giovedì 1 febbraio 2018

Queste tue mani


Queste tue mani a difesa di te:
mi fanno sera sul viso.
Quando lente le schiudi, là davanti
la città è quell'arco di fuoco.
Sul sonno futuro
saranno persiane rigate di sole
e avrò perso per sempre
quel sapore di terra e di vento
quando le riprenderai.
(Le mani di Vittorio Sereni


Chi ama tanto la vita ha una legge in più: il biotestamento
Attraverso le DAT, possiamo d'ora in poi esprimere, e farlo legalmente, la nostra volontà sull'assistenza sanitaria in previsione di una futura incapacità a decidere o a comunicare. Le dat vanno consegnate ai comuni di appartenenza, che le registreranno, al fiduciario che si è scelti oppure a un notaio. 
DAT, disposizioni anticipate di trattamento, un acronimo in cui risuona il concetto di 'dare'. 
Sul sonno futuro
saranno persiane rigate di sole
Non si tratta di eutanasia o di suicidio assistito, tranquilli (se non si è pronti a legiferare sullo ius soli cosa mai possiamo pretendere, figuriamoci), ma è come fosse un memo, un post-it attaccato su quello che di più amiamo. 
La nostra vita e quella dei nostri cari.


(vite)




  



mercoledì 31 gennaio 2018

Chiamami Gandhi


Il mio canto ha deposto ogni artificio.
Non sfoggia splendide vesti
né ornamenti fastosi:
non farebbero che separarci
l'uno dall'altro, e il loro clamore
coprirebbe quello che sussurri.

La mia vanità di poeta
alla tua vista muore di vergogna.
O sommo poeta,
mi sono seduto ai tuoi piedi.
Voglio rendere semplice e schietta
tutta la mia vita,
come un flauto di canna
che tu possa riempire di musica.


Ieri il mondo intero ha ricordato i settanta anni dalla morte di Gandhi
Il Mahatmaletteralmente "grande anima", il "venerabile", il "maestro", l'uomo che ispirò Martin Luther King e Nelson Mandela. Bapu per milioni di indiani, "papà" in gujarati

Ma torniamo alle cose minuscole, torniamo a noi. Ieri sera Scalfari annuiva benevolo tra la barba bianca a Floris che gli si rivolgeva appellandolo "scrittore, giornalista, filosofo e poeta"  e raggiungendo un sobrio "direttore" come quinto appellativo prima della domanda (alla domanda avevo già cambiato canale). 
Poeta. No, poeta no.

« Impara come se dovessi vivere per sempre. »





  

martedì 30 gennaio 2018

Si fa tardi


Si fa tardi. Vi vedo, veramente
eguali a me nel vizio di passione,
con i cappotti, le carte, le luci
delle salive, i capelli già fragili,
con le parole e gli ammicchi, eccitati

e depressi, sciupati e infanti, rauchi
per la conversazione ininterrotta,
come scendete questa valle grigia,
come la tramortita erba premete
dove la via si perde ormai e la luce.

Le voci odo lontane come i fili
del tramontano tra le pietre e i cavi…
Ogni parola che mi giunge è addio.
E allento il passo e voi seguo nel cuore,
uno qua, uno là, per la discesa.
 (Agli amici di Franco Fortini)


Si chiama Die with me, Muori con me, è una app che si collega a una chat. La sua particolarità è che entra in funzione quando la batteria del cellulare si scarica fino al 5 per cento (quante volte abbiamo detto "Mi è morto il telefono"?). Solo allora gli amici connessi possono scambiarsi qualche sms con altri amici sconosciuti e scarichi, 
rauchi
per la conversazione ininterrotta,
come scendete questa valle grigia

Immagino parole disperate,  addii, faccette di emoji che dicono sono triste, che sorpresa, che paura. Oppure lancinanti verità, indicibili fino a quel 5 per cento di batteria che ora è già al 2, qualcosa di mai detto prima. Immagino messaggi brevi fatti di parole contratte, abbreviazioni veloci, non si ha tempo da perdere. 
Oppure se ne ha moltissimo. 

(il senso di una fine)

lunedì 29 gennaio 2018

Pic-nic


Questo cielo lo chiamo firmamento
E cade su di noi soffice soffitto
Senza ganci o tiranti, come telo
Di un circo che smonta
E lascia a terra briciole soltanto,
Stelle esauste. Ma quante,
Piccola volpe apparsa tra gli abeti!
Ci hai stretto nel cerchio dei tuoi passi
Affamati, hai disegnato un raggio
Lungo il quale sei giunta fino a qui
Alle nostre mani e nel buio
Soltanto l'argento della tua coda.
(L'ospite naturale di Roberto Deidier)


Non so perché, e fa pure freddo, ma ho nostalgia del pic-nic.
Personalmente, poi, mai fatti, o molto pochi, insomma, non in un numero tale da divenire abitudine o da creare ricordi struggenti. Eppure.
Prima di tutto mi chiedo, ma si fa ancora il pic-nic? Riempire la cesta di vimini con tupperware che schioccheranno a ritmo di pasta al forno e affettati, si usa ancora?  
Nella mia testa svolazza la bella tovaglia a quadrettoni, da una parte il thermos per il caffè (che meraviglia, ci voleva!) e i piatti e i bicchieri infrangibili. Attento alle formiche, quello è il coltello del salato, spostiamo la sediolina più all'ombra.
Piccola volpe apparsa tra gli abeti!
Amerò sempre il pic-nic.


(posto giusto)

venerdì 26 gennaio 2018

Giorno della Memoria


Gli uomini vanno e vengono per le strade della città.
comprano cibi e giornali, muovono a imprese diverse.
Hanno roseo il viso, le labbra vivide e piene.
Sollevasti il lenzuolo per guardare il suo viso,
ti chinasti a baciarlo con un gesto consueto.
Ma era l’ultima volta. Era il viso consueto,
solo un poco più stanco. E il vestito era quello di sempre.
E le scarpe eran quelle di sempre. E le mani erano quelle
che spezzavano il pane e versavano il vino.
Oggi ancora nel tempo che passa sollevi il lenzuolo
a guardare il suo viso per l’ultima volta.
Se cammini per strada nessuno ti è accanto.
Se hai paura nessuno ti prende la mano.
E non è tua la strada, non è tua la città.
Non è tua la città illuminata. La città illuminata è degli altri,
degli uomini che vanno e vengono, comprando cibi e giornali.
Puoi affacciarti un poco alla quieta finestra
e guardare in silenzio il giardino nel buio.
Allora quando piangevi c’era la sua voce serena.
Allora quando ridevi c’era il suo riso sommesso.
Ma il cancello che a sera s’apriva resterà chiuso per sempre:
è deserta la tua giovinezza, spento il fuoco, vuota la casa.


Il mio modo di pregare è fatto di vari modi di pregare. Fra questi uno è leggere con più attenzione possibile, con metodo, con cura, i nomi incisi sull'ottone delle pietre dell'inciampo sul marciapiede.
Li sillabo, quei cognomi, e le date e i luoghi di nascita, e poi di morte. I giorni conclusi in luoghi sinistri, passati lontano dal portone che vedo qui davanti, chissà se quel negozio c'era, all'epoca, penso, chissà. A un passo da me il portone che sa di casa, di calore e di affetti. Di abbracci, ancora adesso.

Ma era l’ultima volta. Era il viso consueto,
Solo un poco più stanco. E il vestito era quello di sempre.
E le scarpe eran quelle di sempre. E le mani erano quelle
Che spezzavano il pane e versavano il vino.

E' un modo di pregare, la sosta davanti a queste piccole lapidi dorate. Anche se vado di fretta ci spendo un momento, scanso un mozzicone, una foglia, tento di ricordare almeno un cognome per ripetermelo tra me e me per qualche passo ancora. 


giovedì 25 gennaio 2018

Pensi davvero che basti non avere colpe?


Pensi davvero che basti non avere colpe per non essere puniti,
ma tu hai colpe.
L’aria è piena di grida. Sono attaccate ai muri,
basta sfregare leggermente.
Dai mattoni salgono respiri, brandelli di parole.
Ferri di cavalli morti circondano immagini di battaglie
Le trattengono prima che vadano in un futuro senza cornici.
Cosa ci rende tanto crudeli gli uni con gli altri?
Cosa rende alcuni più crudeli di altri?
Le crudeltà subite e poi inghiottite fino a formare una guaina
con aculei sul corpo ferito?
O semplicemente siamo predestinati al male,
e la vita è solo fatta di tregue dove sostiamo
per non odiare e non colpire?
(L'aria è piena di grida di Antonella Anedda)


In nome della trasparenza sono stati riversati nella fogna mediatica tutti i nomi e tutti i cognomi. E gli indirizzi. Padri degeneri, professori sospetti (pedofilia?), produttori e attori ritratti nella medesima posa. Colpe, acclarate o presunte non importa perché nel mondo dove Weinstein è uguale a Spacey che è uguale a quello che venti anni fa mi ha battuto i pezzi, le acque chiare si mescolano a quelle nere.
L’aria è piena di grida. Sono attaccate ai muri,
basta sfregare leggermente.
E mentre i vicini di casa dicono al microfono sembrava-tanto-una-brava-persona, tutto viene copiato, incollato e pubblicato con un click. 
E con un click, poi, ci si ammazza.


(verso la fogna)


mercoledì 24 gennaio 2018

Il tempo in fumo


Io cammino fumando
e dopo ogni boccata
attraverso il mio fumo
e sto dove non stavo
dove prima soffiavo


Quando mi capita di incontrare i figli dei miei amici, gli amici conosciuti quando avevo, e avevamo, l'età dei ragazzi che vedo ora davanti a me, succede che io cerco sempre nei loro sguardi qualcosa che non trovo. E che loro non mi riconoscono. 
E' solo dopo, appena svoltato l'angolo, che capisco che io... sto dove prima soffiavo


(nel fumo)