domenica 2 dicembre 2018

Parole vive


Una parola muore
appena è detta
dice qualcuno -
Io dico che comincia 
appena a vivere
quel giorno
(Emily Dickinson trd. Silvia Bre)



Dalla A alla L tutto a posto, spolverato e sistemato: gli Auster, i Bellow, i Byatt. I Covacich, i Coetzee, è la mia libreria. I Fante, un po' di Faulkner. Spunta un amico scrittore, simpatico ma negato, che comunque sistemo al suo posto, tiro fuori un Roth, che mito assoluto, apro una pagina a caso scommettendo sull'illuminazione che sarà, e i fantastici quattro di Mauro - Kafka, Joyce, Svevo, DeLillo - e i Manganelli, per ora orizzontali uno su l'altro, a vista, più tardi ci penso. Spunta uno scrittore bravo che conosco bene ma che se la tira troppo, va bene, ecco il suo posto, quello sopravvalutato e poi quello del piacione che mi scrisse il suo telefonino sotto la dedica, quello della finta simpatica e quello di quello che si sente un dio. Impilo da un parte l'autrice persa di vista e quelli del vecchio caro amico scomparso. Scrosto briciole vecchie, macchie di muffa, sbatto il palmo della mano forte, sulla copertina, la polvere vola in alto...
Qui i libri di poesia, i miei "strumenti umani", Gualtieri, Magrelli, De Angelis e le loro voci ancora nelle orecchie, ore di parole registrate per andare in onda, immagini lancinanti di haiku e versi precisi, una spiaggia di Rimini, una cima, una camera da letto, un marciapiede a Milano.
Rileggo dediche, torno indietro di anni, vecchi incontri, vecchie trasmissioni, vecchi progetti. Questo lo tengo, questo lo scarto, questo lo scarto e questo lo tengo, questo lo cerco da anni e questo già lo avevo e l'ho ricomprato, questo l'ho ricevuto in regalo tanti anni fa, c'è la data. Ho una libreria che mi racconta mentre sul pavimento piovono segnalibri, foglie secche, biglietti di autobus, anche ricette e cartoline.
I libri sono questo, sono gli strumenti, gli utensili, sono il cacciavite e la pinza, il righello e la pentola che ci servono per capire, e le loro parole, vive come quelle della Dickinson, pongono domande. Chi siamo, dove siamo, cosa abitiamo, cosa siamo diventati...


(Vita)









venerdì 30 novembre 2018

Traslochi 1


Acqua che scorre -
a nessuno in particolare
arrivederci
(Santōka 1882-1940)


E mica sono Santōka a cui bastava una sacca a tracolla dove infilare la ciotola per le elemosine - sacca che serviva anche per mangiare e bere - un taccuino, la penna e una bottiglietta di saké! E che attraversava il Giappone senza legarsi troppo né alle cose né alle persone! 


- un vecchio post, di qualche anno fa, la cronaca di un trasloco - 


Non viaggio così leggera, purtroppo, e i miei duecento "colli" (centocinquanta scatole di libri e il resto tra mobilia e carabattole) la dicono lunga. Tutti che mi dicevano "Ahia il trasloco! Un dolore pari al lutto! Una rogna infinita! Un vero incubo!". Ma alla fine, il trasloco, ha una sua utilità "igienica". Si tira una linea, si buttano tante cose scegliendo solo quelle che servono, si impilano anni e si incartano ricordi. Le foto spuntano a tradimento, è vero. Una "tu" vecchia di anni fa eppure così giovane, un papà che scherza con un nonno, un vecchio fidanzato, sguardi che non ci sono più, sguardi che ancora non avevano visto le cose che avrebbero visto. meno male che ci sono i traslocatori che ingombrano, spostano, impilano e non ti permettono alcuna commozione. Prendere o lasciare. Portare o buttare. 
Allora preferisco farmi solo queste domande: che fare di quel vecchio porcellino di vetro (fragilissimo e racchietto) che ha resistito a quattro traslochi? E di quella pentola? Quel vaso che fa molto "zia pina" peró irrinunciabile? E quelle pedule mai usate? 

Su come è possibile che dieci anni siano passati così in fretta, a chi sorridesse mio padre in quella foto, e come può succedere che "quella" che mi porto dentro la senta sempre come una "me", che "io" sia sempre "lei", quella tipa felice che il giorno del suo decimo compleanno si abbracciava la compagna di banco e che posava per una foto che avrei trovato secoli dopo e infilato nella tasca dei jeans per non perderla, no, queste domande non me le faccio.
Ah, vado a vivere nel quartiere che fu di quella mia compagnetta di classe che abbraccio lì dentro, laggiù nel tempo. Come adesso.


mercoledì 28 novembre 2018

Per sempre



Le mattine dei nostri anni perduti,
i tavolini nell'ombra soleggiata dell’autunno,
i compagni che andavano e tornavano, i compagni
che non tornarono più, ho pensato ad essi lietamente.
Perché questo giorno di settembre splende
così incantevole nelle vetrine in ore
simili a quelle d’allora, quelle d’allora
scorrono ormai in un pacifico tempo,
la folla è uguale sui marciapiedi dorati,
solo il grigio e il lilla
si mutano in verde e rosso per la moda,
il passo è quello lento e gaio della provincia.
("Gli anni" di Attilio Bertolucci)


Quelle notizie che non fanno notizia. Due anziani coniugi dopo sessantadue anni di vita insieme che muoiono lo stesso giorno, lui per il cuore che cede, in ospedale, lei a casa, come addormentandosi (QUI).
Che strana la vita, che strano l'amore, come si somigliano; un risultato di coincidenze, una somma di appuntamenti, ricordi e progetti, una scelta sull'altra.
Scorrere in un pacifico tempo, insieme. Per sempre.


(4ever)
    

martedì 27 novembre 2018

Bosco a Roma nord



Divergevano due strade in un bosco
ingiallito, e spiacente di non poterle fare
entrambe uno restando, a lungo mi fermai
una di esse finché potevo scrutando
là dove in mezzo agli arbusti svoltava.

Poi presi l’altra, così com’era,
che aveva forse i titoli migliori,
perché era erbosa e non portava segni;
benché, in fondo, il passar della gente
le avesse invero segnate più o meno lo stesso,

perché nessuna in quella mattina mostrava
sui fili d’erba l’impronta nera d’un passo.
Oh, quell’altra lasciavo a un altro giorno!
Pure, sapendo bene che strada porta a strada,
dubitavo se mai sarei tornato.

lo dovrò dire questo con un sospiro
in qualche posto fra molto molto tempo:
Divergevano due strade in un bosco, ed io…
io presi la meno battuta,
e di qui tutta la differenza è venuta.
 ("La strada non presa" di Robert Frost - trd Giovanni Giudici)


Se piove, come oggi, mollo il motorino e vado a piedi, per arrivare al lavoro posso scegliere tra strade diverse.
Poi presi l’altra, così com’era 
Per raggiungere la mia scrivania cambio l'itinerario ogni volta, aggiungo o tolgo un ponte, svolto alla prima o alla seconda traversa... ma sempre, a terra, i pezzi di legno. Sono rami nerastri, umidi e storti, riportati al padrone da cani fedeli, ce ne sono anche di chiari, lisci come fossero stati levigati dal fiume, dal mare addirittura, che tra le foglie bagnate e una cartaccia attendono il nuovo loro lancio.  
Sulla mia strada, ogni giorno diversa, il medesimo gioco invisibile appena finito.

(Bosco a Roma nord)



lunedì 26 novembre 2018

Alessandro Leogrande


Non può esistere crescita
senza il comunicarsi fiducioso
senza conoscersi profondamente –
senza sapere che l’amore cresce
quando ognuno vi cresce.
Sano è morire maturi – sincero
superare il timore di vedere,
fondendosi diversi.
La libertà è certo necessaria
ma non basta a creare un mondo nuovo.
("Se gli occhi fioriscono" di Danilo Dolci)



In memoria di Alessandro Leogrande, del suo impegno e della sua mitezza, un anno dopo.
Sano è morire maturi – sincero superare il timore di vedere, fondendosi diversi.





Bibliografia:
Un mare nascosto, Napoli, L'ancora del Mediterraneo, 2000
Le male vite: storie di contrabbando e di multinazionali, Napoli, L'ancora del Mediterraneo, 2003 (poi, Roma, Fandango Libri, 2010)
Nel paese dei viceré: l'Italia tra pace e guerra, Napoli, L'ancora del Mediterraneo, 2006
Uomini e caporali: viaggio tra i nuovi schiavi nelle campagne del Sud, Milano, Mondadori, 2008; Premio Napoli (poi, Milano, Feltrinelli, 2016)
Il naufragio: morte nel Mediterraneo, Milano, Feltrinelli, 2011 
La frontiera, Milano, Feltrinelli, 2015