sabato 8 aprile 2017

Rosetta

Tutto il giorno
senza dire una parola.
Il suono delle onde.
(Santōka 1882-1940)


"Signora, signoraaaa!" la sua vociona alle mie spalle, mentre traffico con il bauletto del motorino appena parcheggiato sotto casa. Sono le sette di sera, sono da poco uscita dalla redazione, sono stanca, ho pure le buste della spesa e il sole, nonostante tutto questo, sembra ancora altissimo.
"Signoraaa, che c'ha un eurooo?" 
Mi sto girando verso di lui, in testa ho ancora il casco.
"Beh, no..."  
Me lo sfilo, scuoto i capelli appiccicati per il caldo, alzo lo sguardo. E' un mio vicino, quello dall'aria buffa e con la voce tenorile. Un uomo un po' vecchio un po' no, camicia  a maniche corte su pantaloni giro-collo (salgono sempre più in alto quando si invecchia). E' alto. E' lui quello che ci diede il primo benvenuto appena arrivati a vivere lì. A modo suo, a gran voce, con una barzelletta di quelle con la domanda, ehi, voi, sapete il colmo per un panettiere? avere una figlia che si chiama rosetta! 
Una cosa così.
Ovviamente, è stato amore a prima vista e lo abbiamo soprannominato "rosetta". 
Fino  a quel momento lo immaginavo nella sua casa, una magra pensione, arredi modesti, un figlio che magari lo va a trovare ogni tanto e, quando incontra qualcuno, due chiacchiere strampalate a gran voce. 
Sereno, anche nel suo caos mentale; non pensavo chiedesse l'elemosina. Ecco, questo non lo pensavo proprio.
"Signoraaa, avevo voglia di una cocaaaaa" stessi decibel, solo più rassegnati.
Il cappellino, di quelli anni sessanta, di tela rosata con le falde minuscole, si muove un po' sopra quella testa da proteggere. 
Alla parola "cocacola" non resisto. Poggio tutto per terra, casco e borse della spesa, e mi tuffo alla ricerca dell'euro. Qui non ci sono bambini da far mangiare, casa lontana o perdita del lavoro. E neanche un tavernello da svuotarsi in gola. Qui è tutto semplice. E' tutto molto semplice, come una battuta, come quella della rosetta. 
Oppure no. E' tutto molto, ma molto più complicato. 
Trovo la moneta sul fondo della borsa. 
"Ecco"
"Grazie signoraaa! Mi ha risolto un problema, eh!"
Ripongo il casco nel bauletto, raccatto le cose da terra, cerco le chiavi di casa e ancora:
"Signoraaaa! GRAZIEEE!!!" 
Un euro. Me lo ha chiesto, tutto qui. Un "problema" in meno sulla terra. Un "problema" risolto.

La mattina seguente, ancora mezzo addormentata, sento dalla finestra il clangore dell'automezzo addetto al recupero dell'immondizia e i mugugni degli addetti alla pulizia intenti nell'operazione di svuotaggio cassonetto. Su tutte, riconosco la voce, quella di rosetta:
"Signoreee! Scusiiii, non vedeeee??? Le è caduta una cartaaaa!!!


(lucina sbagliata)






venerdì 7 aprile 2017

Ricette del cuore


È l’ora, in cucina, che troppi
due sono, ed un solo non basta:
si cuoce, tra murmuri e scoppi,
la bionda matassa di pasta.
Qua, nella cucina, lo svolo
di piccole grida d’impero;
là, in sala, il ronzare, ormai solo,
d’un ospite molto ciarliero.
Avanti i suoi ciocchi, senz’ira
ne pena,
la docile macchina gira
serena,
qual docile servo, una volta
ch’ha inteso, ne altro bisogna:
lavora nel mentre che ascolta,
lavora nel mentre che sogna.
(da "La canzone del girarrosto" di Giovanni Pascoli



Nel mentre che sogna... 
Ho tantissimi ritagli di ricette mai fatte. Tantissimi, stipati in un vecchio quaderno con le molle
Conservo dosi precise per focacce profumate, indicazioni per non far impazzire la besciamella e sui pizzichi di sale, consigli su panetti di burro da fondere senza friggere, dritte sui tempi giusti di cottura, mi raccomando, e fritture da asciugare, bene, bene come deve essere. Alcune ricette sono incollate sui fogli del quaderno, molte sono autografe (mia nonna e le sue polpette, l'altra nonna col suo esotico "ciurek", una da mia madre: lo sformato di carciofi intitolato alla sua amica, scritto bene bene, da mia madre, con tutti gli ingredienti in ordine, come una brava donna di casa di quelle col grembiule col fiocco e che alzano la gambetta quando te lo porgono fumante sul piatto bianco di portata, maddai mamma!!!). E quanti ritaglietti di prelibatezze care, assaggiate una volta sola e mai dimenticate, come i momenti di felicità che mi regalarono e che si sarebbero dovuti replicare nella mia cucina ma che, finora, non ho mai replicato!
Guardo il mio quaderno cicciotto, gli ho messo intorno anche una cinta di elastico, la sua copertina macchiata di schizzi, i fogli guarniti di polvere e di briciole mezzo grattate, ben imbottito delle ricette che non realizzo.
Come quella della kaiserschmarren di una ventina di estati fa, mmh che bontà! 
Mai fatta. 


giovedì 6 aprile 2017

Ore 8.00 lezione di resistenza


Sono berline sportive e neri suv
che varcano gli alti cancelli e di là scaricano
i poveri figli dei ricchi alla scuola privata.
Ne avrà cura tutoria dietro le reti e le insegne
la scuola fino a sera, e torneranno
al crepuscolo i genitori e la loro flottiglia
tenacemente giustificata lungo il giorno,
cromatura per cromatura, investimento
su investimento in assenza di impicci.
I figli, nelle pause,
corrono fuori a fumare nervosi a gridare qualcosa
o restano silenziosi contro un muro.
Non bisticciano quasi mai, non manifestano
pena o interessi particolari per gli effetti e le cause.
Si allenano a diventare come i padri come le madri. 
("Scuola per ricchi" di Fabio Pusterla)




Una mattina come tante. Fabio Pusterla, l'insegnante poeta osserva alcuni ragazzi fuori la scuola. 
Ankara. Trecento insegnanti turchi, licenziati in tronco dall'università per motivi politici, continuano a fare lezione per strada, nelle piazze e nei parchi (clicca la notizia QUI). A questi se ne stanno aggiungendo altri.
Spesso l'ora di studio all'aperto si conclude con l'applauso di studenti che si allenano a diventare come i loro maestri.
Vorrei stare lì in mezzo. Imparare dagli uni e dagli altri. 


(III B)


  

mercoledì 5 aprile 2017

Siria


Quell'ignoto che in pieno giorno
ci porta via, quella rosa
affranta che appare nell'unione,
sua orbita segreta, siamo noi.
Siamo noi il luogo della cronaca
e il luogo del fiore senza età.
(Milo De Angelis)


Siria. Le armi chimiche. 


(Vite)




martedì 4 aprile 2017

San Pietroburgo


Metti in serbo per le stagioni fredde
queste parole, per le stagioni dell'ansia!
Come il pesce sulla sabbia, l'uomo sopravvive:
se si strascina agli arbusti e s'alza
su gambe incerte e storte e va, come un rigo dalla penna,
nelle viscere stesse della terra.

Esistono leoni alati, sfingi col seno
di donna, angeli in bianco e ninfe del mare:
a colui che sostiene sulle sue spalle il peso
di buio, caldo e - oso dirlo - dolore,
sono più cari degli zeri concentrici nati
da parole gettate.
(Iosif Brodsky)




L'ansia della nostra stagione sembra dirci Brodsky, anche oggi dopo un altro attentato terroristico, è una belva che si può domare solo con la conoscenza, solo con la cultura.


(Persi)











lunedì 3 aprile 2017

Bocca all'ingiù :-(


A stento si dilegua
con tutta la fatica
che le costa,
debole come un male,
l'ostilità dell'ombra
(da "Partita" di Francesco Scarabicchi)



"Erano qui, sono appena andati via!"
O quando si sceglie nel menù proprio quel piatto che "ne era rimasta una sola porzione, mi spiace". O quel vestito che ti ha fatto frenare davanti alla vetrina, fichissimo e da indimenticabile, "c'è solo una 40".
Canto quei momenti - quell'incontro mancato, quel vestito, quella porzione di lasagna - di epifanie al contrario, di sparizioni fulminee ma comunque consolabili.
"Avanti i numeri pari" ma ho quello dispari, il gesto gentile che non è per me, un sms che non arriva. O le pizze, calde e fumanti e col basilico sopra, che atterrano sugli altri tavoli. 
Canto quegli attimi di bocca all'ingiù - se eravamo piccoli avremmo frignato per un po' con un piantino senza lacrime - canto quelle piccole crepe di delusione.
Una rughetta in mezzo alla fronte, verso il basso, verso la punta delle scarpe me le contiene tutte.
L'ostilità dell'ombra
Datemi un minuto. Uno solo. Che mi passa.


(buddismo di periferia)







    

domenica 2 aprile 2017

Gomorra la serie

Senza far rumore,
nella pianta di riso,
s'insinua il bruco.
(Ransetsu 1654-1707)


"Gomorra la serie" è stato venduto in trenta paesi, tutti ne parlano, i miei amici ne sono entusiasti e lo definiscono "un bel prodotto" quindi, me ne rendo conto benissimo, la mia voce è un pio pio inutile e assolutamente fuori sinc. 
Ma non mi convincono, continua a turbarmi, questo "prodotto" mi confonde e mi irrita. E mi prostra il fatto che l'esempio ovunque celebrato della cosiddetta letteratura di denuncia, una volta assimilato dalla macchina produttiva del mercato, diventi mero intrattenimento televisivo. 
Quei camorristi che Saviano ci aveva fatto coraggiosamente vedere, sui quali ha puntato il dito della letteratura - che da quel momento ha cambiato il suo corso - quei camorristi di cui Matteo Garrone ci ha svelato dettagli impressi nel nostro immaginario, non vi sembrano "in posa"? 
"Gomorra la serie" ovvero dove il degrado diventa lo spettacolo del degrado, gioco di ruolo tra attori di qua e di là dallo schermo. E non turba nessuno la scelta di girare in "quei" luoghi, teatro di morte, guardarli in tv come fossero un teatro di posa dove va in onda la replica di efferatezze?

Allora mettiamoci pure in posa con questi protagonisti, facciamoci pure un selfie, perchè ci sta capitando, è tutto vero. Siamo dolcegabbanizzati, belli e crudeli ibridi tra Sopranos e Disney, mettiamoci in posa nella location giusta. 
Oppio di noi stessi.


(Dissenso)