martedì 16 aprile 2019

Notre-Dame


Noi agitiamo quest’acqua. In essa le nostre mani si cercano,
Talvolta si sfiorano, forme spezzate.
Più in basso, è una corrente, è qualcosa d’invisibile,
Altri alberi, altre luci, altri sogni.

E guarda, sono anche altri colori.
La rifrazione trasfigura il rosso.
Era un giorno d’estate? No, è il temporale
Che “cambierà il cielo”, e fino a sera.

Noi immergevamo le mani nel linguaggio,
Vi afferrarono parole delle quali non sapemmo
Che fare, non essendo che i nostri desideri.

Noi invecchiammo. Quest’acqua, nostra trasparenza.
Altri sapranno cercare più nel profondo
Un nuovo cielo, una nuova terra.
("Le nostre mani si cercano" di Yves Bonnefoy)

Guardando incredula la televisione mi sentivo parte di un unico sospiro, di un unico singhiozzo, e capivo meglio il famoso, e violentato, concetto di identità. L'identità è nel panorama condiviso, nei ricordi che ci riguardano e in quelli raccontati, quel fine settimana a Parigi, ad esempio, anche se non sono francese, ha reso mia quella cattedrale. E allargando l'inquadratura, mentre crepitavano le fiamme, la sofferenza diventa comune, e umana, Noi immergevamo le mani nel linguaggio, anche se quelle pietre di marmo merlettate non le abbiamo mai viste, anche se quell'incendio lo osserviamo dall'altra parte del globo. Il dolore è identico. Ci sono momenti tragici in cui ci si percepisce umani e basta, forse è l'unica cosa sensata di tutto questo.


(Sotto lo stesso cielo)

venerdì 12 aprile 2019

Dino Campana



In un momento
Sono sfiorite le rose
I petali caduti
Perché io non potevo dimenticare le rose                                          
Le cercavamo insieme
Abbiamo trovato delle rose
Erano le sue rose erano le mie rose
Questo viaggio chiamavamo amore
Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose          
Che brillavano un momento al sole del mattino
Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi
Le rose che non erano le nostre rose
Le mie rose le sue rose
(Dino Campana)


Un'ascoltatrice mi ha scritto su FB che l'ultimo regalo che le fece suo padre prima di morire, l'ultimo viaggio, fu proprio una raccolta di Dino Campana. Il fumetto con quelle due righe di messaggio, come un petalo, continua come a dondolare lievemente sugli altri che via via si sono depositati sulla mia pagina. 
Le rose sfioriscono, i petali cadono ma non si dimenticano le rose che cerchiamo insieme anche se non sono le nostre rose.
Viva Dino Campana.

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(Il "faticoso verde")




mercoledì 10 aprile 2019

Buon compleanno Claudio Magris



Ho attraversata tutta la città.
Poi ho salita un’erta
popolosa in principio, in là deserta,
chiusa da un muricciolo:
un cantuccio in cui solo
siedo; e mi pare che dove esso termina
termini la città.

Trieste ha una scontrosa
grazia. Se piace,
è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore;
come un amore
con gelosia.
Da quest'erta ogni chiesa, ogni sua via
scopro, se mena all'ingombrata spiaggia,
o alla collina cui, sulla sassosa
cima una casa, l'ultima, s'aggrappa.
Intorno
circola ad ogni cosa
un'aria strana, un'aria tormentosa,
l'aria natia.
La mia città che in ogni parte è viva,
ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita
pensosa e schiva
("Trieste" di Umberto Saba)


La scontrosa grazia dei triestini, se sapeste come la conosco! Stamattina, al GR che lo festeggiava, Claudio Magris diceva le sue belle cose sempre precise, penetranti come il suo sguardo da vecchio lupo. E a fine intervista concludeva che per lui, la vita, consiste anche in un tuffo in mare.
Festeggio gli ottanta anni di Claudio Magris, esempio di vita pensosa e schiva. Ma non parlerò certo delle sue opere, delle volte in cui l'ho ascoltato in trasmissione o ai festival, dei suoi articoli o della sua illeggibile grafia. Preferisco proporvi la foto, mentale, di un momento, di quando l'abbiamo incontrato con Mauro quella volta a fine maggio. Eravamo a Barcola, il mare pop di Trieste, che ti permette un tuffetto in mezzo alla giornata di afa, magari tra una lezione e l'altra all'Università, tra la pineta e l'acqua. Barcola non costa troppa fatica e mi piace per questo. (Amo la comodità, le estati semplici, amo il mare a portata di mano, che ti arriva fin sotto casa e non devi scaruparti per chilometri sotto il sole alla ricerca, vana, di uno scampolo vergine senza esseri umani. A me piacciono gli esseri umani, ma sarebbe lunga, e i triestini barcolani sanno bene cosa voglio dire).
E così, ho ripensato a quel momento di qualche estate fa. E a quel bel signore elegante col suo costume speedo nero, che si leva dall'asciugamano per rispondere al saluto del suo vecchio allievo con cui scambierà due "ciàcole in triestìn". Mentre parlavano, non capivo nulla o quasi, pensavo solo questo: quindi Magris, proprio quel Claudio Magris, il germanista,  l'autore di Danubio e tutto il resto, si fa il bagno in mare e prende pure il sole.
Evviva!


(come Magris)






  

sabato 6 aprile 2019

Considerazioni di un sabato mattina


I soldi, mi credevo superiore
pensavo mi bastasse il batticuore.
Ma nella povertà
c'è questa verità,
che scopri quanto costa il buonumore.
(da "Le nuvole e i soldi" di Tiziano Scarpa)


Come italiani siamo così abituati a stare così come stiamo, convivendo garruli con la minaccia del debito pubblico, che non ci rendiamo più conto di nulla.
Alcuni studi economici sostengono che il debito pubblico è alto come se il Paese fosse appena uscito da una guerra. Ora che ci siamo, in recessione, neanche ci chiediamo cosa potrebbe accadere se mosse poco accorte di questo loquace governo o di uno futuro, facessero salire ulteriormente gli interessi.


(Le nuvole e i soldi)



venerdì 5 aprile 2019

Simone di Torre Maura


Cristo ogni tanto torna
se ne va, chi l'ascolta...
il cuore della città
è morto, la folla passa
e schiaccia - è buia massa
compatta, è cecità...
(Ne "Il terzo libro e altre cose" di Giorgio Caproni)

E c'è un ragazzo di quindici anni che affronta con mitezza un gruppo di uomini fatti. Non succede nel tempio ma a Torre Maura, e quelli là, i rasatoni dall'aria truce, non sono i dottori a cui esporre le sacre scritture. Simone offre le sue ragioni, senza slogan o giri di parole (clicca QUI per il video). "So' de Torre Maura e non so' d'accordo. Volete solo i voti". E parla senza alzare la voce, non abbassa lo sguardo. E quelli rimangono lì, disintegrati ai suoi piedi, sopraffatti dalla loro miseria. 

(Parabola urbana)