Nel loro profondo appartamento
Nessuna oscenità può insinuarsi
Indisturbata questa dimora
Da chiunque tranne Dio -
Sono scossa dalla notizia del piccolo Alessio, di soli sette anni, che il fato ha voluto assistesse alla morte dei suoi genitori e del fratellino, tutti scivolati nella bocca di un cratere vulcanico a Pozzuoli. Inquadro mentalmente la sua immagine, dura un istante dolorosissimo, mentre la radio trasmette la testimonianza del passante accorso, qualcuno che lo ha raccolto e ne ha ascoltato il racconto abbacinato. La favola dell'orco cattivo che galleggia ancora nella sua testa piccola, conoscere la morte a sette anni (notizia QUI).
O quel nonno che si è tuffato nel fango per salvare i suoi cari a Livorno, per loro una stessa fine lancinante, l'epilogo della medesima favola nera.
Vite perse, shock. Fine. The end.
Sto leggendo "Lincoln nel Bardo" e lo faccio nella mia vita chiara, solare, quella alla luce del giorno, quella lavorativa, quella che lotta per allontanare i fumi delle angosce. (Di George Saunders ricordavo un elogio alla gentilezza che mi colpì tanto e non escludo che mi abbia fatto cambiare un po'. No, non lo escludo affatto)
Lo dico senza preamboli, è un romanzo che parla di morte. Quel momento ultimo tra lì e qui che l'autore letteralmente fa parlare con la voce di chi lo sta vivendo (è il caso di dirlo "vivendo"?). Una collana di dolcissime testimonianze per un romanzo che non è certo romanzo nella forma classica e il cui autore cerca "qualcosa", il mio genere preferito di autori e di storie.
Un romanzo che sembra la vita stessa che è capace di riservare agli esseri umani un andamento poco prevedibile o un epilogo incredibile meta delle tante strade percorse che, fatalmente, proprio "lì" avrebbero condotto.