martedì 7 maggio 2019

Salone del Libro


Se un vento adesso
porta ombre cattive
parole di turbamento
tu cancella l'arsura
dammi da mangiare
dalla tua voce
un pane di parole intese
dentro le misure del silenzio
oggi che siamo 
disabitati.
(da "Le giovani parole" di Mariangela Gualtieri)


Se vado al Salone? Come ogni anno, come ogni giorno. Cosa c'è mai di diverso? Ogni giorno, e da anni, da quando sono nata, esco da casa e attraverso la mia città. E i manifesti sul muro, e le svastiche, gli "ancora vive" e i "camerata, presente!" di vernice nera, eterni, e leggo i giornali con le notizie di ragazzi che ce rubbeno er lavoro pestati a sangue, di barboni accesi con un cerino, e di colori della pelle, ancora-col-colore-della-pelleee. E vado avanti. E mi ritrovo, in metropolitana o in mezzo alla tifoseria incarognita del dopo partita o eccitata dal pre, a guardare tatuaggi cattivi su bicipiti istoriati, su colli tozzi da vene gonfie. E vado avanti. La resistenza a tutto questo non è eclatante o schizzinosa, è dare rilevanza a un ragazzo di Torre Maura o a uno che sfila a Napoli contro la camorra, è partecipazione. È esserci, guardarsi, ascoltarsi dentro le misure del silenzio


(Salone del libro)




lunedì 6 maggio 2019

Simone e Antonio


Ardui cammini del verde
sul filo di infinite inesistenze -
un ultimo raggio li perseguita
(Haiku di Andrea Zanzotto)

L'arduo cammino di Antonio Piccirillo (video QUI) e quello di Simone di Torre Maura, due ragazzi che idealmente proseguono fianco a fianco, uniti in una lotta privata e pubblica. Cercano di sollevarsi, di schivare quel raggio oscuro che perseguita le loro esistenze, si chiami camorra o fascismo loro vanno avanti. Sono bellissimi e i loro sguardi illuminano la strada per chi li seguirà.


(In cammino)


venerdì 3 maggio 2019

La fine di una vita sognata



Pace forse è davvero la tua
e gli occhi che noi richiudemmo
per sempre ora riaperti
stupiscono
che ancora per noi
tu muoia un poco ogni anno
in questo giorno
("3 dicembre" di Vittorio Sereni)



Vittorio Sereni, molti anni dopo la morte di Antonia Pozzi, scriverà questa breve poesia intitolandola “3 dicembre”, data del suicidio dell'amica, dove dolore e stupore paiono rinnovarsi ogni anno, in un ciclo continuo di sofferenza. 
Con oggi si chiude la piccola serie di appuntamenti radiofonici dedicati alla vita della poetessa alpinista, vita da lei stessa definita "vita sognata". Di tutte le cose che ho letto e riletto, sue e sulla sua figura, a colpirmi, al contrario di quello che si può forse immaginare, è proprio la vitalità di Antonia. In ogni suo testo sembra annodare il buio alla luce e lo fa con una tale forza caparbia da sorprendermi a ogni rilettura, come se quel suo gesto energico lo vedessi, lo potessi sentire. Una vita così amata da risultarle insostenibile.


    







giovedì 2 maggio 2019

Post Concerto del Primo Maggio



Io rimango (seh, seh)
Fino a quando (uh, ah)
Non accendo - no le luci (uh, ah)
E i bicchieri abbandonati
Sanno come ci si sente (seh, ah)
Ad essere come diamanti (oh)
Invisibili alla gente
La tua testa è un giga - ntesco centro sociale (come no, uh, ah)
E se per caso stanotte mi gira, io ci vado a dormire col cane (uh, come no, ah)
(da "Post Concerto" dei Coma_Cose)


Cronaca di un post concerto del primo maggio. 
Mi è rimasta in testa la canzone dei Coma_Cose, ancora adesso la canticchio, bellissima, come bellissimi erano quei due che sul palco sembravano così leggeri mentre rappavano Post Concerto proprio quando il concerto si svolge, come volavano oltre, lievi, su quel palco, coi loro bei movimenti a scatti, mani che reggono il microfono col gesto giusto, i pollici e i mignoli, quell'andamento perfetto da camminata in periferia che sa di grigio, tubi di scarico e metropolitana e sguardo da sotto la felpa, occhi aguzzi come una enne spruzzata sul muro, malinconici come graffiti quando dal treno te li lasci alle spalle. Pensavo e li guardavo, guardavo e li pensavo. Allargando il campo mi pensavo anche io, sono quella laggiù, sul divano, che si mordicchia un'unghia mentre l'immagine dei bicchieri che sanno come ci si sente a essere invisibili mi sembra così poetica che domani la cerco e la scrivo, e il mio piede va a ritmo e allora alzo il volume. Avrei voluto inghiottirci Roma con quei due ragazzi dal nome pazzo, Coma_Cose, che volavano, e spingerla in alto, disancorarla, alleggerirla fino a poterla soffiare. E trasportandola lontano l'avrei mandata post concerto, oltre, le avrei restituito i ventanni. E su quella Roma volante e bella c'è spazio per tutti, ci si può girare sicuri, nessuno viene aggredito dopo aver finito il turno di lavoro, magari tornandosene in bici verso casa con addosso la voglia di baciare la ragazza dicendole:  
আমি তোমাকে ভালোবাসি  (ti amo in bengalese)    


(dedicato al ragazzo massacrato ieri)



mercoledì 1 maggio 2019

Le vite dietro una foto


Chi mi parla non sa
che io ho vissuto un’altra vita –
come chi dica
una fiaba
o una parabola santa.
(da "La vita sognata" di Antonia Pozzi)

All'università Antonia Pozzi aveva intessuto un'intensa amicizia con Dino Formaggio, il giovane e promettente studente di filosofia che un giorno diverrà il maestro di Massimo Cacciari. Sul retro di questa fotografia datata 1937 per l'amico, Antonia Pozzi scrive una dedica:
“È l’immagine più cara che ho di me, dove sembro più un ragazzotto che una donna e ho addosso e intorno tutte le cose che di più amo: i miei scarponi, il cappellaccio a fungo, la bella neve bianca, le pietre, il legno; qui è l’essenza, il midollo, la fibra viva e contrattile della mia vita."