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venerdì 22 aprile 2016

Giornata Mondiale del Libro

Ho del riso
dei libri 
e persino del tabacco.
(Santoka 1882-1940)



- Che vuol dire lavorare a Radio3? 
- Farsi venire un'idea. 
- Tipo?
- Un'idea che si capisca subito, che diverta gli ascoltatori e anche i conduttori. E che non sia già stata fatta, né troppo costosa...
- Tipo?
- Oggi un attore-Don Chisciotte leggerà alcune frasi tratte dal capolavoro di Cervantes che sembrano su misura, perfettamente riferite, ma proprio in sintonia... con il programma che il cavaliere errante interrompe in diretta.
- In diretta?
- Sì. Dall'alba di Primo Movimento - il "Don Chisciotte" inizia proprio all'alba - alla notte di Battiti, Don Chisciotte, in carne e ossa, entrerà negli studi di Via Asiago.
- E "i mulini a vento"? 
- Ci saranno anche loro e a Prima Pagina!
- E Sancio? 
- Lo scambierà per il conduttore di Pagina3.
- E Dulcinea? E i ragli di Ronzinante? E i balsami miracolosi?
- A Radio3 Scienza
- E le ostesse e i nemici tutti???
- Ci saranno, ci saranno. E' la radio. La radio che piace fare a me, quella dove la letteratura è in dialogo con la quotidianità!
- Anche dopo quattrocento anni?
- Già.


(La mia scrivania)








   

lunedì 16 maggio 2016

Lista completa

Ho del riso
dei libri
e persino del tabacco
(Santōka 1882-1940)


Scrivo dal treno mentre al Lingotto di Torino si stanno spegnendo le luci sul Salone di quest'anno. Ultimo giorno. Operai come termiti si aggireranno, minuscoli e frenetici, tra stand da smontare, scaffali da impilare, casse da riempire e ogni pezzetto sarà rimosso.
Il mio trolley è pesantissimo, sembra carico di uranio, altro che monaco zen in viaggio con quelle due cose da portare, me lo sono trascinato stancamente e ora giace, incastrato e gonfio, tra i due sedili del vagone.
Devo completare la lista di cose da tenere a mente di questo Salone. Aggiungo alla precedente: 
- la postazione piena di schermi ed io che li impallavo sempre
- il profumo di lavanda che Michelangelo Pistoletto mi ha spruzzato sul polso
- il caminetto "imperiale" del Circolo della Stampa
- Augias che basta che parla ed è Augias
- l'affetto degli ascoltatori
- Repetti & Cesari dove la "e" commerciale sta per molto di più
- i poeti...
- Antonietta Pastore che mi parla di Akutagawa
- la ridarella a fine serata con Marino 
- Ascoltare Galimberti\Lipperini con Cirri
- una mousse troppo minuscola 
- i "briciopolli" che cercano un posto in scaletta

Anche queste altre cosette:

- i "ciaociao" con persone che ritrovo ogni anno 
- i "ciao come sto" e mai come stai tu
- i non-saluti di persone troppo prese da sé
- i passo dopo, i come stai, i che mi dici, i passi da noi, i non puoi mancare, i ci vediamo 
- i biscotti di Rosanna e le marmellate di Gilda
- un robot che si muoveva autonomamente e un ragazzo in sedia a rotelle che lo guardava 
- questa foto fattami da Roberto. Solo un asoltatore di Radio3 può capire tutto così bene

(Grazie!)

giovedì 25 giugno 2015

Effetto domino

Ho del riso 
dei libri
e persino del tabacco
(Santoka 1882-1940)



Questo il kit di sopravvivenza di Santoka nel suo ormai famoso haiku che uso come sigla per i miei consigli libreschi.

Chi mi segue sa che sono appena tornata da Venezia e che, avendo passato più tempo in treno che con gli amici, ho letto, metà all'andata e metà al ritorno, "Effetto domino" di Romolo Bugaro, che vi consiglio.
Non c'è una storia. Se cercate la storia, l'inizio o la fine di qualcosa, cambiate libro. Se invece volete farvi un giro in un mondo che magari non vi appartiene, che solo sfiorate o magari snobbate o giudicate... benvenuti! Benvenuti in quel Veneto, in quel padovano, sotto quei capannoni industriali, nelle campagne urbanizzate, nei locali bui e opalescenti con luci strobo e apericena. 
Leggere Bugaro è come il viaggio in treno che sto facendo, un frecciarossa che punta ai 300 chilometri all'ora proprio tra quelle campagne, e con vagoni che mi sembrano popolati anche dai suoi personaggi che, come un "effetto domino", nel libro agiscono uno sull'altro.
Benvenuti tra le persone che non ci piacciono, detestabili, ma che hanno tutte il loro pezzetto di non-storia da raccontare.
E benvenuti in mezzo a quei personaggi che uno di solito "salta", quelli che non interessano, su cui un autore vola via con una frase al massimo e l'attenzione del lettore dura un battito di ciglia. Ma Bugaro si ferma, placa una piccola inutile folla di questuanti davanti a una scrivania qualsiasi, freeza tutto e mette a fuoco. Loro:

"Sono uomini di sessant'anni con abiti scuri un po' usurati dalle lunghe giornate alla scrivania e donne di quarant'anni con tacchi molto impegnativi che mettono in tensione i muscoli del polpaccio e ragazzotti di venticinque anni con cravatte troppo lunghe o troppo corte, e tutti spingono, sgomitano, spintonano, senza misericordia per guadagnare terreno. Piazzare il loro fascicolo sulla scrivania del giudice, una donna dal viso duro e risentito che rifiuta ostinatamente di distogliere lo sguardo dal monitor del computer e posarlo sulla folla di sgomitanti a mezzo metro di distanza."

E poi lei, un giudice, personaggio marginabilissimo:

"Lei non darà corda, non lascerà spazio, lei odia quell'assenza di ordine e compostezza e dignità, tanto più dopo che si è vista franare addosso trecento e passa fascicoli di Coletti, dopo che il presidente si è rifiutato di assegnarle il nuovo uditore, dopo che Matteo è ripiombato nel suo malessere strisciante, cioè la paura di salire sull'autobus e sul tram, la paura di varcare il portone della scuola, - malesseri originato dal fatto che il padre non lo cerca, non gli telefona, non ricorda minimamente di avere un figlio - e lei è stanca di tutto questo, non ne può più, infatti si farà trasferire in un'altra sezione, un altro Tribunale, o meglio ancora, si licenzierà."

Luoghi di passaggio come bar, uffici, o discoteca: "siede sul cuscino cerato bianco, resistente all'umidità, alla pioggia, alle cinture ruvide, alle borchie appuntite, ai cocktail rovesciati, alle bruciature, a tutti loro". Persone di passaggio: "conosce lo sguardo delle donne avute per breve tempo, in un passato più o meno lontano, e poi perse di vista. Quel misto di complicità residua, curiosità distante, ironia difensiva". Donne definitamente spente, dalle dita con il french-manicure sul bicchiere, il massacro in palestra, le diete bio e uomini in spegnimento: "aveva preso per mano i suoi fornitori, gente con operai da pagare e famiglie da mantenere, e li aveva condotti nel luogo dove lui stava andando".

L' "Effetto domino" è l'unica forza inerziale rimasta in un cosmo fatto di particelle elementari che ogni mattina si alzano, si vestono e si truccano, comprano macchine e telefonini potenti. 
Piccole stelle inutili che vanno in default, in "sofferenza segnalata" per poi inevitabilmente implodere. 
Piccole detestabili pulsar senza né scopo né colore che Romolo Bugaro raccoglie per quei lettori, come me, che apprezzano storie dove non c'è molto da raccontare








martedì 3 febbraio 2015

Ho dei libri!

Ho del riso
dei libri
e persino del tabacco
(Santoka 1882-1940)




La voce di uno scrittore serio continua nel tempo, ad ogni incontro su carta, ad ogni sua storia. Non conosce generi, commissari o plot sorprendenti. Una voce seria può anche non raccontare nulla ma dire tantissimo. E sconvolgerci, farci male.
L'attenzione al dettaglio e la precisione stilistica di Giorgio Falco ha del mistico. Come la sua ossessiva raccolta di particolari, il suo archiviare i giorni, gli anni, le epoche come in "una cartolina mai spedita che doveva essere dei primi anni Ottanta del Novecento", il suo avvicinarsi scoprendo poco a poco la tramatura delle cose fino all'ingrandimento violento di un particolare apparentemente inutile e ora sconvolgente.
Se dovessi collocarlo in una biblioteca ideale, ordinata per affinità, lo metterei vicino a Ora serrata retinae del poeta Valerio Magrelli. Ma qui si tratta di una libreria tutta mia e il discorso andrebbe troppo divagando.  
Mi soffermo su questo Condominio Oltremare, edito dalla casa editrice L'Orma, e voglio estrarre anche io un elemento su tutti gli altri, e ingrandirlo per voi: quello del dialogo tra la narrazione di Falco e le fotografie di Sabrina Ragucci. E' parente stretto del precedente L'ubicazione del bene di Einaudi, questo Condominio Oltremare che sembra il luogo di villeggiatura di chi abitava lo straniante sobborgo suburbano, periferico a non si sa più cosa, che Falco chiamava Cortesforza. 




Ma questo è un libro-installazione, un'esperienza visiva e narrativa molto originale a due voci, e segna un altro passo nella ricerca di una "ubicazione" possibile.
Il testo entra nelle foto e le foto entrano nelle parole del testo non in modo didascalico o accessorio. Falco e Ragucci, l'uno con la scrittura, l'altra con la fotografia, dialogano di luoghi dettagliati e enigmatici che suggeriscono al lettore deja vu, vecchi fatti di cronaca, esperienze passate che ancora galleggiano nelle teste. 
E' un dialogo fatto a monologhi, di voci distinte che parlano in parallelo di esperienze comuni sovrapponendosi e completandosi.
Arriviamo in fondo alla pagina, la giriamo, e appare la foto con il suo controcanto sorprendentemente poetico, sonoro, nitido. 
Queste due voci, così serie e precise, vogliono dirsi qualcosa? Vogliono dirci qualcosa? 
E' possibile rendere anche visibile la malinconia di una sensazione? Raccontare un posto nostro come fosse di tutti? E un posto di tutti come il nostro? Localizzare con la scrittura ed evocare con la fotografia? Trovare un'ubicazione allo spaesamento?
Con linguaggi artistici diversi Ragucci e Falco parlano la stessa lingua.
E a me dicono moltissimo.




mercoledì 30 dicembre 2015

Ho dei libri 2015!

Ho del riso
dei libri 
e persino del tabacco.
(Santoka 1882-1940)



Il mio libro dell'anno non è uno solo ma l'opera omnia della scrittrice francese Annie Ernaux.
L'ho scoperta con "Il posto" e ritrovata con "L'onta".
Se la sua scrittura, in quanto a sobrietà e nitidezza, aveva un elemento zen in quella sottrazione stilistica che mi ha immediatamente folgorata, ne "Gli anni", uscito nel 2015 per L'Orma, questo suo sguardo semplicemente fisso sulle cose, questo suo inesorabile cercare "un posto" nel mondo, diventano qualcosa di nuovo. Eppure rimane sempre la stessa cosa, la stessa voce.

"Gli anni" di Annie Ernaux è un poetico, lancinante tentativo di mettere ordine nel caos per poter ricordare, per sottrarre alle tenaglie dell'oblio le cose vissute e passate. Le cose finite e morte.
Con meticolosità ed efferatezza rare Ernaux tenta di raccogliere istanti per offrirli al lettore uno per uno, come fossero fogli sparsi di un calendario che ora appositamente ricostruisce.
L'espediente narrativo è l'alternanza della descrizione di una vecchia foto, che sembra che le capiti quasi per caso tra le mani, come estratta da un mucchio disordinato, all'elencazione degli episodi storici e micro storici che "vivevano" intorno a quella stessa foto.
Un elenco freddo, lungo, preciso. Fatti, date, persone e avvenimenti sono lo sfondo di Annie Ernaux bambina, adolescente, vecchia. Una donna che guarda l'obiettivo e che si guarda. E si guarda mentre si mette in posa per chi la guarderà.
E che riesce anche ad allargare il campo ampliando la visuale per noi.
Vedete lettori? C'è un piccolo mondo, con le sue aspirazioni e con le sue frustrazioni, poi la società, poi c'è la Storia. Vedete? Un infinito gioco di specchi.
Sono anni, e capodanni, che passano uno dopo l'altro ed Ernaux dice e fa sempre la stessa cosa in ogni suo libro. Sempre la stessa cosa.
Ernaux, nella sua scrittura-istallazione, offre una visione e un sentire universali. Quello che descrive mi appartiene anche se non le sono vicina per esperienze o per generazione, tutta quella vita che respira e palpita intorno a quelle foto, è anche mia. 
La sua inesorabile ricerca, anno dopo anno, può essere anche la mia.

(Anno 2015)

mercoledì 21 dicembre 2016

5 libri di poesia - Natale 2016

Ho del riso
dei libri
e persino del tabacco
(Santōka 1882-1940)

Questa è la lista natalizia dei libri che metterei sotto l'albero di coloro che mi leggono, l'ho stilata facilmente, è bastato pescare dalla mia libreria. Badate, però, è una lista incompleta, fatta al volo, e sempre, inesorabilmente, in perenne costruzione.
E' questa, e ve la illustro con gioia, ed è tutta poetica.
Sono cinque testi che amo, vecchi, nuovi, non importa, tra i grandi autori mi permetto di aggiungerne uno più "piccolo", nella "mia" lista. E impilando i libri per la foto scopro una caratteristica comune ai cinque testi: il tempo.


- Mark Strand "L'inizio di una sedia", Donzelli (trad. Damiano Abeni)
E' il tempo di una giornata. Ovvero della possibilità di osservarla attraverso le sue ore, una dopo l'altra.
Serenità o disperazione? Per me Strand è come se avesse un passo leggero, lo immagino, tra le persone o le cose, felpato. Ma è il suo sguardo distante a colpirmi.

Era l’inizio di una sedia;
era il divano grigio; era i muri,
il giardino, la strada di ghiaia; era il modo in cui
i ruderi di luna le crollavano sulla chioma.
Era quello, ed era altro ancora; era il vento che azzannava
(...)


Antologia palatina. Tutte le poesie d'amore, a cura di Guido Davico Bonino, Einaudi
E' il tempo eterno.
Possibile che questo qui, morto nel 300 a.c. e passa, provi tutto questo...amore? Come quello nostro, qui, che proviamo noi oggi? Possibile che il suo sentire sia il mio, il suo sospiro sia il mio, il suo desiderio identico al mio?
E prendono vita, leggendoli, autori antichi e persi nel tempo e ogni epigramma restituisce al suo autore capelli, odore, sapore, occhi.

Ora sei bello, che hai per chi t'ama l'età. Ma se pure
sposi, Diodoro, non ti lascio mai


- Peter Handke "Canto alla durata", Einaudi
E' il tempo sospeso. Una meditazione  filosofica in forma di poemetto:

(...)
e mi venne così di descrivere
la sensazione della durata
come il momento in cui ci si mette in ascolto
il momento in cui ci si raccoglie in se stessi
in cui ci si sente avvolgere
da cosa? da un sole in più,
da un vento fresco,
da un delicato accordo senza suono
in cui tutte le dissonanze si compongono e si fondono insieme.
“ci vogliono giorni, passano anni”
Goethe mio eroe
e maestro del dire essenziale,
anche questa volta hai colto nel segno:
la durata ha a che fare con gli anni

con i decenni, con il tempo della nostra vita
(...)


- Guido Gozzano, Tutte le poesie, Einaudi
E' il tempo passato, irrimediabilmente passato anche quando lo si vive.
Il tempo di farfalle. E di acciottolìo, di ricordi, di manine, di confetterie. Il grande temperamento costretto nel fisico fragile, la morte a soli trentadue anni

Un fluido investe il torace, frugando il men peggio e il peggiore
trascorre, e senza dolore disegna su sfondo di brace

e l'ossa e gli organi grami al modo che un lampo nel fosco
disegna il profilo d'un bosco, coi minimi intrichi dei rami
(...)

E poi il viaggio in India all'inizio del novecento, già malato, e ancora la sceneggiatura di un film.
Un eterno ragazzo che mi ha insegnato ad amare la vita e la morbidezza voluttuosa delle parole.


- Francesco Targhetta "Perciò veniamo bene nelle fotografie" ISBN
E' il tempo "precario", quello trascorso nei call center e al bar per l'aperitivo.
Il tempo della giovinezza come per i tanti eroi minimi che vediamo in giro aggrappati al telefonino, con il tatuaggio e lo sguardo triste o quelli che partono, se ne vanno via, sogni e specializzazioni in tasca

.  senti, come una pioggia,
dall'auto e il finestrino abbassato,
il sapore del pino e della gaggia
mescolarsi al tarassaco di marzo,
al bicarbonato, al denso smog
screpolato sui muri
e su case con parabole in terrazzo,
        e poco vale leggere
pubblicità per averne indicazioni
sulla propria dispersione, perché
siamo dappertutto, ma più che altrove
nei bar per gli immigrati, in cabine
telefoniche reduci di guerra,
negli aerei di compagnie low cost
che falliscono nel pieno di un volo,
e ci sovrastano, a qualunque ora,
facendo angoli di quaranta gradi
   con i nostri tragitti provinciali -
ma essere fiacchi è un lavoro per altri,
che a farlo ci troveremmo spacciati,
come gli uccelli contro le barriere
                   lungo le tangenziali.
Perciò percorri queste praterie
di outlet e benzinai self service:
per andarti a conquistare, al di là
di quaranta chilometri
             di frazione secessioniste,
uno spazio per caso svuotato
da una prof ruzzolata dal bus.
-






venerdì 27 marzo 2015

Ho dei libri!

Ho del riso
dei libri
e persino del tabacco
(Santoka 1882-1940)



Ve lo assicuro, lettori del Dailyhaiku. Se apprezzate questo blog, lo spirito di questo mio strano calendario poetico, non potete farvi sfuggire questo libro: L'arte di collezionare mosche di Fredrik Sjöberg edito da Iperborea (QUI).
Perché ne sono così sicura? Sentite un po'...

Guardare la realtà attraverso gli occhi di un entomologo è il viaggio che questo inclassificabile libro (saggio - autobiografia - romanzo di formazione) ci propone. Quando poi gli occhi dell'autore sono sfaccettati come quelli dell'oggetto del suo collezionismo scientifico... è puro godimento! E quando la grazia del racconto si alterna a divagazioni colte e ironiche diventa la perfezione assoluta se ci si vuole tuffare in una lettura diversa dalle altre, ronzante e curiosa come una mosca. Un sirfide, per essere precisi.




Sul mondo degli insetti in letteratura, da Virgilio a Kafka fino alla Vispa Teresa, si è detto e scritto in abbondanza. David Cronemberg e David Linch hanno contribuito a rendere mosche e coleotteri fascinosi e conturbanti. Quell'altro genio di Jan Fabre le ha sadicamente incollate su meravigliosi rosoni iridescenti. E Rimskij-Korsakov con il suo calabrone in musica, fino all'inarrivabile tolleranza dei nostri poeti zen, miti osservatori di pulci, farfalle, pidocchi, grilli e mosche.
E allora cosa rende questo libro speciale? La curiosità "moschina" del suo autore e quella generata nel lettore. L'originale capacità di osservarsi come farebbe un entomologo, appunto, nell'affannato tentativo di aggiungere un tassello in più a una ricerca che sa di infinito. Sapete quante specie di insetti esistono? Milioni e milioni. Di queste centinaia di migliaia appartengono all'ordine dei ditteri, le mosche appunto e solo in Svezia, punto di osservazione di Sjöberg, ci sono 4424 tipi di mosche. Tra cui, finalmente, i sirfidi!
Ecco che l'autore, circoscrivendo sempre di più il suo campo di osservazione, limitandone via via i confini, arriva a setacciare, in modo proficuo per la sua ricerca, un minuscolo isolotto svedese. Sarà il suo giardino a diventare teatro di una super trappola per sirfidi. La trappola di Malaise, avventuroso, e misconosciuto ai più, eroe assoluto del libro.

Lo sguardo, il nostro, diventa a 360 gradi su entomologia, biologia e letteratura. Sjöberg ci dice che la ricerca è possibile anche se il punto di vista è ristretto e il porsi dei limiti, analizzandosi e circoscrivendo passioni e ossessioni, può essere un metodo. Un metodo per procedere nella conoscenza scientifica e nell'esistenza. 
Ora scusatemi, la pianto qui. Volo, è il caso di dirlo, a cercare il racconto di D.H. Lawrence che Fredrik Sjöberg cita a un certo punto, ma non prima di avergli dedicato questo piccolo haiku del monaco zen Shiki che sull'osservare il mondo, da un punto di osservazione angusto, ne sapeva eccome!
Eccolo:

La mosca in autunno
tutti gli acchiappamosche
sono rotti
(Shiki 1867-1902)