venerdì 30 novembre 2018

Traslochi 1


Acqua che scorre -
a nessuno in particolare
arrivederci
(Santōka 1882-1940)


E mica sono Santōka a cui bastava una sacca a tracolla dove infilare la ciotola per le elemosine - sacca che serviva anche per mangiare e bere - un taccuino, la penna e una bottiglietta di saké! E che attraversava il Giappone senza legarsi troppo né alle cose né alle persone! 


- un vecchio post, di qualche anno fa, la cronaca di un trasloco - 


Non viaggio così leggera, purtroppo, e i miei duecento "colli" (centocinquanta scatole di libri e il resto tra mobilia e carabattole) la dicono lunga. Tutti che mi dicevano "Ahia il trasloco! Un dolore pari al lutto! Una rogna infinita! Un vero incubo!". Ma alla fine, il trasloco, ha una sua utilità "igienica". Si tira una linea, si buttano tante cose scegliendo solo quelle che servono, si impilano anni e si incartano ricordi. Le foto spuntano a tradimento, è vero. Una "tu" vecchia di anni fa eppure così giovane, un papà che scherza con un nonno, un vecchio fidanzato, sguardi che non ci sono più, sguardi che ancora non avevano visto le cose che avrebbero visto. meno male che ci sono i traslocatori che ingombrano, spostano, impilano e non ti permettono alcuna commozione. Prendere o lasciare. Portare o buttare. 
Allora preferisco farmi solo queste domande: che fare di quel vecchio porcellino di vetro (fragilissimo e racchietto) che ha resistito a quattro traslochi? E di quella pentola? Quel vaso che fa molto "zia pina" peró irrinunciabile? E quelle pedule mai usate? 

Su come è possibile che dieci anni siano passati così in fretta, a chi sorridesse mio padre in quella foto, e come può succedere che "quella" che mi porto dentro la senta sempre come una "me", che "io" sia sempre "lei", quella tipa felice che il giorno del suo decimo compleanno si abbracciava la compagna di banco e che posava per una foto che avrei trovato secoli dopo e infilato nella tasca dei jeans per non perderla, no, queste domande non me le faccio.
Ah, vado a vivere nel quartiere che fu di quella mia compagnetta di classe che abbraccio lì dentro, laggiù nel tempo. Come adesso.


mercoledì 28 novembre 2018

Per sempre



Le mattine dei nostri anni perduti,
i tavolini nell'ombra soleggiata dell’autunno,
i compagni che andavano e tornavano, i compagni
che non tornarono più, ho pensato ad essi lietamente.
Perché questo giorno di settembre splende
così incantevole nelle vetrine in ore
simili a quelle d’allora, quelle d’allora
scorrono ormai in un pacifico tempo,
la folla è uguale sui marciapiedi dorati,
solo il grigio e il lilla
si mutano in verde e rosso per la moda,
il passo è quello lento e gaio della provincia.
("Gli anni" di Attilio Bertolucci)


Quelle notizie che non fanno notizia. Due anziani coniugi dopo sessantadue anni di vita insieme che muoiono lo stesso giorno, lui per il cuore che cede, in ospedale, lei a casa, come addormentandosi (QUI).
Che strana la vita, che strano l'amore, come si somigliano; un risultato di coincidenze, una somma di appuntamenti, ricordi e progetti, una scelta sull'altra.
Scorrere in un pacifico tempo, insieme. Per sempre.


(4ever)
    

martedì 27 novembre 2018

Bosco a Roma nord



Divergevano due strade in un bosco
ingiallito, e spiacente di non poterle fare
entrambe uno restando, a lungo mi fermai
una di esse finché potevo scrutando
là dove in mezzo agli arbusti svoltava.

Poi presi l’altra, così com’era,
che aveva forse i titoli migliori,
perché era erbosa e non portava segni;
benché, in fondo, il passar della gente
le avesse invero segnate più o meno lo stesso,

perché nessuna in quella mattina mostrava
sui fili d’erba l’impronta nera d’un passo.
Oh, quell’altra lasciavo a un altro giorno!
Pure, sapendo bene che strada porta a strada,
dubitavo se mai sarei tornato.

lo dovrò dire questo con un sospiro
in qualche posto fra molto molto tempo:
Divergevano due strade in un bosco, ed io…
io presi la meno battuta,
e di qui tutta la differenza è venuta.
 ("La strada non presa" di Robert Frost - trd Giovanni Giudici)


Se piove, come oggi, mollo il motorino e vado a piedi, per arrivare al lavoro posso scegliere tra strade diverse.
Poi presi l’altra, così com’era 
Per raggiungere la mia scrivania cambio l'itinerario ogni volta, aggiungo o tolgo un ponte, svolto alla prima o alla seconda traversa... ma sempre, a terra, i pezzi di legno. Sono rami nerastri, umidi e storti, riportati al padrone da cani fedeli, ce ne sono anche di chiari, lisci come fossero stati levigati dal fiume, dal mare addirittura, che tra le foglie bagnate e una cartaccia attendono il nuovo loro lancio.  
Sulla mia strada, ogni giorno diversa, il medesimo gioco invisibile appena finito.

(Bosco a Roma nord)



lunedì 26 novembre 2018

Alessandro Leogrande


Non può esistere crescita
senza il comunicarsi fiducioso
senza conoscersi profondamente –
senza sapere che l’amore cresce
quando ognuno vi cresce.
Sano è morire maturi – sincero
superare il timore di vedere,
fondendosi diversi.
La libertà è certo necessaria
ma non basta a creare un mondo nuovo.
("Se gli occhi fioriscono" di Danilo Dolci)



In memoria di Alessandro Leogrande, del suo impegno e della sua mitezza, un anno dopo.
Sano è morire maturi – sincero superare il timore di vedere, fondendosi diversi.





Bibliografia:
Un mare nascosto, Napoli, L'ancora del Mediterraneo, 2000
Le male vite: storie di contrabbando e di multinazionali, Napoli, L'ancora del Mediterraneo, 2003 (poi, Roma, Fandango Libri, 2010)
Nel paese dei viceré: l'Italia tra pace e guerra, Napoli, L'ancora del Mediterraneo, 2006
Uomini e caporali: viaggio tra i nuovi schiavi nelle campagne del Sud, Milano, Mondadori, 2008; Premio Napoli (poi, Milano, Feltrinelli, 2016)
Il naufragio: morte nel Mediterraneo, Milano, Feltrinelli, 2011 
La frontiera, Milano, Feltrinelli, 2015

venerdì 23 novembre 2018

Parole come petali


Di quale valle
di quale albero
danzano i petali?
(Momoko Kuroda 1938)



La complessità, l'analisi, le differenze contano meno di zero. Pancia e viscere vincono su cervello e ragionamento. La competenza, annullata. Sarebbe utile prendere questo haiku e farne esercizio zen, di quale valle di quale albero, da dove provengono tutte queste parole? Meglio della palestra.


(resistenza)















giovedì 22 novembre 2018

La poesia salverà il mondo


Il mondo sottomarino,
Foreste al fondo del mare, i rami, le foglie,
Ulivi, ampi licheni, strani fiori e sementi,
folte macchie, radure, prati rosa,
Variegati colori, pallido grigio verde,
porpora, bianco e oro, la luce vi scherza
fendendo le acque
Esseri muti nuotan laggiù tra le rocce,
il corallo, il glutine, l’erba, i giunchi,
e l’alimento dei nuotatori
Esseri torpidi brucan fluttuando laggiù,
o arrancano lenti sul fondo,
Il capodoglio affiora a emetter lo sbuffo
d’aria e vapore, o scherza con la
sua coda,
Lo squalo dall’occhio di piombo,
il tricheco, la testuggine, il peloso
leopardo marino, la razza,
E passioni, guerre, inseguimenti, tribù,
affondare lo sguardo in quei fondi
marini, respirando quell’aria così
densa che tanti respirano,
Il cambiamento, volgendo lo sguardo qui
o all’aria sottile respirata da esseri che
al pari di noi su questa sfera
camminano,
Il cambiamento più oltre, dal nostro
mondo passando a quello di esseri
che in altre sfere camminano.
("La poesia salverà il mondo" di Walt Whitman)


Walt Whitman, il poeta amato da David Hockney. Un dipinto del pittore inglese dallo sguardo americano qualche giorno fa è stato acquistato, non da me, per novanta milioni di dollari.
Folte macchie, radure, prati rosa,
Variegati colori, pallido grigio verde,
porpora, bianco e oro, la luce vi scherza
fendendo le acque
Esseri muti nuotan laggiù tra le rocce 
Se fossi ricca, ma tanto tanto ricca l'avrei fatto, me lo sarei comprato un quadro di Hockney. Anzi me lo compro lo stesso, nonostante non possa permettermelo, tanto si può fare e dire tutto, nonostante la bocciatura europea (QUI) e i conti che non tornano.
Uno di quelli con la piscina, i riflessi sull'acqua turchese che saettano sul rosa delle figure. La luce definitiva, post atomica, nel mio quadro non gli importa più niente a nessuno, il trampolino disegna un'ombra netta sul bordo della vasca, le tessere delle mattonelle sono ocra. Il tuffo già fatto, il sesso consumato, il drink già bevuto, il vetro della finestra della villa fuxia è stato ben lucidato. So che all'interno c'è il tavolo, arancione, con sopra una fruttiera di banane e limoni gialli e un peperone rosso. Siamo seduti, i padroni di casa ed io, noi tre. Immobili. In secondo piano, due palme tra una verzura senza vento arredano il parco.
Il "mio" Hockney è un pensiero che placa, è la personale anestesia al dolore del mondo.


(Quasi California)


mercoledì 21 novembre 2018

Piccola città



Il metodo dev'essere purissima carne
e non condimento simbolico,
visioni reali & prigioni reali
come si vedono di quando in quando.

Prigioni e visioni presentate
con rare descrizioni
corrispondenze esatte a quelle
di Alcatraz e Rosa.

Un pranzo nudo è naturale per noi,
noi mangiamo sandwiches di realtà.
Ma le allegorie sono tali lattughe.
Non nascondere la follia.
("Il metodo dev'essere purissima carne" di Allen Ginsberg)


Una poesia che unisca il metodo alla dissipatezza, che mescoli l'ordine con il caso, può essere stata concepita solo da uno dei padri del beat, il mentore di tutti quei giovani degli anni settanta un po' maliardi, un po' sregolati e molto, molto fatti.
Il metodo dev'essere purissima carne
e non condimento simbolico
Si sa, il metodo storiografico impone ricerca e dati, sono le emozioni e la loro purissima carne a scombiccherarli. Ed è ben tenendo presente questo che ho letto Piccola città, il volume che vive di un'intima alternanza: storia e biografia, cervello e cuore. I campi restano distinti, è l'indice stesso del libro a correre in aiuto dell'autrice, da una parte storica dall'altra figlia di un eroinomane, di qua i dati, con bibliografie, numeri e analisi, di là la vita. Da una parte la Storia, dall'altra le storie. 
Ma è quando nella storia entra la droga che si mischia tutto e ogni "piccola città" si squassa. Si sgretolano mura, cedono pavimenti, intorno trema tutto e chi sopravvive allo sfacelo deve rimettere in ordine. Lo riconosci subito chi ce l'ha fatta, è colui che gira, luminoso e abbacinato, mettendo insieme coccetti, recuperando pezzi di vetro colorato con scientifica cura, senza mai farsi male. Perché chi sopravvive al crollo, subìto o procurato che sia, non si ferisce più.