirò poi forse
del tutto inatteso
il brivido della durata
e ogni volta per gesti di poco conto
nel chiudere con cautela la porta,
nello sbucciare con cura una mela,
nel varcare con attenzione la soglia,
nel chinarmi a raccogliere un filo.
(Da "Canto alla durata" di Peter Handke, trd. Hans Kitzmüller)

La foto di un ministro, un Ministro degli Interni, con un malavitoso allo stadio. Sono ritratti insieme, la stretta di mano tra i due, virile, e i sorrisi, la tenuta da tempo libero, il piumino, i pantaloni sportivi, la sciarpa della squadra del cuore... In tasca, presumo di entrambi, uno smartphone per twittare.
Nessuna smentita, nessuna distanza, nessuna scusa per quella stretta di mano, per quella incredibile affabilità. Solo una foto.
gesti di poco conto 
La sfrontatezza di considerarli proprio questo, "gesti di poco conto", e di sentirsi sempre nel giusto, rappresenta quello che sta accadendo e che va dal mio vicino, che abbandona il frigo rotto sotto casa, fino a quei due allo stadio.Si potrebbe definire"sovranismo individuale". 


(sovranismi)



martedì 18 dicembre 2018

Keith Richards



L’erosione
cancellerà le Alpi, prima scavando valli,
poi ripidi burroni, vuoti insanabili
che preludono al crollo. Lo scricchiolio
sarà il segnale di fuga: questo il verdetto.
Rimarranno le pozze, i montaruzzi casuali,
le pause di riposo, i sassi rotolanti,
le caverne e le piane paludose.
Nel mondo Nuovo rimarranno, cadute
principali e alberi sintattici, sperse
certezze e affermazioni,
le parentesi, gli incisi e le interiezioni:
le palafitte del domani.
(da Concessione all’inverno di Fabio Pusterla


Oggi Keith Richard dei Rolling Stones compie settantacinque anni.
Festeggio le sue gambe secche dentro i pantacollant di pelle, il cinturone borchiato sulle anche e la bandana tra i capelli a cespuglio, bianchi e lunghi, anche la calvizie viene risparmiata ai rockers. Festeggio il rimmel che cola ai lati dei suoi occhi da uccello. Le rughe come falesie, cretti, ripidi burroni, le dita nodose sulla chitarra mentre la lingua di Mick ancora sbatacchia verso i fan in delirio.

Rimarranno i sassi rotolanti

Due settantacinquenni che non conoscono panchine e giardinetti, ma solo palco e cure detox, vincono il Tempo battendolo a ritmo.

(Start me up)



lunedì 17 dicembre 2018

Resistenze



A volte, sull’orlo della notte, si rimane sospesi
E non si muore. Si rimane dentro un solo respiro,
a lungo, nel giorno mai compiuto,
si vede la porta spalancata da un grido. La mano feriva
con una precisione vicina alla dolcezza. Così
si trascorre ignoti dal primo sangue
fino a qui, fino agli attimi che tornano a capire
e cercano il significato dei corpi e restano
imperfetti e interrogati.
(Da "Finale d'assedio" di Milo De Angelis)

Ora lo cerco, lo chiamo al telefono e sento come sta. E mi ricordo che mio padre non c'è più, nulla è rimasto, la sua voce, le sue giacche, il vecchio cellulare non esistono. Resiste un impulso nella scatola nera del mio cervello, negli anni più flebile è vero, ma resiste. Sono piccole fitte, le sinapsi che si elettrizzano nel ricordo di un'abitudine. E' l'esigenza ottusa di sentirci come facevamo. 


(vite)