mercoledì 3 febbraio 2016

Biblioteca Girolamini

I colori escono in cielo
e svaniscono
bolle di sapone tra le macerie
(Kaneko Tota  1919)


Solo lo straniante Kaneko Tota, impiegato e poeta giapponese a noi contemporaneo che guarda alle nostre cose con capacità chirurgica, può osservare cosa sta succedendo alla Biblioteca dei Girolamini a Napoli (QUI) senza accasciarsi. Ogni crepa sul muro, ogni libro trafugato, ogni prezioso dipinto consegnato all'incuria, ogni ricciolo ligneo staccato, ogni vetro caduto, ogni mattonella scheggiata sono bolle di sapone tra le macerie.
Questo patrimonio culturale che conta 150mila titoli, 5mila cinquecentine e numerosi manoscritti tra cui 6500 composizioni e opere musicali, amato e consultato da Benedetto Croce e da Giambattista Vico e, ai giorni nostri, da Marino Massimo De Caro e Marcello Dell'Utri (leggi QUI), sarebbe, sarebbe, un nostro tesoro. 
Di ognuno di noi. Proteggiamolo. Stringiamoci forte, facciamo barriera contro il decadimento culturale e facciamolo conoscere. 


(speranze)






lunedì 1 febbraio 2016

86mila

La pioggia notturna
suona una campana che dice:
"Tu non dormirai"
(Soseki 1867-1916)


La notizia è di oggi è veloce: nel 2015 sono arrivati in Europa 86mila minori non accompagnati.

Fino a quando non ho visto una mostra dedicata interamente a lui, fino a quando non l'ho conosciuto attraverso alcune installazioni al museo Gropius di Berlino un paio di anni fa, Ai Weiwei lo consideravo al massimo un guascone dell'arte contemporanea. Uno di quei pupazzi strapagati frutto di un super fraintendimento globale, pronti a darsi per un mucchio di dollari alla prima causa umanitaria. Sono uscita dal museo coda tra le gambe con il mio preconcetto inghiottitto come un boccone amaro. Ho conosciuto un gigante, solo questo, e non starò qui a raccontarvi proprio io tutto quello che ha fatto, la lotta sulla sua pelle contro il regime di Pechino, la reclusione in una cella diventata poi opera d'arte, l'attivismo ostacolato con ogni mezzo, il suo lavoro sul concetto di svendita delle antiche tradizioni cinesi attraverso le biciclette appese, la giada, o i vasi non più di fine porcellana ma cromati come ricche Mercedes... Ai Weiwei che è lo stesso che si posta su Youtube mentre balla il tormentone coreano Gangnam Style. 
Tanto è tutto on line fortunatamente, no. Non voglio fare lezioni di arte contemporanea proprio io che non lo avevo capito, no e non ci casco. 

Voglio solo contemplare questo numero con voi ancora un poco: 86mila.

Sembra già da solo un'istallazione pensata da qualcuno per farci ragionare, per spingerci a scegliere da quale parte stare. Nella zona del mercato, dell'opportunità, del razzismo - zona sempre meglio recintata - o in quella di un mondo diverso finalmente liberato da tutto questo?
86mila.
Ai Weiwei ha scelto. Questo gigante cinese con lo sguardo impenetrabile da fumetto anni quaranta, ha realizzato una delle sue opere più belle. La possiamo vedere tutti, è sotto i nostri occhi. Ha semplicemente scelto di chiudere i battenti anzitempo del museo di Copenhagen, che ospita i suoi lavori, per protestare platealmente contro le politiche danesi in materia di diritto di asilo. E poi è partito. 
E' andato a Lesbo e ha fatto questa foto in memoria del piccolo Aylan Kurdi. Ha poggiato la sua guancia sulla stessa sabbia.

Combattendo per l'idea che non lo fa dormire ci fa stare lì con lui, diventiamo Ai Weiwei che diventa Aylan e l'arte diventa meglio di qualsiasi dibattito, di qualsiasi soluzione a tavolino, di qualsiasi compromesso con le nostre coscienze di esseri umani. 
Di qua o di là?  
Tu non dormirai, dice l'haiku.



venerdì 29 gennaio 2016

Alcazar

Me ne vado -
in una striscia di sogno
la Via Lattea
(Sōseki 1867-1916)



Leggo che negli ultimi dieci anni hanno chiuso mille sale cinematografiche in tutta Italia. Mille luci spente. 
Clic. Clic. Clic.Clic. 
E noi siamo tutti più grigi perché le città con i cinema, con quel tipo di cinema, quelli con una programmazione ricca e internazionale, hanno più finestre sul mondo. 
Mille cinema in meno sono mille possibilità in meno per scoprire un autore, un festival, per ascoltare gli attori nella loro lingua senza essere doppiati, per vedere documentari, assistere ai dibbbbbattiti. Sì. Avete capito bene. Amo i dibbbbbattiti. 
Per quanti bingo in più? Quanti bancomat al posto del botteghino rosso e nero? Quanti tavoli di risto-pizza al posto delle poltrone? Quanti compro-oro al posto di Kurosawa o di Fellini o di un nuovo regista che scoprivamo, insieme, ogni volta? 
La striscia di un sogno.

Leggo che anche l'Alcazar non ce la fa e che dovrà chiudere dopodomani. A molti dirà poco ma per me, l'Alcazar,  quel cinema trasteverino dal nome esotico come un tappeto volante, era il divano di casa mia. E si volava ovunque dall'Alcazar. Altro che multisala. Era un pezzo di casa di noi che amiamo il cinema, di noi che amiamo scegliere cosa vedere e non essere scelti da un algoritmo che ci propina i film a casa, che si attaccano come cookies ai nostri schermi, ai nostri occhi tristi formato netflix.
E poi cari amici e care amiche che mi ammorbate con le serie che vi vedete per ore, per giorni, che mi asfissiate con personaggi fichissimi che, vi giuro, non mi interessano, che mi blaterate di "sceneggiature da fare invidia al cinema" e di storie incredibili che non ho un'idea, vi chiedo: perché lo fate? 
E un tempo mi parlavate di cinema d'autore, andavamo tutti al Metropolitan in via del Corso, ma ve lo ricordate? Vi ricordate che bella la sua insegna? Solo per quella meritava il biglietto. 
E mentre state tappati in casa, fuori, il cinema Aurora è diventato un hotel, il Rivoli e l'Ovelook sono chiusi da sempre, l'Alfieri è stato trasformato in Chiesa Evangelica, il Luxor in un supermercato, l'Holiday, il Golden, L'Induno...
Erano divani di casa mia, di casa nostra. 


(buio in sala)


   

giovedì 28 gennaio 2016

Vedo nudo

Brezza autunnale:
per me, né Dèi,
né Buddha.
(Shiki 1867-1902)




"Shiki santo subito" se solo non gli facessi un dispetto! Né Dèi, nè Buddha anche per me, grazie!

La Venere Esquilina, che già del nome ne ha viste di tutti i colori e forse è pure per le famiglie arcobaleno, il Dioniso degli Horti Lamiani, che in quegli Horti si infrattava di sicuro, ora posano, occhi bassi, con una pezza di cartone sulle pudenda. 
Chi ha pensato di "imborghesirli" così? Chi ha pensato di portarli sulla retta via agli occhi dell'ospite Rouhani? 

Devo dire che viene da ridere riflettendo su questo nostro atteggiamento zelante, più realista del re. E fa ridere pensare alle statue rivestite, al ministro che cerca un colpevole, al primo ministro che lo esige entro 24 ore, al putiferio che si è generato
Eppure se fossimo in un mondo serio, senza complessi, se le culture si rispettassero, se i valori laici fossero equiparati ai credo religiosi (perlomeno equiparati!) sarebbe stato solo un gesto di rispetto. Lezioso, forse esagerato ma di rispetto.
Invece, visto che siamo qui e viviamo questi di giorni, emerge solo la goffaggine un po' servile e incolta di un dirigente x e l'eco delle solite strumentalizzazioni di fondo, tipo "a casa loro" mi devo mettere il velo. 
E si smette di ridere.


(Collezione Autunno-Inverno 2016)

mercoledì 27 gennaio 2016

Giornata della Memoria

Un treno merci. È freddo
Centomila pietre tombali
fremono.
(Kakyo 1913-1969)


Ho uno strano modo di pregare che è fatto di vari modi di pregare. Uno fra questi è leggere con attenzione i nomi incisi sull'ottone delle "pietre dell'inciampo" sul marciapiede (clicca QUI per la loro storia)
Leggerli bene, quasi sillabandoli, quei cognomi, e le date e i luoghi di nascita e poi di morte. Giorni conclusi in luoghi sinistri, passati lontano da quel portone che ho qui davanti, a un passo da me, da oggi, e che sa ancora di casa, di calore e di affetti. Di abbracci.

E' una delle mie preghiere strane sostare davanti a queste brevi informazioni dorate. Ci spendo un momento anche se vado di fretta, dedico loro un'attenzione a parte, leggo quelle iscrizioni lucide scansando un mozzicone o una foglia, tento di ricordare almeno un cognome per ripetermelo tra me e me per qualche passo ancora. Fremono ancora.
E mi "faccio inciampare" da quei sampietrini, da quelle icone sacre, ogni volta. 


(preghiera a Berlino)