mercoledì 13 febbraio 2019

Pastori sardi


Nessun aiuto
per quelli come me
vado a a camminare.
(Santōka 1882-1940)


Tra i libri che che mi hanno cambiato la vita, almeno di un po', metterei sicuramente il saggio di Massimo Raveri sull'ascetismo estremo. Leggerlo ha significato orientare diversamente il mio sguardo sulle cose, provare almeno a farlo, cimentarmi. Il senso del testo, l'autore perdonerà questa sintesi lacunosa, è l'individuazione di un aspetto meramente politico nella pratica ascetica. Cosa c'è di più inutile del darsi fuoco, pensavo prima di leggerlo, a cosa serve finire in cenere, esisterà mai un atto più fesso per la società del mummificarsi, e pure da soli (!), o del farsi seppellire vivi in qualche buco, lontano da tutto e da tutti. Mi sbagliavo, per lo studioso queste antiche pratiche di ascetismo erano manifestazioni di dissenso, dissenso allo stato puro che non coglievo. La mente dell'asceta, dice l'orientalista, è capace di inoltrarsi in itinerari mistici attraverso il dominio del corpo, rendendo queste pratiche e i loro effetti (digiuno, automummificazione, darsi fuoco) finalmente visibili. L'asceta si segnala al resto della società facendo di se stesso atto politico. Attraverso il fuoco rende visibile il dissenso, si fa dissenso e, attraverso la dispersione di sé, rinasce come simbolo. 
Ripensavo a questo leggendo dei pastori sardi che versano a litri il loro sacrificio dissipandolo in mezzo alla strada. In quei rivoli bianchi un segnale, l'urlo silenzioso per l'ingiustizia subita.


(colazione buddista)
nota
Massimo Raveri "Il corpo e il paradiso", Marsilio 1992

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