mercoledì 18 gennaio 2017

Stefano Cucchi 1978-2009

L'esistenza non parrebbe
così breve
ai posteri promessi
se almeno sulla carta
le date
di nascita e morte
non fossero unite
da un corto trattino
di vita.

Adesso scherziamo prendendo in giro
la cinghia graduata attorno alla vita
che la fibbia anagrafica svari liberamente
lungo quei stretti margini.

All'oscuro, in quale occhiello
ed a quanti scatti disti
il nostro necrologio.
("Stringi la cinghia" di Valentino Zeichen, 1979)




Nella riunione di redazione di ieri mattina, dicevo di quanto mi aveva colpito un pezzo (QUI) dove si leggeva di alcuni nazisti che, nel tempo, hanno fatto del loro sapere perverso (tortura, armi e tecnologie) una vera e seconda vita alternativa. Come quel Alois Brunner, responsabile dello sterminio di 135mila ebrei e, per questo, formatore, blasonato, di torturatori a Damasco fino al 2001, anno della sua morte.
Il mio pensiero, che è a volte troppo, troppo volatile e si muove per nessi soprattutto durante una riunione di redazione, mi è poi andato alle torture subite da Giulio Regeni - quanti giorni di dolore, dolore fisico vero, per quel povero ragazzo? - e alla puntata che gli dedicheremo il prossimo 25.

Un trattino dice Zeichen, un trattino che qualcuno decide al posto della natura o del destino, e le parole del bizzarro poeta "romano di Fiume" che sanno sempre di brusca durezza (quegli scatti) e un po' di presa per i fondelli. Il mio ricordo in forma di haiku se clicchi QUI.

A decidere di mettere quel corto trattino tra la data di nascita e di morte di Stefano Cucchi non è stata la fame e la sete, non è stato un improvviso attacco epilettico ma, anche qui, qualcuno con un nome e un cognome.
Stefano Cucchi è stato ammazzato.
Otto anni dopo, un verdetto di omicidio preterintenzionale e abuso di autorità (notizia QUI).


(Luce tra la polvere)







martedì 17 gennaio 2017

Addio

Contare i secondi, i vagoni dell’Eurostar, vederti
scendere dal numero nove, il carrello, il sorriso,
il batticuore, la notizia, la grande notizia.
Questo è avvenuto, nel 1990. E’ avvenuto, certamente
è avvenuto. E prima ancora, il tuffo nel Ticino,
mentre il pallone scompariva. E’ avvenuto.
Abbiamo visto l’aperto e il nascosto di un attimo.
Le fate tornavano negli alloggi popolari, l’uragano
riempiva un cielo allucinato. Ogni cosa era lì,
deserta e piena, per noi che attendiamo.

Non è più dato. Il pianto che si trasformava
in un ridere impazzito, le notti passate
correndo in Via Crescenzago, inseguendo il neon
di un’edicola. Non è più dato. Non è più nostro
il batticuore di aspettare mezzanotte, aspettarla
finché mezzanotte entra nel suo vero tumulto,
nella frenesia di tutte le ore, di tutte le ore.
Non è più dato. Uno solo è il tempo, una sola
la morte, poche le ossessioni, poche
le notti d’amore, pochi i baci, poche le strade
che portano fuori di noi, poche le poesie.

In te si radunano tutte le morti, tutti
i vetri spezzati, le pagine secche, gli squilibri
del pensiero, si radunano in te, colpevole
di tutte le morti, incompiuta e colpevole,
nella veglia di tutte le madri, nella tua
immobile. Si radunano lì, nelle tue
deboli mani. Sono morte le mele di questo mercato,
queste poesie tornano nella loro grammatica,
nella stanza d’albergo, nella baracca
di ciò che non si unisce, anime senza sosta,
labbra invecchiate, scorza strappata al tronco.
Sono morte. Si radunano lì. Hanno sbagliato,
hanno sbagliato l’operazione.

Ci teniamo vicini
all’urlo, mentre passa il dodici
e l’attimo separato
dal suo vortice resta qui, nel cuore
buio dell’estate, nell’annuncio
di una volta sola. Tu
non ci sei. Resta la tua assoluta
voce nella segreteria, questa
morte che non ha luogo.

"Tema dell’addio" di Milo De Angelis


La storia dell'anziana coppia dei coniugi Mischi, Eros - amore - e di sua moglie costretta in un letto di ospedale, in coma, da anni, tocca il cuore. 
Qualche mattina fa, all'inizio di un nuovo anno, ancora un nuovo anno, il signor Eros, di suo pugno ha scritto una lettera, l'ha affrancata e l'ha spedita a Giangiacomo Schiavi del Corriere della Sera (leggi QUI)
Il pensiero di questo gesto semplice, di rendere pubblico uno sfogo dignitoso, civile e innamorato, non mi abbandona da qualche giorno. 
Ecco perché ho dedicato a lui, e a questa morte che non ha luogo, una delle più belle poesie d'amore che abbia mai letto in tutta la mia vita. 

(dal numero nove)



sabato 14 gennaio 2017

Baci

Non un ostello dove dormire
la luna
indica la via
(Santōka 1882-1940)

Due che si baciano mi attirano sempre. Sono a Trastevere, di fronte la pizzeria Ivo, lei è di spalle, lui le stringe le guance tra le mani grosse e le accarezza dolcemente la testa mezza calva. Poi lei si infila il cappello, si cala la visiera griffata sugli occhi, tira su col naso strofinandoci il palmo.
Tossici, alcolizzati, senza casa, drop-out, invisibili, barboni. 
Sacchetti pieni di roba e due bottiglie ai loro piedi, si scambiano tenerezze. 
Tra i baci, si farfugliano qualcosa e si sorridono.  
“Lucaaa! Ecco, prendi!” Mi giro, è il cameriere che gli sta tirando un pacchetto di carta stagnola.  Lui lo acchiappa al volo, lei si aggiusta il cappello.
Si scelgono due  panchine di pietra libere e vicine, le "apparecchiano". I cartoni, i sacchetti di plastica gonfi di roba per terra, e loro due a cavallo di una delle due con la lasagna in mezzo, fumante.
Allora, esiste una possibilità.


venerdì 13 gennaio 2017

Biglietto sì o biglietto no

"Sogliono gli scultori, quando vogliono lavorare una figura di marmo, fare per quella un modello, che così si chiama; cioè uno esempio, che è una figura di grandezza di mezzo braccio, o meno o più, secondo che gli torna comodo, o di terra o di cera o di stucco, perchè e' possan mostrare in quella l'attitudine e la proporzione che ha da essere nella figura che e' voglion fare, cercando accomodarsi alla larghezza ed all'altezza del sasso che hanno fatto cavare per farvela dentro."
da "Le vite de' più eccellenti pittori e scultori ed architetti" di Giorgio Vasari

Questo scritto di Vasari lo traggo da un vecchio volumetto che comprai su una bancarella dell'usato per poche lire, si tratta di una sintesi di fine ottocento della monumentale opera di Vasari, ridotta, per il lettore, a circa trecento paginette tutte meravigliose.

Monumenti e meraviglie sono anche l'argomento di oggi: è giusto sì o no pagare un biglietto per visitare luoghi d'arte come, che so, chiese e siti archeologici?
Per me sarebbe giusto ma la discussione è in atto, anche a Radio3, e io rimango in attesa di quello che succederà. Aspettiamo

Aspetto.
Biglietto in mano, aspetto anche l'autobus, che tarda, e che mi dovrebbe portare da Largo Argentina dove mi trovo (dove fu pugnalato Cesare, sito glorioso e misconosciuto che giace, sotto il livello del marciapiede, nell'incuria e ignoranza generale), verso Lungo Tevere, dove ne prenderei un altro in direzione nord e poi un altro ancora verso la zona periferica La Storta (tappa sulla via Francigena, luogo di culto per i cristiani e di un eccidio nazista). 
Tempo previsto? Tre o quattro ore se conto l'autobus che si ferma per il solito guasto e la pioggia. 
Bene. Aspetto. Penso.
Sì. Sarei d'accordo anche con la proposta, se qualcuno la facesse mai, di pagare un biglietto per visitare la sede dell'Atac, l'azienda romana dei trasporti pubblici.
Pagherei per capire che cosa succede lì dentro, da vicino, e come mai è di oggi la notizia che hanno elargito ricche prebende a dirigenti che non dirigono un autobus, che sia uno, dal garage a casa mia. (notizia QUI).
Pagherei volentieri anche questo biglietto. Giuro.

(piccolo monumento)





giovedì 12 gennaio 2017

Post-it

Cari amici lettori, 

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E' un tangibile segno di stima cui vi sono, già ora, grata! 
Ciao, Susanna


(piccole cose quotidiane)