solo sulla punta
l'ultima luce della sera
(Akutagawa 1892-1927)
Tagliente come questo haiku di Akutagawa.
Della scomparsa di Tommaso Labranca l'ho appreso da FB, fatto che non lo stupirebbe (ho avvisato in redazione, l'abbiamo ricordato in onda) e un po' lo disgusterebbe.
Cantore di anni dopati e fluo, eccelso mischiatore di tutto e tutti, di alto e di basso, non saprà mai quanto mi dispiace.
Un giorno lo avvicinai come farebbe una fan scatenata, una coatta fissata di Michael Jackson o di Baglioni - il mio lavoro ha anche questo di bello, sì, posso fare la fan - e lo investii con tutti i complimenti possibili sul suo romanzo 78.08. appena uscito. Laurapalmer di nome, attaccato, e Antonio Maniero, come dimenticarli!?
Con 78.08 - che titolo, ma esiste un titolo meno seduttivo per un lettore di questo? - ti ho amato, Labranca. E sono risalita, da quella memorabile febbre del sabato sera che raccontava nel suo romanzo, a ritroso, agli altri tuoi libri. Memorabile il saggio sul neo-proletariato, storia di una classe sociale trasversale, che da Marx è passata a Max (Pezzali) in un colpo, la stessa che, anni più tardi, Walter Siti avrebbe raccontato nei suoi romanzi.
Mi fa tanta tristezza che non ci sia più. E aggiungo, quasi per contrasto, che gli devo le uniche risate a sganascio che mi sono fatta nella mia vita leggendo qualcosa.