giovedì 31 dicembre 2015

Buon 2016!

La mia anima si tuffa nell'acqua
e riemerge
con il cormorano
(Onitsura 1660-1738)


Avrei potuto scegliere un haiku più augurale di questo? 
E' lo slancio che contiene a piacermi, la forza vitale di quel tuffo e l'energia delle gambe che si può immaginare sotto il pelo dell'acqua. Il senso di frescura e pulizia che suggerisce.
Ed è proprio di slancio che faccio gli auguri a ognuno di voi, forse perché il Capodanno è la festa che preferisco proprio per quell'euforia che ci regala. Un progetto, un'aspirazione, un sogno, un augurio per tutti. 

Mi aggiro nel mio nuovo spazio tutto nuovo. E' ancora così pulito, lustro, ordinato. Neanche una crepa, un graffietto sul parquet, una ditata. Le provviste mi fanno "ciaociao" dal pensile, le pentole stanno più larghe, i golf nell'armadio li ho disposti vezzosamente un po' da vetrina del centro. 
Mi siedo sul divano che ho sempre desiderato, quello vecchio di pelle nera, rubato ai miei. Ho già appeso il quadretto che mio padre portò da un viaggio in Giappone una trentina di anni fa e che per questo natale mi è stato infiocchettato e regalato per la nuova casa. 
Mi aggiro nelle mie cose vecchie-nuove, stranamente parlo poco. Mi cerco e mi trovo. La testa mi fuma ancora dalla quantità di scartoffie prodotte, dai rogiti chiusi, dagli allacci conquistati, da date "entro le quali", e il citofono tace: nessun fattorino, operaio, traslocatore, idraulico, sta suonando. 
I libri dove devono stare, il pavimento del bagno si è miracolosamente asciugato, la lavatrice funziona se spingo ON, la finestra ora si chiude bene.
Ho anche un posto per il pc, un wifi che va a palla e continuare il DH sarà solo un piacere. Quasi quasi ci scrivo su un libro. 
Vado a tuffarmi per riemergere nel 2016, auguri!!! 
Auguri a ognuno di voi!


("buone cose di pessimo gusto")








  


mercoledì 30 dicembre 2015

Ho dei libri 2015!

Ho del riso
dei libri 
e persino del tabacco.
(Santoka 1882-1940)



Il mio libro dell'anno non è uno solo ma l'opera omnia della scrittrice francese Annie Ernaux.
L'ho scoperta con "Il posto" e ritrovata con "L'onta".
Se la sua scrittura, in quanto a sobrietà e nitidezza, aveva un elemento zen in quella sottrazione stilistica che mi ha immediatamente folgorata, ne "Gli anni", uscito nel 2015 per L'Orma, questo suo sguardo semplicemente fisso sulle cose, questo suo inesorabile cercare "un posto" nel mondo, diventano qualcosa di nuovo. Eppure rimane sempre la stessa cosa, la stessa voce.

"Gli anni" di Annie Ernaux è un poetico, lancinante tentativo di mettere ordine nel caos per poter ricordare, per sottrarre alle tenaglie dell'oblio le cose vissute e passate. Le cose finite e morte.
Con meticolosità ed efferatezza rare Ernaux tenta di raccogliere istanti per offrirli al lettore uno per uno, come fossero fogli sparsi di un calendario che ora appositamente ricostruisce.
L'espediente narrativo è l'alternanza della descrizione di una vecchia foto, che sembra che le capiti quasi per caso tra le mani, come estratta da un mucchio disordinato, all'elencazione degli episodi storici e micro storici che "vivevano" intorno a quella stessa foto.
Un elenco freddo, lungo, preciso. Fatti, date, persone e avvenimenti sono lo sfondo di Annie Ernaux bambina, adolescente, vecchia. Una donna che guarda l'obiettivo e che si guarda. E si guarda mentre si mette in posa per chi la guarderà.
E che riesce anche ad allargare il campo ampliando la visuale per noi.
Vedete lettori? C'è un piccolo mondo, con le sue aspirazioni e con le sue frustrazioni, poi la società, poi c'è la Storia. Vedete? Un infinito gioco di specchi.
Sono anni, e capodanni, che passano uno dopo l'altro ed Ernaux dice e fa sempre la stessa cosa in ogni suo libro. Sempre la stessa cosa.
Ernaux, nella sua scrittura-istallazione, offre una visione e un sentire universali. Quello che descrive mi appartiene anche se non le sono vicina per esperienze o per generazione, tutta quella vita che respira e palpita intorno a quelle foto, è anche mia. 
La sua inesorabile ricerca, anno dopo anno, può essere anche la mia.

(Anno 2015)

martedì 29 dicembre 2015

Tempo

Giorno lungo.
Le mani che si erano incontrate
restano unite
(Hino Sojo 1901-1956)



E' possibile regalare "il tempo"? Sì. In provincia di Napoli, a San Giorgio a Cremano, è stato fatto.
Alcuni vigili della polizia municipale locale hanno regalato due giorni di ferie a testa al collega padre di due figli disabili piccoli (leggi notizia QUI). Ben ottantadue giorni, ceduti a titolo gratuito, e donati.
Penso a questo gesto piccolo, poco clamoroso e caldo come una stretta di mano. Un gesto solidale che rende i giorni di questo padre, e anche i nostri, più sopportabili.


(tempo passato)

lunedì 28 dicembre 2015

Clima estivo

Il canto delle cicale
non dà segno 
del loro vicino morire
(Bashō 1644-1694)




Un haiku di Bashō un po' troppo fuori stagione? Oppure un po' troppo apocalittico con il suo kigo estivo (cicale) che francamente letto a dicembre suona sinistro, cimiteriale? Fate voi.
Dalla Finlandia a New York si gira in maglietta. 


(Primavera romana-nordafricana di questa mattina)  





venerdì 25 dicembre 2015

Buon Natale 2015

Pianto d'un bimbo
aggrappato a un albero
con un solo germoglio
(Kato Shuson 1905-1993)



Commozione e raccoglimento per tutte le sacre famiglie in fuga nel mondo.


(Re Mogio)

giovedì 24 dicembre 2015

Traslochi e libri (3)

Haiku scaduti
io scarto - mentre l'anno
cambia sereno
(Momoko Kuroda 1938)



Scelgo la quiete di questo haiku, l'idea di "metodo" in esso contenuta per concludere, con questa terza, le riflessioni sul mio trasloco.

Gli scatoloni si stanno svuotando e la mia nuova casa prende forma. Ancora sbilenca, ma è una forma. Un trasloco sereno, questo. Metto ordine, trovo il posto, mi assesto, scopro nuovi perimetri, misuro il mio spazio nuovo, sogno quello che sognava Alvar Aalto. 
Giorni belli. Giro con una bilancia immaginaria, ci peso le cose, questa la lascio, questa la scarto, questa pesa troppo, questa troppo poco. Sulla mia bilancia passa di tutto, dal divano ziapinesco, al paralume pagato uno sproposito, alla maniglia recuperata. 
Sono un ercole fattivo e felice che sposta casse su e giù.
Le più pesanti - quelle indueèmeglio - sono quelle piene di libri, due terzi delle scatole totali.
Nella casa di chi vive e lavora con i libri non poteva non essere così ma sono contenta che la mia vita abbia anche questa caratteristica. Leggo molto (ovvio!) e spesso conosco personalmente gli autori (ovvio anche questo!). La libreria della nuova casa deve avere un metodo, devo poter trovare quello che cerco senza impazzire. 
Così ho trasportato la bilancia immaginaria vicino agli scatoloni mezzi aperti pieni di libri. 

Dalla "A" alla "L" tutto a posto, bello sistemato e spolverato: gli Auster, i Bellow, i Byatt. I Covacich vicini ai Coetzee. Poi i De Lillo sistemati su apposito scaffale "imperiale" (di scaffali imperiali ne ho una decina) e un po' di Fante, un po' di Faulkner. Spunta un amico scrittore, simpatico ma negato, che comunque sistemo al suo posto, tiro fuori un Roth per sbaglio, un mito assoluto che non conoscerò mai personalmente, ma per la "R" è troppo presto e deve aspettare lo scaffale imperiale tutto per lui. Ovazioni quando escono i libri di Kafka, tripudio per i Manganelli che metto orizzontali uno su l'altro, a vista, più tardi ci penso. 
Spunta uno scrittore bravo che conosco bene ma che se la tira troppo. Va bene, ecco il suo posto. Tiro fuori uno negato per me ma che piace moltissimo a tutti, ed è pure pieno di sè. Canestro! Torna nello scatolone da dove sei venuto! 
E poi quello del piacione che scriveva il suo telefonino sotto la dedica, quello del finto simpatico, quello di quello cambiato con il successo. Impilo da un parte l'autrice persa di vista e quelli del vecchio caro amico scomparso. 
Ecco i libri di poesia: la voce della Gualtieri, gli occhiali di Magrelli, lo sguardo di Milo De Angelis.

Rileggo dediche, torno indietro di anni, vecchi incontri, vecchie trasmissioni, vecchi progetti. Questo lo tengo, questo lo scarto, questo lo scarto e questo lo tengo. Questo lo cerco da anni. E questo già lo avevo. Questo l'ho ricevuto in dono a tredici anni, vedi, c'è scritta la data! Ho una libreria che mi racconta.              
Piovono segnalibri, foglie secche, bigliettini, biglietti di tram, ricette di torte, cartoline. Scrosto briciole piatte, capelli da esaminare con il DNA, gratto via macchie di muffe vecchie. 

Gli "haiku" li metto qui, a portata di mano, mentre l'anno cambia sereno.


(scatole a sorpresa)

martedì 22 dicembre 2015

Traslochi (2)

Vetta di nuvole.
Nelle otto direzioni
non c'è più terra
(Kato Shuson 1905-1993)



Cosa unisce la lavatrice nuova al giornalista e scrittore americano William Langewieshe? 
Il mio trasloco!
Allora, prima di sciogliere l'arcano, la solita raccomandazione: rileggere l'haiku. Fatto?

Nelle otto direzioni non c'è più terra!

Cambiando casa decido per l'acquisto di una lavatrice nuova visto che il mio cassone aveva fatto il suo tempo. 
Mi fiondo in uno di quei centri commerciali rosso inferno capaci di vendere dalla pila stilo al mega frigo. Facendomi largo tra la folla allupata da babbucce scaldapiedi, telefonini e nespressi natalizi, riesco ad acciuffare un commesso rosso-vestito dall'aria dopata. 
Con qualche difficoltà che vi tralascio, scelgo la lavatrice, compilo il modulo per la consegna, firmo e pago. Nell'attesa che tutto vada a buon fine, indirizzo, codice fiscale, transazione eccetera, il mio sguardo dalla cassa si muove verso uno scaffale colmo di... DRONI!
Sì. Per 129 euro ci si può portare a casa un drone! 
E se possiamo spendere di più perché non optare per quello con camera "Full HD - Video 4K a 360 gradi - Parametri di volo in tempo reale - Fibra di carbonio" e, soprattutto, l'irrinunciabile, "Ritorno ad home-point"?  


E' tardi, sono stanca e l'acquisto della lavatrice l'ho incastrato dopo un pomeriggio di lavoro. Domani devo continuare a mettere a posto la libreria, tutti quei libri...
Decido anche io di tornare ad home point. 

La mattina successiva mi sveglio presto per affrontare il mio sabato di lavori casalinghi. Scatoloni, scatoloni e scatoloni. Il bello di svuotare quelli dei libri sarà materia di un prossimo post (l'ultimo sull'argomento trasloco, promesso!), qui metto a fuoco solo un libro amato rispuntatomi tra le mani in mezzo al caos di pile da ordinare sugli scaffali, quello di William Langewieshe, grande giornalista d'inchiesta americano (indimenticabili le sue inchieste sulle Torri Gemelle o sui pirati contemporanei di zone marine non mappate geograficamente) in cui una decina di anni fa raccontava l'uso dei droni nelle guerre a distanza.
Questo tipo di regali di Natale forse non li aveva previsti neanche Langewieshe nonostante tutto il suo acume, tutta la sua oggettiva capacità letteraria. E nonostante il suo coraggio. 
E nonostante la sua aria da giornalista alla Robert Redford nel ruolo, appunto, del giornalista americano senza paura. Rendere accessibile, ludico, uno strumento come il drone, infiocchettarlo per un regalo, non poteva arrivarci neanche lui... 

Mi affaccio dalla mia nuova finestra e mi rimiro il mio nuovo panorama. Che bel sole nuovo e che bel praticello nuovo che vedo. 
Citofono! E' arrivata la lavatrice!!!


(visione aerea)








  
   

venerdì 18 dicembre 2015

18 dicembre

Vette di nuvole.
Appaiono anche in sogno
senza confini
(Kato Shuson 1905-1993)



Siamo arrivati alla "Giornata Internazionale dei Migranti" camminando attraverso incertezze e razzismi, superando confini culturali e ostacoli burocratici e navigando sui mari infidi dell'intolleranza.
Siamo stremati, l'UNHCR parla di duecento morti solo negli ultimi due giorni.
Ma credere in un mondo migliore nonostante terrorismi, xenofobie e strumentalizzazioni restituisce forza ai muscoli stanchi, ossigeno al cervello confuso.
Per noi, a cui piace andare avanti e sconfinare, quella di oggi è una bella data da festeggiare. Un po' Natale.


(Tibet in viaggio)

giovedì 17 dicembre 2015

Privacy

Vedo la neve cadere
attraverso un foro
nello shoji
(Shiki 1867-1902)



"Tartarooooo! Tartaro Susannaaaaaa! E' lei? Si accomodi per la TAAAAAC in fondo a destraaaaa!"

"Tartaroooo Susannaaaa nata a Roma il 26 maggio 1966, è lei? Separataaaaa, divorziataaaa? Di qua, prenda il numerino, grazie"

"Tartaro Susanna, prego si accomodi. Allora vediamo se ha le condizioni per stipulare un mutuo presso la nostra Banca, prego."

"Allora lei è Tartaro Susanna, giusto? Giusto. E vuole cambiare residenza, giusto? Giusto. "

Queste quattro frasi mi sono state indirizzate, a tutto volume, in barba non dico alla privacy ma anche ai decibel sopportabili da orecchio umano. Al loro proferire, commenti, sorrisi di circostanza, consigli e amenità varie sull'esame diagnostico di una cugina purtroppo ormai deceduta, sulla rata scaduta o, peggio mi sento, sul governo e sugli extracommunitarichecerubbeno il lavoro, il presepe e pure la sicurezzalimorté. 

Ho letto da qualche parte che un solerte preside ha vietato l'uso della telecamara per riprendere l'annuale recita natalizia degli scolari per tutelarne la privacy.
Mi sembra l'esempio lampante di quello che succede in questa nostra società un po' strabica: da una parte, vigiliamo scrupolosissimi su potenziali traumi infantili da recita ripresa con il telefonino e perdiamo ore a compilare moduli, da decodificare, che dovrebbero tutelare il nostro anonimato. 
Dall'altra, veniamo invasi da spam che sa tutto di noi (dagli hobby ai gusti sessuali), da cookies che si attaccano come mignatte e ci propongono dio sa cosa, e telefoniamo pure. Già. Perché solo telefonando si può risalire a chi siamo, con chi parliamo, dove ci troviamo e che numero di piede abbiamo.
Quindi?
Quindi ho capito che non mi interessa tutelare il mio anonimato a oltranza. Mi arrendo alle file romane dove tutti sapranno tutto di me. E mi tufferò volentieri in questi grovigli umani senza forma dove ognuno dice la sua sui casi tuoi e suoi.

E se qualcuno mi osserverà attraverso un foro nello shoji (paravento)... me ne sbatterò altamente. 
Non ho niente da nascondere.

PS
"Gli esami diagnostici?" 
"Tutto bene, grazie. Alla prossima, e in bocca al lupo!"


(agorà)








giovedì 10 dicembre 2015

Bella e perduta

Un bufalo a riva
un traghetto attraversa
il temporale notturno
(Shiki 1867-1902)


Mentre nel casertano venivano arrestate ventotto persone tra imprenditori, amministratori e funzionari vari, tutti coinvolti nel clan dei casalesi (leggi QUI)... ero al cinema a guardare un film proprio su quelle terre. "Bella e perduta" di Pietro Marcello è in grado di raccontare molto meglio della cronaca quei drammi vecchi di secoli. 
"Bella e perduta" è di una poesia panica, cosmica.

Procede per quadri che, come strofe cinematografiche, sanno raccontare di una terra atavica e contemporanea dove alcune esistenze - uomini o animali cosa importa? - trasportano, lenti, il loro fardello. 
Camminiamo sbilenchi parlando con un bufalotto, procediamo calpestando la terra, resa fertile dal vulcano e ignobile dagli uomini, sotto un cielo dipinto da Tiepolo. E veniamo guidati dalla presenza angelica, eppure così tanto terrena, di Tommaso Cestrone (leggi QUI) che impariamo a conoscere nel suo stoico impegno "a perdere" ovvero quello di vegliare, curare e pulire da volontario non richiesto la Reggia di Carditello (la sua storia QUI).    
E se la terra è quella dei fuochi, i fuochi nel film diventano inferi magnetici nei quali penetriamo attraverso lo sguardo di Pulcinella. 
Solo dai due occhi vuoti della maschera, così folkloristica e usurata dal tempo, possiamo osservare l'umanità da un punto di vista più oscuro, ascoltare presenze antiche, ritrovare compagni di strada dispettosi e filosofici. 
Mai un cedimento al compiacimento, al folklore. Nulla è ridondante o stereotipato. Guardare questo film da spettatori è come stare sul filo, ci sembra tutto bellissimo e onirico dal nostro precario punto di vista, siamo sospesi. Leggeri. Ecco. Siamo "limbici".
  
Un'arcadia rotta quella di questi territori condannati da malaffare e mafie, da soprusi e omicidi, di cui riconosciamo ancora lacerti di poesia grazie a questo film splendido e colto che ho visto qualche sera fa e che ancora sedimenta dentro di me.
E che mi ha fatto felice. 


(aldilà e aldiqua)

Tra i presepi

Tra l'ombra degli alberi
si sposta la mia ombra
luna d'inverno
(Shiki 1867-1902)


Torno sull'argomento "presepe". Ne inizio a vedere in giro, nelle vetrine dei negozi, nelle piazze, nei salotti casalinghi. Di zucchero glassato dal pasticcere, di terracotta sulle bancarelle, di plastica sugli scaffali natalizi dei Lidl di ogni città. Le faccine dei pastori sotto piccoli cappelli, micro zampognari muti, gesubambini attaccati alle mangiatoie con le braccine aperte, madonne con la testina perennemente reclinata e sangiuseppi eternamente perplessi. Mucchette e asinelli grigi non respirano il calore che abbiamo imparato alle elementari, zollette di muschio imbibito coprono pezzi di cartone, stagnole come laghetti, piccole luci intorno che si accendono e si spengono. 
Si accendono e si spengono.

Hanno perso la vita altri cinque bambini in un naufragio (QUI)
Ecco il mio presepe, l'ho capito adesso. Eccolo qui.
Ecco il mio presepe di naufraghi in fuga, di cristi che tentano di spostarsi da uno stato oppressore verso il mare, di madonne che piangono lacrime vere, di bambini da adorare.
Le loro ombre di "presepe morente" mi perseguitano.

(Statuina)








mercoledì 9 dicembre 2015

Mondo

Mondo di sofferenza
eppure i ciliegi
sono in fiore
(Issa 1763-1828)



Appartiene anche a Nicole Orlando un pezzetto di vittoria sul nostro mondo di sofferenza (QUI).
E tutti i ciliegi fioriranno oggi fuori stagione e nasconderanno le brutture della vita e le imperfezioni dei nostri giorni con il loro rosa delicato.
Sono così tanti i fiori in boccio per Nicole, atleta down vincitrice di quattro medaglie d'oro, e il profumo che emanano così inebriante che, per qualche istante, questo, appare un mondo possibile. 

(Piccoli mondi)

martedì 8 dicembre 2015

Giubileo

L'otto dicembre.
quanti milioni di terrazze
coperte di brina
(Kato Shuson 1905-1993)



E da oggi scatta il giubileo. Roma si rifà il cerone; qualche buca da coprire, qualche lavoro di qua e una stuccatina di là, quel semaforo me lo sposti e... E quella quercia centenaria che dà il nome alla piazza da sempre? Via via via! Non sembra, ma è "gravemente" malata, si vede da tutti quei rami e da quelle foglie che anno dopo anno cadono e rinascono. Non sembra è vero, lo sappiamo anche noi, ma la dobbiamo tagliare per predisporre sulle sue radici un bel manto d'asfalto, più elegante, più grigio, più "in sicurezza" (QUI).
Ma quante ne pensiamo in nome della sicurezza per riuscire a rendere tutto più grigio.
Otto dicembre. Una data sul calendario che sta finendo, quello pieno di giorni passati e di crocette sulle scadenze. Tutto qui. La morte di Lennon e il cappellone bianco di Yoko quando se lo sposò. Mi sa di cose lontane e mai vissute come l'inverno a New York, la brina sugli alberi del Central Park zona Dakota building. Di quasi neve. Mi sa di letti bianchi peace and love e di milioni di ragazzi di tutte le età che ci credono ancora.
Ecco, questa data per me, al massimo, proprio al massimo... significa questo.


(giubilo 1995)
   

venerdì 4 dicembre 2015

Polpette

Stanno diventando più piccole
anche le polpette dolci di riso
ora che soffia il vento d'autunno
(Kyoriku 1656-1715)



Basta girare per strada per sentire sul collo la sferzata della folata autunnale. 
Spazza certezze, rende tutto precario, temporaneo, a termine.Ciò che ci circonda sembra solo da prendere al volo o da schivare prontamente. Ma mi spiego meglio.
Dal motorino scorgo l'insegna pubblicitaria di una barretta di cioccolata "limited edition". Corri, affrettati e questo particolare gusto "dark" sarà tuo, dice al passante. 
Nelle stazioni della metro gli esercizi commerciali "temporary  store" girano su se stessi cambiando le insegne. Dove vendevano saponi ora vendono biscotti, settati nell'invito costante a non perdere il "momento giusto" per acquistare qualcosa.
Precari, attraversiamo un mondo liquido, dalla liquidità in rosso, con un terrorismo di tipo liquido.


(nel vento)









       
    

giovedì 3 dicembre 2015

Hipster

Vasi di fiori
ben allineati
presso il barbiere
(Shiki 1867-1902)

Non so bene cosa significhi essere "hipster", lo capisco via via per deduzioni. Meglio, per esclusioni. Personalmente non lo sono per un sacco di motivi e poi non ho la barba, attributo numero uno dell'hipster doc. Mi sono fatta l'idea che si tratti più di una vera e propria vocazione estetica, di un moto vintage dell'animo, di una modalità anche di sguardo, tra l'assente e il brillante, costantemente rivolto "oltre". Sono occhi che cercano sì, ma cercano lo specchio.  
Senza voler capire molto di più e senza chiedermi il perché, ammetto di provare un'immediata antipatia per questi barbuti improvvisi, per questi neociclisti d'antan dal bavero giusto, dal cappottino attillato, dagli occhiali con la montatura spessa e nera, dal risvoltino sul calzino dentro lo scarpino.

Stavo tornando a casa e passavo dalla solita strada. Soliti commerci di una via senza particolare appeal: un orologiaio un po' tristanzuolo, un negozio di articoli per la casa con l'insegna dalla "L" spenta (Casa*inghi), una banca vuota. 
Quella era, nella mia testa, solo la via di Mariolelettrauto, nulla di più e nulla di meno. 
Una strada essenziale, di quelle che uno al massimo dice "passo di qua" senza aspettarsi chissà cosa.
Nel buio del tardo pomeriggio la luce gialla dell'officina negli anni è sempre stata una certezza su cui contare e le macchie d'olio per terra amiche con cui giocare tra i passi. Opalescenti e cangianti sul grigio dei marciapiedi, oggi sono un lupo con i denti, domani diventano una nuvola storta.  
Mario è l'imperatore di questa strada da una quarantina d'anni. Da lui sostano motociclisti in pensione, fissati delle quattroruote, ragazzetti pasoliniani a bottega.   
Toni spicci, vocabolario essenziale, cicca tra i denti, sempre pronto a ricaricare una batteria o a truccare un motore. 
Vado oltre di pochi metri.
Superata l'officina, tra vasi di fiori ben allineati, scopro un barbiere... hipster! 

Sedili nuovi stile rigattiere, insegna luminosa finto vecchio, poltrone rosse lucide come di gel. Prodotti esposti dalle etichette antiquate, fiocchi di schiuma poggiati dentro concoline di ceramica bianca. Pennelli di pelo e manico d'osso. Alle pareti emergono ad arte mattoni finti da finte intonacature finto screpolate.
In fila, smilzi pupazzetti umani barbutissimi e alteri, serviti da omologhi umani barbutissimi e alteri. 
I toni felpati sono avvolti in una musica soft come spuma da barba.

A mezzo metro di saracinesca guardo indietro la luciaccia gialla di Mariolelettrauto. Sento ancora il brusio interno, arriva ancora qualche nota della radio sintonizzata sempre sulla stessa frequenza e sulla stessa canzone da decenni.

Vorrei essere stata una mosca quando hanno aperto il barbiere hipster per sentire cosa ha bofonchiato tra la cicca e i denti Mariolelettrauto.  


(Ibsen. Hipster?)





      
  

mercoledì 2 dicembre 2015

Feste & C

Nel grande tempio
poca luce
notte fredda
(Shiki 1867-1902)


Questa storia dei presepi e delle tradizioni religiose brandite come magli di qua e di là con il sottofondo, stonato, di carole di Natale cantate a squarciagola fuori le scuole, ecco, mi ha veramente prostrato. E con loro la storia annessa delle radici culturali, dell'identità in cui ritrovarsi, dell'appartenenza...

Ma scusate, se organizziamo a casa una festa con gli amici e tra gli ospiti c'è anche un vegetariano, lo costringo a mangiare braciole ben arrostite o preparo un menù che possa gradire anche lui ? 
Credo di mantenere il rispetto per me stessa, per quello che agli occhi del mondo "significo" anche togliendo dalla tavola la carne se so che alla sua sola vista un mio ospite può turbarsi. Quindi, in salotto e sopra una tavola imbandita, ovvero nei luoghi più "conviviali", più "pubblici" di un'abitazione sì, francamente toglierei di mezzo pietanze, chiamiamole, indigeste per alcuni. Poi, più tardi e più "privatamente", ad esempio in cucina o in qualsiasi altro luogo meno "condiviso", meno "pubblico" della casa, affonderei i miei denti sulla braciola bevendoci su alla grande. Non per chissà quale motivo. 
Da ragazzetta frequentavo un gruppo di amici tra i quali c'era anche un giovane palestinese, non eravamo certo una cellula rossa solo un gruppetto di ragazzi che mangiava la pizza quando gli obblighi del suo ramadan ce lo permettevano. 
E nessuno ha mai avuto nulla da ridire. 
Non chissà per quale motivo. Una banale attenzione per l'altro? 
Una mia amichetta giapponese ancora più in là nel tempo, alle elementari, organizzava ogni anno la Festa delle Bambole. Invitava noi compagnetti a casa, distribuiva piccoli doni insieme a sua mamma e al suo papà che ricordo seraficamente impettiti e sorridenti vicino l'altarino rosso su cui splendevano bamboline dai vestiti di stoffa colorata. 
Era anche quello un natale? A me sembrava proprio così.   

Una scuola, non solo pubblica, dovrebbe badare all'educazione e all'integrazione di tutti, assolvendo anche al compito di facilitare le vite dei suoi alunni. A scioglierli dai complessi, a suggerire mondi, a essere un luogo di apprendimento e di ritrovo. 
A scuola nascono le prime curiosità intellettuali, i grandi amori, le amicizie del cuore.
Torniamo realmente al cuore delle cose e alla cura per gli altri, semplicemente, senza prenderci a presepate in faccia soprattutto in un'aula.  


PS
Non sono buddista. Non sono nulla.


(santino personale)

martedì 1 dicembre 2015

Clima generale

Si suona il flauto.
I campi sono interamente 
verdi
(Issa 1763-1827)


Un haiku dall'atmosfera idilliaca, con onde musicali e sensoriali che si riverberano nell'aere. 

Magari!!!
Peccato che l'aria invece sia così pesante...
A Parigi fino all'11 dicembre si discuterà di clima cercando accordi politici per limitare i disastri legati al surriscaldamento globale. 
In effetti, mai come in questi giorni il clima generale appare bollente e mai come in questi giorni sono urgentissimi gli accordi di pace. 



(Les feuilles mortes)