venerdì 26 maggio 2017

Carta d'identità


Essere nati, non solo essere nati,
ma anche in una data, proprio in quel giorno
precisamente nati
(Patrizia Cavalli)

Il carosello della piccola bambina paffutella iniziò nel 1966. Anche il mio.


(e vabbè!)

giovedì 25 maggio 2017

My everything


Ho pianto tante lacrime fino
a vederci dentro il mio riflesso.
Era chiaro,
non lo nego, mi manca.
Mi sbagliavo,
tu non sai quello che hai finché non l'hai perso.
Il dolore è solo una conseguenza dell'amore.
Sto dicendo che mi dispiace per il nostro amore.
Lui non era il mio tutto
Finché non eravamo niente
E mi ci vuole tanto per dirlo.
Ora che se n'è andato, il mio cuore sente qualcosa che manca
quindi è tempo di cacciare via l'orgoglio.

Perché tu sei, sei
Sei il mio tutto
("My everything" canzone di Ariana Grande)



Dalla galassia del pop catapultata sugli smartphone di mezzo mondo. Mentre si fanno i compiti, a cena con il cellulare sotto il sedere, le sue fotine su instagram da commentare con faccette innamorate, i testi della canzoni a memoria anche se in inglese vai malissimo, piccole pillole di saggezza da calarsi in cameretta, o da cantare, riprendendosi nei micro video da inviare a manetta su uoazzap. My everything. Testi semplici "mi manchi e "orgoglio ferito" e "senza di te la vita è niente". Certezze piccole. Un "mio tutto" a cui aggrapparsi come a un gancio d'acciaio, resistente in mezzo alla furia del big bang delle emozioni, delle prime esperienze che ti aspettano fuori la tua cameretta.  

Da Manchester alla Libia, base di partenza per i migranti e palestra di kamikaze dell'Isis, una sola canzone.  

So it's time to push my pride away
'Cause you are, you are, you are my everything
You are, you are, you are my everything
I know you’re not far, but I still can't handle all the distance

You're traveling with my heart,

Tu sei, tu sei Sei il mio tutto, per me cantava Ariana sul suo palco (ascolta QUI).
Per me che sono qui con i miei pochi anni e non ci capisco niente. Dai peli sotto le ascelle alla bomba al concerto.

(effetti speciali)







mercoledì 24 maggio 2017

Poesia nelle cose


Corro da voi, con le tasche piene di poesie.
Seleziono: questa poesia vi aiuterà a superare l'esame. 
Eccone una che non è di alcun aiuto,
ma è bella; prendetela.
(...)
E possa la poesia essere per voi
proprio quel numero telefonico nell'universo 
che stavate cercando, e possa essere
per voi la chiave smarrita
del vostro più grande bisogno.
("Trovando poesie per i miei studenti" di Mohja Kahf)


Questa poesia è come se mi fosse arrivata da sola. Come fosse una dedica per il mio compleanno, un messaggio nella bottiglia, come un ciao ciao da lontano.
Nella redazione torinese, ricavata nel retro palco e incasinata di libri e persone, sulla piccola cassettiera in fondo, sotto i resti di una merenda smangiucchiata e mezzo nascosta da fogli e la giacca di qualcuno, una raccolta di poesie dalla copertina azzurra.
"È di qualcuno questo libro? Chi lo ha dimenticato?"
"E-mail da Shahrazad" di Mohja Kahaf, edizione Aguaplano, leggo. Poi lo apro, sfogliandolo un po' a caso, nel trambusto.
È quel numero telefonico nell'universo che continuo a cercare.


(indicazione poetica)


       

martedì 23 maggio 2017

Manchester


La raganella rifugiata
sotto il banano
tremava
(Takarai Kikaku 1661-1707)


Tra le macerie di una serata che doveva essere solo divertente trovo questa foto (clicca QUI) Due orecchie di peluche attaccate a un cerchietto incorniciano occhi sgomenti, lo sbrilluccichio delle strobo finito dentro l'oro delle coperte termiche.  

(in memoriam)




venerdì 19 maggio 2017

Ai miei libri


Ai miei Libri - così bello rivolgermi -
Ultimo lembo di stanche Giornate -
Che fa quasi amare l'Astinenza -
E la Pena - trascurare - nel Plauso -
Come le Fragranze - allietano gli Ospiti in Ritardo
Con promesse di Banchetti -
Così gli Aromi - stimolano il tempo
Fino alla mia piccola Biblioteca -
Può esserci il Deserto - là fuori -
Lontani passi di Uomini imperfetti -
Ma la Festa - esclude la notte -
Ed è Scampanio - dentro -
Ringrazio questi Parenti dello Scaffale -
Le loro Fisionomie di Pelle
Innamorano - nell'Attesa -
E appagano - ottenuti -
(Emily Dickinson)


Esiste un inno ai libri più bello di questo? Sono così fortunata a fare quello che faccio, a lavorare con i libri e per i libri. Per questi parenti dello scaffale.
Può esserci il Deserto, là fuori ma oggi è bello, qui a Torino, cara Emily, perché in questa immensa libreria che è il Salone del Libro, esiste una mensola anche per Santōka.


(Parente stretto)







giovedì 18 maggio 2017

Pasticceria fa rima con...


Io sono innamorato di tutte le signore
che mangiano le paste nelle confetterie.

Signore e signorine -
le dita senza guanto -
scelgon la pasta. Quanto
ritornano bambine!

Perché nïun le veda,
volgon le spalle, in fretta,
sollevan la veletta,
divorano la preda.

C'è quella che s'informa
pensosa della scelta;
quella che toglie svelta,
né cura tinta e forma.

L'una, pur mentre inghiotte,
già pensa al dopo, al poi;
e domina i vassoi
con le pupille ghiotte.

un'altra - il dolce crebbe -
muove le disperate
bianchissime al giulebbe
dita confetturate!

Un'altra, con bell'arte,
sugge la punta estrema:
invano! ché la crema
esce dall'altra parte!

L'una, senz'abbadare
a giovine che adocchi,
divora in pace. Gli occhi
altra solleva, e pare

sugga, in supremo annunzio,
non crema e cioccolatte,
ma superliquefatte
parole del D'Annunzio.

Fra questi aromi acuti,
strani, commisti troppo
di cedro, di sciroppo,
di creme, di velluti,


di essenze parigine,
di mammole, di chiome:
oh! le signore come
ritornano bambine!

Perché non m'è concesso -
o legge inopportuna! -
il farmivi da presso,
baciarvi ad una ad una,

o belle bocche intatte
di giovani signore,
baciarvi nel sapore
di crema e cioccolatte?

Io sono innamorato di tutte le signore
che mangiano le paste nelle confetterie.
("Le golose" di Guido Gozzano



Va bene. Lo so. Torino vuol dire libro, salone e incontri letterari. Eppure, a me, sa di confetterie
Gianduiotti, bicerin, mousse vellutate che si sciolgono in bocca. 
Di vetrine tirate a lucido tra l'ottone che le incornicia, di stucchi neoclassici come riccioli di creme dai nomi francesi, di carta da parati color meringa lisa un pochino nell'angolo, come una sbriciolatura. Vecchie voliere e foto seppiate, specchi grigi con le macchie e sedioline imbottite. 
Torino mi sa di vaniglia. Di biscotti al burro nelle scatole di latta.
La cioccolata in tazza, i vassoi d'argento con le alzatine che traboccano piccole squisitezze in perfetto equilibrio, mi attendono.
Libreria fa rima con... pasticceria, ora che ci penso. 


(pagina d'autore)






mercoledì 17 maggio 2017

Io sono quello che leggo


Il tempo è un fiume che mi trascina,
ma sono io quel fiume;
è una tigre che mi divora,
ma sono io quella tigre;
è un fuoco che mi consuma,
ma sono io quel fuoco.
Il mondo, disgraziatamente, è reale;
io, disgraziatamente, sono Borges.
("Il tempo" di J.L. Borges)


Sono in partenza. Borsa con golf se poi ho freddo, scarpe comode per la mattina, più alte, almeno per la sera, appunti, telefonino, ipad. Biglietto, preso. Libri da leggere in treno? Pure. Un altro festival di parole e persone, un altro salone in cui aggirarsi e che si squadernerà ai miei occhi con tutti i suoi stand e i suoi scaffali come un gigantesco pop up. Infiniti corridoi di libri da percorrere con le scarpe di cui sopra. Sono in assetto giusto: vispa, carica e con sorriso a serramanico, quello pronto da sfoderare con chi non ricordo bene chi è. Ah, se esistesse un file nel cervello dove incasellare, come in un agenda, chi caspita sei, che lo so che ci conosciamo e che ci siamo visti recentemente... Uno scrittore, un ufficio stampa, un editore, un temibile addetto ai lavori che lo dovrei sapere il tuo nome e anche dove lavori, che fai, eppure... Dimmelo tu, fammi capire qualcosa, dammi un indizio mentre io vado di sorriso.
Libri. Scrittori. Lettori.
Torniamo a Borges. Un gioco di specchi che sembra rappresentare il lettore nell'atto della lettura che nel colpo di scena finale diventa l'autore. Anzi, è Borges nel momento preciso dell'immedesimazione con il Borges della poesia. 
Personaggio, autore e lettore.
Semplifichiamo ora a nostra misura: noi siamo quello che leggiamo. 
Siamo fatti di libri. Noi siamo quello che leggiamo.
Siamo lettura fatta di carne e sangue, siamo quel fuoco, quel tempo che scorre come un fiume, siamo noi a mettere, nelle parole di un altro, il nostro vissuto. 
E da algido o cerebrale che sembrava, il gioco, a sorpresa, diventa puro godimento, puro calore.
Sono io quel fuoco.

(Io)