sabato 29 giugno 2019

Spifferi e poesia


Lunedì 24 aprile
Se si dovessero rispettare le prescrizioni dei fondamentalisti dell'igiene orale, che impongono di lavarsi i denti ogniqualvolta si è masticato qualcosa, si finirebbe per dedicare più tempo alla pulizia dei denti che a mangiare.
(da Diario2000 di Valentino Zeichen)


Vitalismo e paradosso, malinconia e pessimismo abitavano quel bozzolo sulla via Flaminia.
"Lì abita Zeichen." L'ho sempre pensato quando passavo nei pressi della sua baracca. E lo penso ancora quando ci cápito, scesa dal tram, prima di immettermi nel flusso comprarolo dello struscio di via del Corso. Una cosa bella di ieri, giornata faticosa e afosa, dentro e fuori di me, è stato il refolo del secondo volume dei diari di Valentino Zeichen. Un anno di pensieri, di appuntamenti con amici e nemici nei ristoranti e nelle case precedono l'ultima sezione, dove viene ripubblicata l'illuminante raccolta su Roma "Ogni cosa a ogni cosa ha detto addio". In mezzo a pacchi e cartacce che imballavano nuove uscite, lo spiffero di Zeichen sulla mia scrivania.

(Ponentino Zeichen)









venerdì 28 giugno 2019

A Castelporziano


Come la spia rossa che
si accende sul cruscotto
e segnala al conducente,
che la benzina è alla fine,
così, anche il sentimento
che nutrivo per te
è ormai in riserva.
(Valentino Zeichen da Metafisica tascabile )



il 28, 29 e 30 giugno di quaranta anni fa si svolse il festival di Castelporziano, la Woodstock della poesia. 
Erano tutti andati sulla spiaggia di Ostia, il mare vicino Roma, non so se capivano bene a fare cosa, ma erano tutti lì: i poeti e un sacco di gente intorno, e il sole che tramontava. Castelporziano mi è rimasto qua, come si dice a Roma, quel mischione letterario e anarchico, quelle tre sere a cui non ho mai partecipato e che ho recuperato come ho potuto: immaginandolo. Alla mia soggettiva, quindi errata, ma bellissima proiezione mentale di quelle tre notti di poesia e bellicosità, di parole e pernacchie, di versi e parolacce, ho via via aggiunto dettagli reali pescandoli dalle teche rai, libri o vecchie testimoninze (il bellissimo film di Garrone, il video del 1994 caricato su You Tube da Simone Carella nel 1994 (clicca QUI) e anche questo spezzone trasmesso in FUORI ORARIO in una di quelle sue notti insonni e dolenti). E leggendone i resoconti, scoprendo spesso tardivamente quei poeti, avvicinando a me quelli che sento vicini e allontanando, per ora, gli altri (Per ora, lo ripeto. La letteratura è bella perché si può cambiare idea, avvicinarsi e allontanarsi. Ed è sempre meglio.) cerco soprattutto quella Roma lì che mi riappare, sempre più rarefatta, negli scampoli di questa dove sto. Sarà l'estate, l'afa e la malinconia di pomeriggi senza un refolo d'aria, ma mi capita spesso di tornare laggiù. La spiaggia affollata piena di persone incazzate perché arrivate con l'idea di un concerto gratis di Patty Smith che si sono ritrovate Zeichen e la Rosselli e molti altri che declamavano versi, i pantaloni rossi di Victor Cavallo, la blusa cinese della Maraini. E il coro di "ah stroooonzi" che invadeva la pedana di legno e l'aria salmastra di tutta quella gente che aspettava il concerto o almeno un mestolo di quel minestrone, pasto che sarebbe, forse, servito per placarla un po'.

(Gli "irati flutti")

giovedì 27 giugno 2019

Carola Rakete



Come se il mare separandosi
svelasse un altro mare,
questo un altro, ed i tre
solo il presagio fossero

d’un infinito di mari
non visitati da rive –
il mare stesso al mare fosse riva-
questo è l’eternità.
(Emily Dickinson)




Carola Rakete è con la sua nave nelle acque territoriali italiane e si dirige verso Lampedusa. 
La Capitana entra così nel libro della storia che stiamo scrivendo, solca l'altro mare con aria fiera, il vento nei bei capelli lunghi. Come un poeta lei vede dove nessuno guarda, come un poeta leva la sua voce forte rivolgendosi a ognuno di noi che siamo qui, sulla riva.

(una famiglia)



  

mercoledì 26 giugno 2019

Sulla libellula e sulla delicatezza


Una libellula 
sul cappello.
Cammino
(Santōka 1882 -1940)


Gli incontri, le opportunità, sono come le libellule che ogni tanto si poggiano sul cappello, non si dice forse "cogliere al volo" un'occasione? Succede tra umani, con l'innamoramento e l'amicizia, succede anche con gli incontri letterari e i libri. Santōka è stato la mia libellula sul cappello. Notarlo, approfondire la sua poetica e raccontare in "Haiku e Saké" una biografia così complicata e semplice insieme, mischiarla alla mia, proteggere la delicatezza dei suoi haiku traducendoli (dall'inglese!), ha significato per me, autrice disarmata ed entusiasta, provare a ricalcare quella levità. Gli haiku, in questi due anni dall'uscita del mio libro, e dai cinque del blog, mi hanno portato altre libellule sul cappello. Una fra queste è sicuramente l'incontro con Paolo Lagazzi, autore nascosto e prolifico, sua l'antologia di haiku classici giapponesi tradotti con padre Mario Riccò e pubblicata nel 1996 per la BUR. Fu il mio punto di partenza. In questo "Come libellule tra il vento e la quiete" appena uscito per edizioni La vita felice, racconta di Giappone attraverso un'inclinazione personale, originalissima e sorridente. Con i voli improvvisi di Lagazzi si arriva altrove, si parte e si ritorna anche alla nostra cultura, con nuove divagazioni su personaggi amati (da D'Annunzio a Bertolucci, dalla mamma che amava l'opera al maestro zen) fondamentali per la sua formazione umana e intellettuale. 
Lagazzi è un essere magico, francamente non so bene se esista o meno. Ha levità nella scrittura e nei modi, una capacità unica di sparire tra le righe che scrive, stemperando la sua conoscenza dentro un aneddoto o uno scherzetto. Divaga, danza, fa giochi di prestigio. E possiede il volo verticale delle libellule, quel movimento di sincronia assoluta che gli esperti definiscono il volo perfetto. Come loro è capace di volare all'indietro, con ali indipendenti che gli permettono giravolte e capriole anche in atmosfere rarefatte.
Leggiadro, vola quando parla dei suoi maestri, scompare e riappare dietro le loro spalle.
Quando mi sento pesante, ancorata a terra con le mie scarpe di piombo e la testa incassata, cerco di imparare dagli haijin a scuotermi, a cercare leggerezza. 
E aspetto che uno di loro mi si posi di nuovo sul cappello per continuare il viaggio.      




martedì 25 giugno 2019

Dai navigator agli sciator


Notte di neve
c'è della gente
che passa in silenzio
(Issa 1763-1827)

A Milano una notte di neve e festa, il pacco regalo delle Olimpiadi Invernali del 2026 è arrivato tra la soddisfazione generale e il suono di tappi che saltano dalle bottiglie di Lombardia, Veneto e Trentino Alto Adige. Brindo anch'io: che sia un futuro splendente di lavoro e indotto! E poi, nel silenzio bigio che avvolge il resto della penisola, nel caldo torrido di questo finale di giugno, mi chiedo se non sia meglio, in genere, puntare più sugli sciator che sui navigator.


(notte di neve romana)

















lunedì 24 giugno 2019

Gay Pride


Radici e foglie appena sono queste,
profumi recati a uomini e donne dai boschi selvaggi,
dal margine degli stagni,
acetosella del cuore e garofani d’amore, dita che avvincono
più strettamente che rampicanti,
gorgheggi da gole d’uccelli nascosti tra gli alberi, quando
il sole ascende,
soffi di terra e d’amore trasmessi da rive di vita su mari di
vita, sino a voi, marinai!
Bacche addolcite dal gelo, virgulti di marzo offerti freschi
a giovani che per i campi vagano, quando l’inverno
si scioglie,
germogli d’amore messivi innanzi, immessi in voi, ovunque
voi siate,
germogli che si schiuderanno secondo i modi d’un tempo,
se a loro recate il calore del sole si schiuderanno offrendovi
forma, colore, profumo,
se voi divenite alimento e umore, essi saranno fiori, frutti,
alti rami e alberi.
(da "Foglie d'erba" di Walt Whitman)


La sezione Calamus della raccolta di Walt Whitman "Foglie d'erba" prende il nome da Càlamo, una divinità fluviale delle mitologia greca. E' il gruppo di poesie che celebrano “l’amore dell’uomo per l’uomo”, per la critica l’espressione più evidente delle idee di Whitman sull’amore omosessuale.
Calamo era un bellissimo giovane innamorato di un suo coetaneo, Carpo. I due amanti vivevano felici e contenti ma durante una gara di nuoto nel fiume, Carpo affoga. Disperato, Calamo si lascerà annegare. Zeus colpito da tanto dolore, trasformerà Calamo in una pianta palustre, una canna resistente a cui potersi aggrappare e Carpo in un frutto  terrestre.
Da Càlamo deriverà calamaio, il piccolo recipiente-supporto dello stilo con cui scrivere. 
Speriamo di scrivere tutti insieme una storia migliore.  


(germogli vicino al fiume)

Per ascoltare la vita - raccontata da me - di Walt Whitman, clicca QUI.


lunedì 17 giugno 2019

Foglie d'erba



Senti, m’informò l’anima,
Scriviamo per il corpo (siamo infatti una cosa), versi tali,
Che, dopo morte, dovessi invisibil tornare,
O, più tardi, più tardi, in altre sfere,
A un gruppo di compagni i miei canti riprendere,
(In accordo con suono, alberi, venti della terra, tumulto delle onde),
Possa con soddisfatto sorriso continuare,
A sempre riconoscere miei questi versi – come, qui ed ora, per la prima volta,
Firmando per anima e corpo, il nome mio v’appongo,
Walt Whitman
(in "Foglie d'erba" di Walt Whitman)



Walt Whitman nacque nel 1819 a West Hills, nello Stato di New York, da una famiglia quacchera. Se cerchiamo in rete le sue foto, appare per prima la più famosa, quella scattata da George Cox nel 1887. 


Sul fondo scuro risalta il volto di un vecchio, i capelli bianchi e lunghi, tutt'uno con la barba vaporosa e anch’essa bianchissima (in un suo articolo per la rubrica dal titolo "Sport per uomini", intrattiene mondanamente i suoi lettori sui vantaggi non solo estetici di una bella barba lunga e folta, utile anche per preservare i bronchi da spifferi e correnti d'aria); la tesa del cappello è definita da una linea di luce chiara che rimanda a quella degli occhi. Lo sguardo penetrante, e freddo, pare cercare il nostro grazie a quell’espediente della posa, la leggera torsione del vecchio Whitman verso l’obiettivo. Chi è quest’uomo? Un saggio, un padre, un visionario, un matto? Con il suo nome, lui non lo saprà mai, un giorno chiameranno un cratere sulla superficie di Mercurio. Walt Whitman, il grande poeta americano padre del verso libero, viaggia sul pianeta più vicino al Sole e per l’eternità.


Ascolta la vita di Walt Whitman su Radio3 cliccando QUI






venerdì 14 giugno 2019

Zanzotto e il clima


Nei luoghi chiusi dei monti
mi hanno raggiunto
mi hanno chiamato
toccandomi ai piedi.

Sulle orme incerte delle fontane
ho seguito da vicino
e senza distrarmi
le tenebre tenere del polo
ho veduto da vicino
le spoglie luminose
gli ornamenti perfettissimi
dei paesi dell'Austria.

Hanno fatto l'aria tutta fresca
di ciliegi e di meli nudi
hanno lasciato soltanto
che un piccolo albero crescesse
sua soglia della sua tristezza
hanno lasciato fuggire in un riverbero
un tiepido coniglio di pelo.

Per le estreme vie della terra caduta
assistito da giorni tardi e scarsi
discendo nel sole di brividi
che spira da tramontana.
("Dietro il paesaggio" di Andrea Zanzotto)


Presentandosi davanti ai principali consessi internazionali, Greta Thunberg ha fatto del suo sdegno un gesto poetico. Indicandoci con la sua grazia caparbia il nostro pianeta malato di riscaldamento, è riuscita a trasportarci in quei luoghi che riescono a vedere solo i grandi poeti, in un paesaggio di ombre incerte delle fontane, di tenebre tenere del polo e tra le spoglie luminose. Ogni volta che leggo Zanzotto lo immagino affacciato alla finestra del mondo, il suo studio, la scrivania con le carte e le librerie, alle spalle. Lo sguardo avanti, assorto, per chi verrà.

giovedì 13 giugno 2019

Sono momenti belli


Sono momenti belli: c'è silenzio
e il ritmo d'un polmone, se guardi dai cristalli
quella gente che marcia al suo lavoro
diritta interessata necessaria
che ha tanto fiato caldo nella bocca
quando dice buongiorno

è questa che decide 
e son dei loro
non c'è altro da dire.

E questo cielo contemporaneo
in alto, tira su la schiena, in alto ma non tanto
questo cielo colore di lamiera
sulla piazza a Sesto a Cinisello alla Bovisa
sopra tutti i tranvieri ai capolinea
non prolunga all'infinito
i fianchi le guglie i grattacieli i capannoni Pirelli
coperti di lamiera?

È nostro questo cielo d'acciaio che non finge
Eden e non concede smarrimenti,
è nostro ed è morale il cielo
che non promette scampo dalla terra,
proprio perché sulla terra non c'è
scampo da noi nella vita.
(Da "La ragazza Carla" di Elio Pagliarani)



Anche quando non sembra, sono momenti belli. Anche quando va un po' così, sono momenti belli. Da soli è impossibile individuarli, meno male che gente come Pagliarani è esistita, ha scritto e continua a indicarceli.




(Di là)

lunedì 10 giugno 2019

Con passi giapponesi


Quello che è mio potrebbe essere vostro?
No, se fosse vostro non sarebbe mio.
Ma il mio cos'è? Dov'è?
Non sono certo io, non lo ritrovo in me.
Di me mi sento infatti mandataria,
ma in nessun modo, mai, la proprietaria.
(Patrizia Cavalli) 

"Ma díglielo, no? Dille quanto ti piace!"
Ci ho provato. Anzi l'ho anche fatto, negli anni, nelle occasioni dei festival, ma non mi importa. A casa sua, quando l'ho incontrata la prima volta, una quindicina di anni fa, no, lì non dissi nulla preferendo un sorriso vuoto e gentile, non avevo ancora centrato il suo sguardo poetico, e mi aggiravo in una casa piena di anfratti, di camere, di copriletti colorati e libri. Col registratore e il microfono, la seguivo nei meandri allegri di quella casa romana che se lo dici, abito a Campo de' Fiori, sembra impossibile; la seguivo tipo Fido mentre mi mostrava alcune letture che la impegnavano in quel momento e, mentre parlava allegramente, col suo sorriso, e gli occhi rapinosi, io sorridevo e registravo le sue poesie. Da quel pomeriggio, infisso nella mia testa come una pietra dentro il castone, della sua scrittura, di quel suo disincanto e lo sprazzo di dolcezza improvviso che balena nel verso, non ne ho fatto più a meno. L'ho sempre più capito, aspettandolo. Aspettando quella chiusura ribatatrice di ogni sua poesia, quel kireji della Cavalli e non di uno haiku, fatto di un lampo di gioia, di ironia, di depressione, di amore solo suo. È diventata la compagna di passeggiate romane, quando in motorino attraverso un ponte, se vago nella città barocca dai palazzi color pastello, celestini, arancio e burro penso a quei copriletti. Se scopro un capitello in un angolo, con una vecchia mendicante seduta sopra o incerottato dalle strisce di plastica dei lavori in corso, mi sembra che geolocalizzi un suo verso. E provo a fare mio quel senso di malinconica immanenza e di vita da mangiare. "Con passi giapponesi" è la raccolta di racconti appena uscita, dove, sia ben chiaro, il Giappone non c'entra nulla. Non so cosa dire su questo libro che mi ha colpito tanto (allora cosa scrivi? Scrivo questo: "non so cosa dire"); che è come se qualcuno da lì dentro mi parlasse, anzi mi guardasse, anzi, ci guardiamo riconoscendoci. 

Quello che è mio potrebbe essere vostro?
No, se fosse vostro non sarebbe mio.
Ma il mio cos'è? Dov'è?

E una volta finito mi è gravata addosso quella sensazione di sbigottimento, misto a una ansia lieve, succede quando un autore sembra parlare a te, proprio a te, quando capisci che quello che è suo potrebbe essere tuo. E forse lo è anche un pochino. 




venerdì 7 giugno 2019

Vecchio cameriere


Vivo qui dentro
senza essere altro
covo pensieri non miei
per sapere chi sei
(Ne "La fine di quest'arte" di Silvia Bre)

C'è un senso tragico nella figura del vecchio cameriere. La giacca bianca, il cravattino, i pantaloni neri, stazzonati, mai della taglia giusta e sempre troppo pesanti. 
Lo guardo aggirarsi tra i tavoli, notes e tovagliolo, la testa leggermente reclinata - mal di schiena, sonnolenza di chi si è alzato presto e ritirato tardi per una vita intera. Gli occhi vuoti mentre il cliente sceglie qualcosa dal menù, e la fronte imperlata che denuncia il fremito di chi sta per sparire.



(Vivo qui dentro)





mercoledì 5 giugno 2019

Eutanasia


Eccomi
dove il blu del mare
è infinito
(Santōka 1882-1940)

È tornata sui giornali la questione, insieme ai dubbi, comprensibili e degni di rispetto. Una ragazza  giovane, bella, e dopo più nulla rende tutto ancora più difficile da capire. Eppure.
La possibilità di scegliere. 
Rileggo l'haiku di Santōka, quell'eccomi così libero, meditato. Scelto.


(Uscita di emergenza)

martedì 4 giugno 2019

Comunque sia


Che tu ci sia o non ci sia
ormai è la stessa cosa,
comunque sia io ho la nostalgia
(In "Poesie 1974-1992" di Patrizia Cavalli)

Mi piace cercare on line le foto degli scrittori che amo; capisco capelli, cerco denti, conto nei, mi faccio sorprendere da rughe e ciuffi. Dettagli che sovrappongo alle parole per il mio identikit letterario, per la mia dichiarazione d'amore.


(Amanti)

sabato 1 giugno 2019

Centro benessere a Cesena


Il bene ha vermi
e macchie screziate. La mano
che aiuta ora puzza. Non è nel sogno
del bene il lato migliore
(Mariangela Gualtieri)


Quando tutto intorno sembra non appartenerci o ci rappresenta malamente, se ci sentiamo tapini e derelitti, e un po' soli, quando addirittura i titoli delle copertine di alcuni libri, i caratteri delle lettere stesse, sono nel font littorio pur di vendere qualche copia sdoganando  così un'estetica fascia, avvolgente e vincente, dove ci si rintana? Chi ha fede va in chiesa ma chi non ha fede dove va? In biblioteca. (Vale pure chiudercisi dentro, le mura sono spesse e le urla non arrivano, i cellulari non prendono). 
Visto che per lavoro sono a Cesena torno alla Malatestiana, in questi tempi foschi e urlati, mi sembra un luogo di benessere, una spa.
Vi propongo il mio bignami per visitarla, due o tre appunti sulla storica biblioteca di Cesena. Fa bene farci un salto, anche per poco tempo. Ci si sente corroborati, pronti per affrontare tutto, anche... vabbè, quasi tutto.

- è la prima biblioteca civica in Italia   
- è rimasta perfettamente conservata. Edificio, arredo e posizione degli incunaboli è la stessa dal XV secolo. Conta 250mila volumi.
- la pergamena è morbida al tatto, sembra fragile ma è resistentissima. 
- raschiandola i copisti potevano correggere eventuali errori.
- osservandola da molto vicino si intravedono ancora i pori, la traccia del bulbo pilifero della pelle animale. Al contrario, girandola, risulta liscia poiché si alternavano, nella rilegatura, le pagine ottenute dalla pelle dalla parte del pelo con quelle sulla carne. 
- il copista era un lavoro molto considerato e ben pagato. Vitto e alloggio a corte garantiti, i migliori arrivavano da Francia e Germania e facevano la loro fortuna.
- alcuni copisti spesso apponevano la loro firma alla fine del testo, impreziosivano le pagine con miniature, piccole foglie d'acanto, cervi e stelle d'oro.
- usavano disegnare la manicula, ovvero una piccola manina con l'indice alzato, tipo puntatore del mouse sulla schermo, dove ci fosse qualcosa d'importante da leggere. Bellissimo, ci si può commuovere.   
- come è anche struggente pensare che ogni singola lettera è stata scritta da un uomo con la sua vita, la sua professionalità e la sua storia. Ogni stilo aveva la sua mano e ogni mano la sua vita. Le biografie dei copisti sembrano piccole parabole: uno di loro guadagnò tanto da potersene tornare in Germania, un altro si fidanzò e si stabilì a Cesena, un altro dichiarò che solo in taverna e con le donne avrebbe speso tutti i soldi accumulati scrivendo e copiando.
- l'aula destinata alla lettura si chiama Aula del Nuti, dal suo architetto Matteo Nuti.
- Un piccolo elefante in pietra orna il portone ligneo dell'aula di lettura. Con la proboscide stringe un cartiglio con su scritto elephas indus culices non timet, l'elefante indiano non teme le zanzare a significare che i Malatesta erano forti come elefanti e certo non si sarebbero spaventati dei nemici, al massimo li avrebbero schiacciati come zanzare. 
- il portone di legno sembra di cioccolato lucido e marrone, fu progettato e intagliato a piccoli quadretti dal più grande ebanista dell'epoca che si chiamava Cristoforo da San Giovanni in Persiceto. Cristoforo non usava firmare le sue opere ma questa volle autografarla. Solo una in tutta la sua vita, questa. Forse intuì l'onore che gli era toccato, quello di aprire lo scrigno del sapere, dalla cultura, delle lettere. Un umile artigiano che attraverso la sua perizia avrebbe avuto accesso allo scibile umano per i secoli a venire.

(Prezioso manoscritto)