giovedì 19 aprile 2018

Voce vocetta


Infagottata
vado urtando nel freddo
figli non miei.
(Momoko Kuroda 1938)


In un tempo lontano qualcuno mi badava, preparava alle cinque la merenda e la frittatina per la cena. E mi rimboccava le coperte e poi spegneva la luce. Oggi che mi faccio tutte queste cose da sola, penso a quel tempo e a questo qui. 
"Figlia mia" sono io, lo dico a me, e allora mi compro un gelato, mi macchio e mi asciugo col polsino. Tutto come allora, quasi tutto. E' nel buco di quel "quasi" che sento a volte un'eco, come una voce vocetta che risponde da lontano, che risponde al mio ciao. 
Ci penso su. Mi fermo. Mi commuovo, mi asciugo con il polsino di prima. E ricomincio la mia bella passeggiata.

(io)



mercoledì 18 aprile 2018

Governo



L'ho dormita tutta la sbronza
mi distendo
nella sorgente calda
(Santōka 1882-1940)
La metafore, più o meno insulse, fanno cortocircuito dentro e fuori di me. 
Ha ragione Santōka , c'è da ubriacarsi veramente.

(pratica zen)  


martedì 17 aprile 2018

Scuola di scrittura


Molto era in quell’alba, in quell’albergo, nella carta
che mostrava l’acqua dura del muro e del soffitto.
Tutto, forse il senso del mondo, era nel singhiozzo di lei
con la nuca che batteva contro il letto
e nel gesto di lui
che le avvolgeva i seni nel lenzuolo.
Fuori cresceva il giorno
innaturale, come lo stelo di ferro della lampada
scosso a lungo con ira quando il corpo dell’altro era più solo.
("Quello che dell’amore resta" di Antonella Anedda)


I protagonisti di Munro, per esempio, come questi due amanti nei versi di Anedda, non sono caratterizzati, non vengono descritti al lettore. La ruga, le spalle, la sciarpa verde non ci sono, sono dettagli superflui che avrebbero ingombrato lo spazio. Ci pensiamo noi a immaginarli, a farli nostri. A imprimerli.
Molto era in quell'albain quell’albergo, nella carta 
Ed è così che i personaggi è come se si stagliassero, ritagliati dall'autore nel paesaggio di un libro o di una poesia, e noi li rendessimo riconoscibili ovunque. E per sempre.


lunedì 16 aprile 2018

I neopolitici



Stanco di tutto ciò che viene dalle parole, parole non linguaggio,
Mi recai sull’isola innevata.
Non ha parole la natura selvaggia.
Le sue pagine non scritte si estendono in ogni direzione.
Mi imbatto nelle orme di un cerbiatto.
Linguaggio non parole.
(Tomas Transtromer)


Ascoltare le parole vacue e dissennate dei neopolitici, i loro progettini a breve termine, le loro possibili alleanzucce, i loro pauperismi da tweet. Vagoliamo annebbiati, e immemori, nel frastuono di un quasi governo senza numeri e, miracolo italiano, mentre Berlusconi resuscita, Salvini diventa uno di noi.
  
(che palle)

venerdì 6 aprile 2018

Passeggiata minuscola


Il tuo più tenue sguardo 
facilmente mi aprirà 
benché abbia chiuso me stesso 
come dita  
sempre mi apri petalo per petalo 
come la primavera fa 
toccando accortamente
misteriosamente la sua  
prima rosa  
e io non so quello che c’è 
in te che chiude e apre 
solo qualcosa in me
comprende che è più 
profonda la luce dei tuoi 
occhi di tutte le rose  
Nessuno… neanche 
la pioggia ha… 
così piccole mani
(E.E.Cummings)


Di E. E. Cummings, anzi, ricomincio. 
Di e. e. cummings amo molto quel piccolo suo snobismo di firmare il foglio usando il minuscolo. Mi piace molto, come mi piace la mia minuscola passeggiata di primavera.
Una mezzora a piedi che mi impongo ogni due o tre giorni - poi mi mancherebbe troppo il motorino - per raggiungere la redazione e stanarmi dalla pigrizia.
Procedo tra il fiume e i runners non troppo velocemente, senza correre. Scorro.  
Un anziano, da solo, passeggia serio con il giornale sotto braccio, pronto per squadernarselo sulla panchina dopo quel cespuglio. Due donne di età indefinibile, lanciate nell'eternità e fasciate nelle tutine fluo, muscoli scolpiti, fanno stretching sul muretto. Un cane annusa qualcosa di imperdibile nell'aria mentre un badante filippino spinge la carrozzina del vecchio pallido che sorride fisso. Una ragazza rom, gonna lunga e quello sguardo, ciabatta vicino un cassonetto e con un ferro lungo aggancia qualcosa. 
Ecco il casottino delle bici a noleggio con i cani dallo sguardo dolce alla catena, ecco nel cielo la "v" dei pappagalli, la vedo che attraversa la sponda e poi la riattraversa ancora, ascolto lo squittio isterico che le fa da sigla, sulla riva un gabbiano e un coro di cornacchie perlustrano i rifiuti che il fiume regala. Una scarpa da ginnastica, un giocattolo, una ghiotta cartaccia di patatine... Scorrono i due ragazzini abbracciati e che, da come si sbaciucchiano, oggi non andranno a scuola. Lei ride, lui ha il ciuffo altissimo e le fa i dispetti per dire ti amo. La sento addosso la mia primavera romana, la annuso, mi scaldo al suo quasi tepore.
Non corro. Scorro. 
Sono un fotogramma di una lunga pellicola che scorre, scorre, scorre e ci sono anche io nel mio piccolo film.

(Fotogramma)