lunedì 20 novembre 2017

Mosca vecchia


Potrebbero sentire la mia mano;
le mosche del villaggio
fuggono via
(Santōka 1882-1940)


Dopo l'ennesimo schiaffo che mi sono data, poco fa, sul braccio - sono alcuni giorni che sembriamo proprio quelli dei Brutos -, abbiamo deciso che non avremmo più tentato di ucciderla. Dopo una serie di agguati, e tutti vani, ha vinto lei: da stamattina, Mauro ed io, conviveremo con un piccolo animale domestico.
Una mosca come pet. Una mosca vecchia che ci ha scelti come padroni, ha deciso lei. Ultimo esponente dell'estate appena passata, dittero combattente che, nonostante l'andamento un po' a zigzag non ci pensa proprio a farsi prendere, né al volo né col giornale. Un po' rimba ma ancora agile svolazza come ubriaca per casa.
Alla fine Moscavecchia è un animale da compagnia che necessita di poco. 
Non bisogna neanche scendere giù quando piove né fotografarla in tutte le pose, magari con un fiocchino in testa. Troppa fatica per due o tre mi piace al massimo su FB.


(Animale domestico)

venerdì 17 novembre 2017

Cielo


Preghiamo - il Cielo -
Chiacchieriamo - del Cielo -
Ci chiediamo - quando muoiono i Vicini -
A che ora in Cielo - fuggirono -
Chi li vide - Perché volano via?
È il Cielo un Luogo - una Volta Stellata - un Albero?
Lo sterile esercizio di ubicarlo è per Noi soli -
Per i Morti
Non c'è Geografia -
Ma Rango - Investitura - Epicentro -
Dove - l'Onnipresenza - si libra?
("Tutte le poesie" di Emily Dickinson)



Una poesia in memoria delle vittime della mafia. Oggi.
A che ora in Cielo - fuggirono -
Chi li vide - 

(Luogo-Volta-Alberi)







giovedì 16 novembre 2017

Partita


Sento cadere le pietre che abbiamo gettato,
Cristalline negli anni. Nella valle
Volano le azioni confuse dall’attimo
Gridando da cima a cima degli alberi, tacciono
Nell’aria più leggera del presente, planano
Come rondini da cima
A cima dei monti finché
Raggiungono l’altopiano più remoto
Lungo la frontiera con l’aldilà.
Là cadono
Le nostre azioni cristalline
Su nessun fondo,
Tranne noi stessi
("Le pietre" di Tomas Tranströmer)


L'Inno di Mameli risuona nello stadio. Mano sul cuore, un Tavecchio qualsiasi che per i calciatori di colore usa metafore con le banane (QUI) e un Berlusconi (QUI) di nuovo in campo, giocatori strapagati della medesima partita. 
Solo che non si riesce a cambiare canale.

(Frontiera con l'aldilà)





mercoledì 15 novembre 2017

Perché io valgo


Antonia è andata al supermercato
e sapete cosa ha trovato?
Ha trovato proprio di tutto:
uova, cipolle, cipria, prosciutto,
cose da bere e da mangiare,
cose per scrivere e per suonare,
per essere lieti, per essere tristi,
per cavalieri e per ciclisti,
per essere brutti, per essere belli
per cani, gatti, polli, fringuelli,
giochi, padelle, spade, confetti,
finestre, porte, camini e letti.
Solo una cosa non c’è: l’uscita.
E Antonia è dentro per tutta la vita!
("Al supermercato" di Roberto Piumini)


Cinquecento euro per un essere umano (QUI) fatto di un cervello, un cuore, due occhi - con tutto quello che hanno visto come optional - e una bocca. Tanto vale una vita al borsino del nuovo schiavismo.
E quel bambino ritrovato sotto a un treno al Brennero, solo e assiderato, allora, quanto vale (QUI)? Secondo un rapido calcolo, e visto che era mezzo morto, direi molto meno. Trecento al massimo.
E noi, qui al calduccio, quanto valiamo?


 (dopo la spesa)




lunedì 13 novembre 2017

DNA


Da molti anni mio padre
non ha più sete.
O forse dura tuttavia.
"Io berrei l'universo" diceva al tempo del fieno.
Era certo una sete esagerata,
una cosa da canto trentesimo
dell'Inferno o tredicesimo della
Liberata.

Non so figurarmi mio padre
in nessuno dei regni cosiddetti
d'oltretomba, non so fino a che punto
c'entri la sete, quella sua sete
di sceriffo insidiato da stanchezze 
mortali verso l'ora di cena
quando era meglio non venirlo a trovare,
non chiedergli nulla, lasciarlo riposare.
(Giorgio Orelli)


Scoprire che il poeta Giorgio Orelli è mio fratello e che quindi quell'uomo assetato è "anche" mio padre. 
E' appartenenza, è un'affinità letteraria. E' familiarità. E' somigliarsi. 
E' uno sguardo che diventa mio.
Una poesia: la mia prova del DNA.


(Passaggi sulla terra)

venerdì 10 novembre 2017

Teste e testate


La testa cade a piombo
e si slaccia
nel pomeriggio strappato
al pensiero
ogni maniglia si aprì, fece silenzio.
Noi fermiamo lì una guerra
con navi serene e gelide.
(da "Millimetri" di Milo De Angelis)


Non avrei mai scelto una poesia di Ezra Pound perché al suo "nero" preferisco un altro genere di tono. Ad esempio quella certa oscurità che respiro in questi versi di Milo De Angelis poeta capace di fermare una guerra con navi serene e gelide.


(Cartolina da Ostia)








  

giovedì 9 novembre 2017

Selfie


Di tutto ciò far senza,
e del troppo sognare...
E sulla terra in levità passare.
(da Medicamenta di Patrizia Valduga)

  
Sarebbe bello riuscire a smettere. 
Di tutto ciò far senza, disintossicarsi da sms e chat, tornare a camminare senza google maps, attraversare strade vere, cedere il passo senza gli occhi fissi sul telefonino. Tornare al significato primo di parole come "condivisione" o "amicizia". Restituire a "navigare" o alla "rete" l'odore del mare. Sarebbe bello ma è un romanticismo che mi durerebbe pochino.
Mi osservo. 
Sono la cosiddetta "immigrata digitale", una che la tecnologia l'ha adottata in età adulta. Qualcosa uso e qualcosa salto, per intendersi una che si arrangia - ho un blog! - senza capire poi bene tutto tutto tutto...  
Intorno a me pullulano nativi digitali. Hanno sui tredici anni, li vedo ammiccare nei loro movimenti musically, formicolare su piattaforme a me interdette. Ballare. Si fotografano, si postano. Cantano? Non proprio, fanno una cosa simile al mimare una canzone mentre si riprendono.
Piccole app che crescono nella società multischermo che abbiamo organizzato per loro e, nelle nuove tecnologie ci navigano e senza provare disagio interagiscono con esse o, addirittura, le manipolano.

La notizia dei selfie di ragazzine nude in un gruppo uozzap, notizia di questa mattina, non l'ho letta con l'attenzione dovuta, o meglio, mi ci soffermo più come pretesto per riflettere su questa distanza tra generazioni. 
Non so se c'entra qualcosa, ma mi è venuto in mente Andrea, mio compagno di classe di trentacinque anni fa, un vero fissato delle tette. Noi "femmine" che scappavamo urlando, per finta, e ridevamo. I "maschi" in bagno a misurarseli (con il righello, seppi anni dopo) e poi tutti a fare la ricreazione. A spingersi, a ridere, a fidanzarsi. 
Farsi una foto nudi per poi pubblicarla non penso c'entri più con quell'idea di moralità, o di rispetto di sé, che in quel vecchio mondo lontano ere, ho fatto mia.
Forse quei selfie sono il segno di una "pubertà digitale" la cui adolescenza, maturità e vecchiaia, sempre digitali, non avrò mai, per anagrafia, modo di capire del tutto.
Forse. Non so.

(Like)