lunedì 14 dicembre 2020

Louise Glück

Il bello
è non avere
una mente. Sentimenti:
oh, quelli ce l’ho; mi 
governano. Ho
un signore in cielo
chiamato sole, e mi apro
per lui, mostrandogli 
il fuoco del mio cuore, fuoco
come la sua presenza.                                             
Cosa potrebbe essere una simile gloria
se non un cuore? Oh miei fratelli e sorelle,
eravate come me una volta, molto tempo fa,
prima che foste umani? Vi
concedeste di
aprirvi una volta, per non
aprirvi mai più? Perché in verità
ora sto parlando
come fate voi. Parlo 
perché sono disfatto.
(“Il papavero rosso” di Louise Glück)


Finalmente possiamo entrare in un giardino nuovo! 
Il Saggiatore pubblica due raccolte di Louise Glück, Iris Selvatico e Averno, chiavi d’accesso al mondo della poetessa americana consegnateci con la cura e traduzione di Massimo Bacigalupo. In Iris selvatico sono le erbe stesse a parlare - l’estate del papavero e della zizzania segue la primavera del trifoglio e dell’ipomea. I pochi umani che popolano queste pagine sono intenti nei loro lavori semplici, vorrei dire semplificati, in silenzio ascoltano il vocìo d’erbe. Il gelo arriva con Averno, luogo mitico e oscuro, ma Glück riflette la poca luce rimasta propagandola con il suo stile meditativo. E al lettore indica la stella del crepuscolo, Venere, guardarla diventa un privilegio nuovo.

Questa sera, per la prima volta in molti anni,
mi è apparsa di nuovo
una visione dello splendore della terra:

nel cielo del crepuscolo
la prima stella sembrava
crescere in luminosità
mentre la terra si oscurava

finché in ultimo non poté essere più scura.
E la luce, che era la luce della morte,
sembrava restituire alla terra

il suo potere di consolare. Non c’erano 
altre stelle. Solo quella
di cui sapevo il nome

poiché nella mia altra vita le avevo fatto
torto: Venere,
stella del crepuscolo,

a te dedico
la mia visione, poiché su questa superficie vuota

hai gettato luce sufficiente
a rendere il mio pensiero
nuovamente visibile.
(“La stella della sera” da “Averno”) 













 

domenica 13 dicembre 2020

Manifesto

Cosa non devo fare
per togliermi di torno
la mia nemica mente:
ostilità perenne
alla felice colpa di essere quel che sono,
il mio felice niente.
(Patrizia Cavalli da “Una vita meravigliosa”)



Vorrei dedicare a tutti noi i versi di una poetessa, da me amatissima, che ha fatto del suo stato d’animo poesia. Intendiamoci, non sono parole d’impegno, non indicano strade o comportamenti, tutt’altro. Se possono, ti lasciano lì, dove sei. Ma sono talmente pieni di vita e di consapevolezza, così pieni di forza da leggermi dentro e essere quindi diventati il mio manifesto esistenziale.


                                                                     (Una vita meravigliosa)




venerdì 11 dicembre 2020

Haiku

Notte silenziosa
sotto la luna un bruco
si fa strada dentro una castagna
(Bashō 1644-1694)

Mi è rimasta in testa quella notizia di qualche giorno fa, l’aggiornamento dati di quel catalogo immenso di stelle che porta il nome vellutato di Via Lattea. Un satellite ne ha disegnato la mappa ancora più precisamente, orbite filamentose tracciate da un miliardo e ottocentoundici milioni di stelle, cento milioni in più di quello che sapevamo, intorno a un buco nero un sorprendente catalogo.
Leggere uno haiku ricostruisce dentro di noi un planetario, dove ridimensionarci e collocarci. E, da qualche parte di questo universo, osservarci mentre ci facciamo strada, ognuno dentro la propria castagna.

                                                                      (Cosmo portatile)
                                                                     





giovedì 10 dicembre 2020

La stella di Emily

È come la luce -
una gioia senza forma -
è come l'ape -
una melodia - senza data -
è come i boschi -
privata - come la brezza -
inarticolata - eppure scuote
gli alberi più orgogliosi -
è come il mattino -
al meglio - quando è finito -
e gli orologi eterni -
suonano - la mezza!
(Emily Dickinson, 297, trd. Massimo Bacigalupo)

Versi dal tempo sospeso, anche la gioia, e la luce, qui appaiono senza data. Come succede nelle nostre case in queste giornate di quasi festa, quando cerchiamo di rattoppare riti e piccole tradizioni domestiche come possiamo. I tentativi di una nuova esistenza cuciti con ago e filo dalla poetessa filosofa nata centonovanta anni fa come oggi, attuale e misteriosa come una stella cadente.
Bisogna concentrarsi, conoscere il silenzio e il buio per vederla.


                                                                     (tra alberi orgogliosi)

martedì 8 dicembre 2020

Lennon pensando a Zaki

Immagina di legare palloncini al tetto
di ogni edificio della città.
Lascia che i palloncini oscillino al vento.
Prova a vedere se così gli edifici sono più leggeri.
(Da “Acorn” di Yoko Ono)

A quarant’anni della morte di Lennon, da quello sparo che ha colpito al cuore il sogno, continuiamo a sognare, continuiamo a immaginare. Comunque. Nonostante tutto. 
Immaginiamo che Patrick Zaki ce la faccia, e che si liberino dalle catene altri eroi civili, belli e forti come lui, in lotta per un mondo leggero, un mondo-palloncino finalmente colorato e libero nel blu.


                                                                              (Imagine)