giovedì 29 marzo 2018

Vecchia coppia


Escono senza pensarci
e raccolgono felci.
Vecchi coniugi
(Kawabata Bōsha 1897-1941)



Quando vi vedo per strada vorrei abbracciarvi. Corrervi incontro, farvi i complimenti, darvi un premio, una medaglia. Bravi! Ce l'avete fatta! Avete superato tutto e tutti, dimenticato tradimenti e i piccoli soprusi quotidiani di antiche suocere petulanti e giovani nipoti saputi. Avete avvicinato i lembi delle vostre diverse inclinazioni che vi portavano uno di qua, una di là. Bravi, amici che non conosco e che invidio. Invidio la vostra felicità semplice, i vostri passi più brevi per aspettare l'altro, la vostra piccola pausa in mezzo alla passeggiata insieme, vorrei fare due passi con voi, posso portare io il sacchetto del supermercato. Ascolterei il vostro silenzio e le vostre parole, i nomi di figli e nipoti che non ho mai visto e che invidio perché vi sanno insieme. Bravi, amici miei che non conoscerò mai e che guardo, sapendo tutto di voi. 
Ciao.
(due)





mercoledì 28 marzo 2018

Cuori e cervelli



Il cuore che non dorme
dice al cuore che dorme: Abbi paura.
Ma io non sono il mio cuore, non ascolto
né do la sorte, so bene che mancarti,
non perderti, era l’ultima sventura.


Potrebbero essere parole sullo spaesamento queste di Raboni, il poeta che aveva casa nel francese, lingua che praticava da fine traduttore. L'immagine dei due cuori palpitanti, e freddi, come poggiati sopra un vassoio di lucido acciaio; uno dorme e l'altro veglia mentre chi legge è al di qua a osservare, a osservarsi. 

I due cuori raboniani mi rimandano alle due teste della novella di G.K.Chesterton, quella del gigante bicefalo e del piccolo bambino che lo deve uccidere citata nell'ultimo libro di Lisa Ginzburg. L'autrice parteggia per il gigante e si cimenta nell'analisi di uno sguardo doppio. Nel breve saggio paragona lo spaesamento provocato da questo tipo di visuale a quello di chi usa una lingua che non è quella materna riflettendo su chi per natura, temperamento o caso, pratica la lontananza . 
Il suo "stare lontano per restare accanto" sembra un modo per sopravvivere nella vita vera come in quella della letteratura
Allora prendo un quadro, qualsiasi, bello o brutto, e individuo al suo interno il punto di fuga. Che sia a quel punto a cui guarda Lisa Ginzburg? Forse è proprio da lì, mi chiedo, che saluta con un buongiorno la mezzanotte, in una delle immagini più struggenti del libro. Come da un punto ideale o da un aereo in volo perenne, piccolo principe senza regno del mitico racconto, è attratta non dal viaggio ma dalla sua analisi. 
E' possibile che la storia e la genealogia personale abbiano come messo ordine nella stanza di Lisa, gli scatoloni dei tanti traslochi appaiono di lato, ben chiusi e ben etichettati. Il suo gesto di lasciare qualcosa di sé dietro le spalle, da qualche parte, e la luce di una stanza senza libri (meglio portarli dentro di sé, scrive) conservano un'antica sprezzatura che continua a sedimentare nel lettore anche a libro finito. 
Ho avuto accesso a stanze spoglie, ascoltato l'eco dei vuoti. E ho come partecipato a un tempo - né un prima, né un dopo - che ha nel "durante" la sua unità di misura.  







martedì 27 marzo 2018

Il mio cuore ha deciso


Il mio cuore ha deciso ed ho paura
che si tratti di te. Qualunque cosa
abbia tu programmato, sappi che
il mio cuore ha deciso ormai - per te.
E se non potrai essere catturato
quest'anno, sarà l'anno che verrà.
Il mio cuore ha deciso e ben lo sa.
Di te si tratta, anche se ne ho paura.
(Wendy Cope)


Sono in fila alla cassa, tra le mani ho il portafoglio e una gonna da pagare. Sono quella confusa nel nugolo di acquirenti, tante persone che attendono pazienti il loro turno, un bambino gioca accovacciato tra le gambe della madre, pare ancora mansueto. Tocca quasi a me, sono quella una casella avanti ai due ragazzi, lui altone e un filo di barba, lei biondissima e curvy, direbbe il magazine di moda, bocca perfetta disegnata rosso fuoco. 
Siamo tutti confusi nella stessa nebulosa, la fila è lunga ma tra poco tocca a me. 
"State insieme?" chiede una signora con voce titubante ai due. Mai la signora dall'aria gentile avrebbe voluto superare qualcuno e fare la figura della furbastra, mai e poi mai.
"No" risponde la ragazza.
"Magari", risponde all'unisono lui, con gli occhi che ridono.

Qualunque cosa
abbia tu programmato, sappi che
il mio cuore ha deciso ormai - per te.

Mi giro con una scusa per guardarli meglio. Lui ancora sorride, con il suo maglione in mano. Che bello, sorride rosso fuoco anche lei, poi abbassa gli occhi e cerca qualcosa in borsa. La signora-cupido è rimasta al suo posto, in fondo alla fila.
"Magari" è l'unica cosa che penso anche io. E digito il pin.


(il mio cuore)


  
    

lunedì 26 marzo 2018

Piccoli lutti


Quel che di qui si vede
- mi sentite? - dal
belvedere di non ritorno
- ombre di campagna scale
naturali e che rigoglio
di acque che lampi che fiammate
di colori che tavole imbandite -
è quanto di voi di qui si vede
e non sapete
quanto più ci state
(Il poggio di Vittorio Sereni)


Un personaggio televisivo molto popolare che scompare, che muore, provoca migliaia di piccoli lutti.
è quanto di voi di qui si vede 
- mi sentite? -
Ed è a tutto questo dolore in formato pixel eppure così onesto, così autentico, a cui sento di partecipare oggi. 

(dietro le quinte)



venerdì 23 marzo 2018

La Giornata delle Camere


A primavera nella città
non v'è più dove non volano fiori,
ai Cibi Freddi il vento d'oriente
agita i salici imperiali.
Nel tramonto, a palazzo dei Han
si distribuiscono ceri,
il fumo lieve si spande
e penetra nelle famiglie dei Cinque Duchi.
(La Giornata dei Cibi Freddi - Poesia T'ang


La storia dei profili Facebook, contrabbandati e venduti, svelerebbe il lato oscuro del social. (Ma non lo sapevamo già? Non siamo ancora consapevoli di lasciare tracce in giro e che i cookies non sono i biscotti della nonna ma mignatte algoritmiche?)
Al contrario, l'altissimo livello di partecipazione, di condivisioni, indicherebbe la parte emersa, e quindi virtuosa, insomma il lato "chiaro" della faccenda che, le Giornate sul social-calendario, misurerebbero. 
Giornata dei Cibi Freddi a parte, celebrata nei versi che ho appena trascritto, ricordo che è appena caduta la Giornata della Poesia - soppalcata con quella contro le mafie che è fiorita, appunto, nella Prima Giornata di Primavera e con quella, mondiale, del Tiramisù e, locale, della marionetta - , se ieri era quella dell'Acqua, domani quale sarà? Tornerà, forse a grande richiesta, quella delle Donne (non importa la tipologia, stuprate, mobbizzate, letterate, fanno tendenza sempre, basta mettere un fiocchetto rosa, nero o rosso) o quella della Memoria e del Ricordo-subito-dopo? E ricordate La Giornata del Paesaggio, era poco più di una settimana fa!. Incalzano quella dei palazzi aperti al pubblico, quella di quelli chiusi da troppo tempo e delle dimore storiche. La Giornata della Musica - con le giornatine annesse della musica antica, pop e blues - e dopo quella dei Nonni il grande classico, quella della Mamma con cuori e foto istagram, fantasmi di signore dalle cotonature demodè, coi pantaloni a zampa in posa davanti la credenza con i piccoli soprammobili sopra, rifotografate per la data. E quelle delle Sindromi e quella della Salute, divisa in orale e mentale a cui la Giornata della Felicità segue a ruota per inzuccherare la pillola. E quella della Matematica e della Grammatica dove like e faccine, tristi o allegre a seconda, non importa, vengono mitragliate dagli insegnanti sempre più social. 
Oggi sarebbe la Giornata delle Camere con il Parlamento che si riunisce, vedremo. 
A domani, con la prossima.


(#navigarenecesse)







giovedì 22 marzo 2018

Tramonto



Le occasioni per arretrare sono finite
si corica al tuo fianco l'orizzonte
e il sole non fa più rumore


In merito alle dichiarazioni di Enrico Zucca e alle polemiche sull'uso della parola "torturatori", consulto il vocabolario Treccani chiedendomi cosa c'è di sbagliato nell'usare questo aggettivo, o di così nuovo rispetto a quanto già acclarato nelle indagini, aggettivo derivato, appunto, dal sostantivo "tortura":

tortura s. f. [dal lat. tardo tortura, propr. «torcimento», der. di torquēre «torcere», part. pass. tortus]. – 1. Ant. nel sign. etimologico di torcimento o torcitura, per indicare sia l’atto del torcere sia il punto in cui qualche cosa è torta, piegata in curva o a gomito: E già venuto a l’ultima tortura S’era per noi (Dante, Purg. XXV, 109-110), eravamo giunti all’ultimo giro (ma alcuni intendono «tormento»). 2. a. L’azione, il fatto di torcere le membra a un imputato o a un reo, per indurlo a confessare o per punizione. Per estens., t. legale o giudiziaria, e istituto giuridico della t., attuati dall’antichità fino all’Ottocento (oggi ripudiati, almeno formalmente, da tutti gli stati), e consistenti in varie forme di coercizione fisica applicate a un imputato, più di rado a un testimone o ad altro soggetto processuale, allo scopo di estorcere loro una confessione o altra dichiarazione utile all’accertamento di fatti non altrimenti accertati, dei quali si debba tener conto nel definire il giudizio: dare, applicare la t.; patire, subire le più atroci t.; sottoporre a t.; mettere alla t.; strumenti di t.; la t. della corda (v. corda, n. 5 a); la t. del fuoco, dell’acqua, consistenti nel bruciare le piante dei piedi o nel far ingurgitare grandi quantità d’acqua. b. estens. e fig. Qualsiasi forma di coercizione, anche solo morale, avente gli stessi scopi: una raffinata t. mentale; oppure, qualsiasi violenta coercizione per ottenere indicazioni di vario genere, fuori dell’àmbito giudiziario: con le t. riuscirono a ottenere dai prigionieri le rivelazioni che cercavano; lo strascinavano alla sua casa, e con tortura di minacce e di percosse, lo costringevano a indicare il tesoro nascosto (Manzoni); o ancora, qualsiasi sevizia o atto di crudeltà, o come fine a sé stessi, per mera brutalità, o come forma legale di pena corporale: ebbe a patire t. inaudite per opera d’inumani aguzzini; la condanna a morte aggravata da torture era inflitta un tempo per i delitti atroci. Con uso fig., grave e prolungato patimento fisico o morale (cfr. tormento), o, per iperbole, molestia assai grave: comincio a star meglio, ma le medicazioni sono una t.; mi mette alla t., o mi dà la t., per ottenere il mio consenso; ascoltare certi discorsi senza poter rispondere come si vorrebbe è una vera t.; non posso sopportare la t. di queste scarpe strette; l’esame non finiva mai, che tortura!

(tramonto dell'occidente)




mercoledì 21 marzo 2018

Giornata della Poesia


Quella vela che s'appoggia alla luce
stanca di isole,
una goletta che bordeggia i Caraibi 

verso casa, potrebbe essere Odisseo,
diretto a casa sull'Egeo;
quel paterno e coniugale

non veder l'ora, sotto nodosi aspri grappoli, è
come l'adultero che sente il nome di Nausicaa
in ogni strido di gabbiano.

Questo non porta pace a nessuno. L'antica guerra
tra ossessione e responsabilità
mai finirà ed è stata la stessa

per chi erra sul mare o per chi è sbarcato
e ora traffica coi sandali per andarsene a casa,
da che Troia esalò la sua ultima fiamma,

e il masso del gigante cieco sollevò il flutto
dalla cui onda lunga i grandi esametri arrivano
alle conclusioni della risacca esausta.

I classici possono consolare. Ma non abbastanza.
(Uva di mare di Derek Walcott)


Scegliere qualcosa per la giornata di oggi, Giornata della Poesia, è stata la mia sfida. Ho cercato per noi una poesia... sulla poesia. 
Versi che comprendano tutto, che da laggiù arrivino fin qui, che ci trasportino nel mito e ci restituiscano alla terra come farebbe il mare dalla cui onda lunga i grandi esametri arrivano alle conclusioni della risacca esausta. 
Vi invito a prendervi del tempo per leggere e rileggere questo testo di Walcott. Entrandoci dentro. Ogni rilettura svelerà qualcosa di nuovo, e di nuovo ancora, ci farà capire meglio di noi, - per chi erra sul mare o per chi è sbarcato - del nostro mondo, di quello che ci circonda. 

(Magari anche del perché, ad esempio, Fedez e sua moglie abbiano milioni di persone curiose di sapere cosa fanno)


(non abbastanza)