venerdì 16 aprile 2021

Più vax più pax


I cachi che adoro
non posso più mangiarli
così malato

(Shiki 1867-1902)

Vessati da dati, varianti e complicanze, guardiamo i cachi fuori la finestra.
Anestetizzati, ascoltiamo sciorinare cifre di morti e quasi morti tra un’intervista a un ristoratore poco ristorato, il parere del virologo e un’orfana degli apericena, avremmo pure diritto a un aperitivo...
Morbida la buccia dei cachi, sugosa la polpa, splendido l’oro di questo frutto adorato da Shiki, il poeta che vedeva tutto semplice, evidente. Capace di ritagliare il senso di questo mondo in tre versi. Spengo tutto e ascolto lui.

                                                                     (In ascolto del silenzio)
                                                                          

giovedì 15 aprile 2021

Giulio e Patrick


Scrivo sulla sabbia 
“Figlio senza pari”,
mio figlio scrive solo, più grande, mare
(Ogiwara Seinsensui 1884 - 1976)

Sentirsi padri e madri di Giulio Regeni e Patrick Zaki. Volerli abbracciare, accarezzare. Cullare. Figli senza pari che guardano lontano, oltre il nostro orizzonte.

                                                                                  (Casa)












domenica 11 aprile 2021

Spensieri di primavera

Notte di primavera.
Ho passeggiato
nel giardino di Sōsa
(Yosa Buson 1716-1783)

Lo chiamerei "spensiero" quel tipo di pensiero capace di regalarci solo un po' di spensieratezza. 
Spazza i labirinti di cui il nostro cervello è provvisto insinuandosi in quei cunicoli come uno scovolino e si porta via, almeno per un attimo, il grigio che trova. 
Lo cerco prima di addormentarmi o quando sono nel traffico. Ne ho tanti di spensieri, come in una playlist.
Era una notte di primavera? Mi trovavo nel giardino di Sōsa? No, ma non importa. Gli spensieri sono svestiti dalla realtà che vivo
Una doccia in Grecia con una bottiglia d'acqua, un abbraccio caldo e forte di una decina di anni fa, una strada dei Parioli nel pomeriggio, non sono ricordi, sono spensieri. E li vado cercando nello scorrere di queste giornate coatte, strette dalla pandemia.   

                                                                               (spensieri)
                        

venerdì 9 aprile 2021

Tre geni in una stanza, come oggi

Fa’ la brava, o mia Pena, e sta’ più tranquilla.

Tu invocavi la Sera; essa scende; eccola:

Un’atmosfera oscura avvolge la città,

Agli uni portando pace, agli altri affanno.

 

Mentre dei mortali la moltitudine vile,

Sotto la sferza del Piacere, questo boia senza pietà,

Va a cogliere rimorsi nella festa servile,

Mia Pena, dammi la mano; vieni qui,

 

Lontano da loro. Guarda affacciarsi i defunti Anni,

Dai balconi del cielo, in vesti antiquate;

Sorgere dal fondo delle acque il Rimpianto sorridente;

 

Il Sole moribondo addormentarsi sotto un’arcata,

E, come un lungo sudario trascinato verso Oriente,

Ascolta, mia cara, ascolta la dolce Notte che cammina.

(“Raccoglimento” di Charles Baudelaire, trd. Valerio Magrelli)


Duecento anni fa come oggi, nasceva Charles Baudelaire. L'ultima fotografia risale al 1862, gli fu scattata da Nadar. Il negativo è andato distrutto ma la stampa è conservata al Museo d’Orsay. Rappresenta un ritratto enigmatico, il poeta è in poltrona, ha lo sguardo perso. Fuori inquadratura c’era Manet, il grande pittore, intento nel dipingere l’autore dei Fiori del Male. Nadar, ritrattista della bohême parigina, fotografa Baudelaire e Manet lavora di matita. Tre geni in una stanza, nell’eternità dell’arte. 


Per ascoltare i miei Gettoni di Poesia su Charles Baudelaire clicca QUI.


giovedì 25 marzo 2021

I giorni di Dante

Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita. 
3

Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura! 
6

Tant’è amara che poco è più morte;
ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai,
dirò de l’altre cose ch’i’ v’ ho scorte. 

Per me Dante è un po’ di casa, il parente scontroso, e spesso oscuro, che mi osservava dagli scaffali dello studio di mio padre. Il fumo delle sigarette rendeva la stanza un “altrove” casalingo, la concentrazione nell’analisi dei versi simile a una meditazione quotidiana, interrotta solo dal giro del cucchiaino nel caffè. Questo è Dante per me, giunta nel mezzo, e questo lavoro radiofonico (QUI▶️) l’ho dedicato a me (lo ammetto) e all’atmosfera in cui ho vissuto per tanti anni. E ora lo rispolvero per voi, con il mio abbraccio, in questo giorno di festa che cade nel calendario di una dannata pandemia che riporta a incertezze antiche.

                                                             (Inferno, paradiso o purgatorio?)