giovedì 18 ottobre 2018

Gli appost


Addosso al viso mi cadono le notti
e anche i giorni mi cadono sul viso.
Io li vedo come si accavallano
formando geografie disordinate:
il loro peso non è sempre uguale,
a volte cadono dall’alto e fanno buche,
altre volte si appoggiano soltanto
lasciando un ricordo un po’ in penombra.
Geometra perito io li misuro
li conto e li divido
in anni e stagioni, in mesi e settimane.
Ma veramente aspetto
in segretezza di distrarmi
nella confusione perdere i calcoli,
uscire di prigione
ricevere la grazia di una nuova faccia.
 (Da “Il cielo”, in Patrizia Cavalli)

Una poesia come un selfie, con Cavalli succede anche questo.
Mi capita spesso di leggere sul social più famoso del mondo gli "appost". E' finito il tempo dei post, i brevi editoriali dal tono sentenzioso, a volte spiritoso, ormai sono superati. Gli appost sono veri e propri resoconti di vita vissuta apposta, appost, per poterne scrivere su Facebook. Litigi sull'autobus fatti appost in previsione di qualche like di complice sdegno, piccoli sondaggi per dubbi nati appost, piatti cucinati per l'appost con la foto da pubblicare all'ora di cena. E gli immancabili gattini, stuzzicati appost solo per poterne raccontare.

Ma veramente aspetto
in segretezza di distrarmi
nella confusione perdere i calcoli,
uscire di prigione

Siamo diventati questo, è successo, non l'abbiamo fatto appost. 

(in vetrina)



martedì 16 ottobre 2018

Riti quotidiani


E' ridicolo credere
che gli uomini di domani
possano essere uomini,
ridicolo pensare
che la scimmia sperasse
di camminare un giorno
su due zampe

è ridicolo
ipotecare il tempo
e lo è altrettanto
immaginare un tempo
suddiviso in più tempi

e più che mai
supporre che qualcosa
esista
fuori dell'esistibile
il solo che si guarda
dall'esistere
("È ridicolo credere" di Eugenio Montale)


Quando sulla lavastoviglie premo invio è come se quel pulsante fosse collegato al cosmo. Ascolto l'acqua nel risucchio della pompa, trattengo il respiro, il fluire liberatorio tra le pentole sporche, espiro, e il clic dello sportellino del detersivo e le eliche che girano. 
Tutto fa ciò che deve ed è come se ogni piatto o bicchiere mi tranquillizzasse e potesse anche dirmi sai, va tutto bene, tutto ha un senso, tranquilla, non vedi? Le cose sporche torneranno pulite, tu non ci pensare.

(ti credo) 



   

lunedì 15 ottobre 2018

Il riposo della domenica


La primavera da lontano
sogna d'essere qui.
È quando un canto
qualunque d'uccello
abbatte massicci portali di gelo,
è quando assicura: non è stanca di noi
non smette la terra
di farsi brucare.
Butta su le forme i sapori
per farsi mangiare. Da scuri granelli
diventa animale - e anche pensiero -
sostanza di noi.
(da "Le giovani parole" di Mariangela Gualtieri)

Mi riposo leggendo di animali. Una volta le formiche, un libro con la copertina azzurra ne narrava ogni tic, per me era una bibbia alternativa, micro energumene che via via nella lettura mi apparivano sempre più consapevoli, votate al misterioso, ineluttabile, loro mandato con una certa idea dell'esistenza. E le spiavo, mentre si infilavano nei buchi, incuranti della mia devozione, sempre qualcosa di urgente da risolvere, addosso una briciola, un frammento tremante, o quando nella mia cucina, zona lavello, si radunavano in gruppetti di sei sette. Mi sembravano bellissime, dee da venerare (qualcuno più bravo di me le aveva suddivise in diecimila specie), quanto il mio occhio può apparirgli gigantesco o il mio polpastrello quando ne punta una e diventa una collinetta che interrompe la loro strada invisibile e la solleva in aria e lei sempre lì, sopra, miracolosamente incollata al mio dito. Poi fu il turno delle farfalle, imparai che certe usano le navi per raggiungere luoghi lontani e caldi, alle loro ali polverose, inadatte per sorvolare il mare, hanno supplito così, con un passaggio, attaccate a una trave, riparate negli interstizi della ferraglia. E i ditteri svedesi, piccoli gioielli volanti, puf, sono caduta nel loro retino. Poi i lupi, e la mia testa tra le api, che angoscia una possibile loro estinzione, mi colavo sulla lingua un cucchiaino di miele come oro dolcissimo e tifavo per lui, alla faccia di cappuccetto. La mia domenica l'ho dedicata agli uccelli, il corvo è un mezzo genio, e chi ci pensava, il canto che imparano ascoltando i propri simili, e che varia, cambia a seconda del gruppo e della zona, una specie di dialetto musicale, ma dimmi tu. 




mercoledì 10 ottobre 2018

Povertà e brioches


Oh! Senza tetto
e il mio letto di nuovo
umido e freddo
(Ryōkan 1758-1831)

Dicono che sia in atto una rivoluzione eppure quando sento parlare di poveri, di reddito di cittadinanza e di manovra, ormai cambio canale. Mentre guardo i cartoni animati o un grande obeso dimagrito alle prese con la pelle che gli avanza o l'orso che si rotola nella neve, dall'altra parte lo sproloquio so che continua a fluire e so che nulla lo ferma, né la Corte dei Conti, né la matematica, né la memoria storica. L'unica è il telecomando ma è come girare la testa dall'altra parte già da sotto la ghigliottina.

(Siamo qui)

martedì 9 ottobre 2018

Sogno ricorrente


Svegliatomi da un sogno
trasalisco per il buio -
sera d'autunno.
(Mizuhara Shūōshi 1892-1981)


Sarà il periodo. Sarà che l'ultima immagine che l'iride registra prima di chiudere gli occhi è quella televisiva, la solita, un esponente del governo che digrigna i denti mentre parla. E i toni sprezzanti, l'aggressività, la manovra economica impugnata come un grimaldello. I mercati. Le tabelle con i numeri. I "sovranisti". Buonanotte cara, buonanotte caro. E va in onda l'inconscio.

Stanotte ho sognato che non riuscivo a usare lo smartphone. Le dita sulla tastiera bloccata, non riuscivo a digitare, non beccavo l'icona giusta. Ovviamente la telefonata che dovevo fare mi avrebbe salvata da qualcosa di orribile che, ovviamente, non ricordo.
Trasalisco per il buio
Mi torna in mente mio padre più giovane, mio coetaneo di oggi, che mi spiegava il significato dell'espressione "sogni ricorrenti". Come esempio portava un suo sogno dove lui non riusciva a comporre il numero sulla rotella del telefono, con le dita che scivolavano  e si impicciavano tra quei fori. 
Ero ragazzina, non avevo ancora grandi esempi da fare, lo ascoltavo.
Oggi che sogno le stesse cose che sognava lui penso ai supporti cambiati e alle noste medesime angosce.


(Selfie dell'inconscio)