martedì 31 gennaio 2017

Lezione di Storia

Non ti vuole ti espatria
si libera di te
rifiuto dei rifiuti
la maestà della notte.
(Vittorio Sereni "Notturno")


Di una cosa invidio coloro che verranno dopo di me: potranno leggere la Storia collocando gli eventi, con causa ed effetti, nel giusto ordine. Potranno capire le ragioni degli uni e degli altri, sottolineando date e avvenimenti, evidenziando di giallo fosforescente svolte e decisioni che, ora che le vivo, mi sembrano solo affastellarsi confusamente.
Le scelte egoistiche dell'Europa, la chiusura dei confini di Trump (leggi QUI), la risposta del Canada e la strage nella moschea Quebec. Il ruolo di Putin. Le grandi migrazioni, le conseguenze psico-reazionarie contro una nazione liquida e migrante e sconfinante come un rifiuto dei rifiuti.
Attentati che non riusciamo a spiegarci, Giulio Regeni, organizzazioni criminali che mischiano la fede con il terrorismo, dittature travestite da democrazie, primavere implose in inverni lunghissimi, alti muri alzati su confini su cui premono le stesse vittime... Oggi nel "mare" che fa rima con "bare" ci si fanno i tuffi.

Ma un giorno, qualcuno, magari tra mezzo secolo, studierà questa nostra Storia. 

Amo lo studente che imparerà la nostra Storia. Stenderà questa mappa sgualcita del mondo di ora, lisciandone le pieghe con le dita, e ci capirà finalmente qualcosa di questi anni arrivati dopo le torri gemelle. 
E lo schemetto riepilogativo a fine pagina per l'interrogazione mi darà quel sollievo che non provo adesso, ora che vivo quegli avvenimenti.


(La Storia siamo noi)





lunedì 30 gennaio 2017

Santōka

Recitando i sutra
ricevo riso -
canto di averle
(Santōka 1882-1940)



Che le "averle" siano piccoli uccelli della famiglia dei passeri lo apprendo dalla notazione zoologica, un ennesimo regalino che mi giunge da laggiù, dal mio monaco zen preferito autore di questo haiku di totale benessere.

E' stato un fine settimana particolarmente ricco, il libro che gli ho dedicato continua elargirmi un' empatia immediata con le persone che incontro. 
Ecco qualche appunto sulla presentazione di sabato che qui condivido. 
Ecco il riso che ho ricevuto.

Poggibonsi. Appena ci arrivi capisci che, a dispetto di una Toscana da cartolina, perfetta e metafisica, questo è un luogo dove ci si è dati molto da fare per essere all'altezza del territorio circostante. La sua ricostruzione dei primi anni cinquanta non la vedono meta, per capirci, di uno Sting che sceglie questa regione come luogo d'elezione ma appare subito evidente, appena la attraversi a caso in automobile per la prima volta, che i suoi abitanti l'hanno resa, a dispetto di tutto, molto accogliente. Cinema, librerie, una bellissima biblioteca, opere d'arte diffusi nel territorio compongono la trama di un tessuto culturale vivacissimo e immediatamente percepibile. E, ci scommetto, nel tempo saranno riscoperte anche quelle mattonelle azzurre della sua pavimentazione, quei portici squadrati, quelle finiture essenziali, quei colorini appassiti degli intonaci, quei passaggi "ricavati" tra condomini alti e anonimi! Gli anni cinquanta con il loro "un po' voglio ma non posso", torneranno di moda e stuoli di architetti arriveranno anche in questa piccola ed eccentrica parte della splendida Toscana a studiarseli. 
A Poggibonsi poi vi nacque anche Leonetta Pieraccini, moglie di Emilio Cecchi, un'intellettuale a me simpatica per varie regioni ora troppo lunghe da spiegarvi.

Sabato mattina la traduttrice ed esperta di Giappone Antonietta Pastore citava il "mio" Santōka e "Haiku e saké" in un articolo su Repubblica intitolato "Magia Haiku tutto in tre versi", sabato pomeriggio mi aspettavano in biblioteca per la presentazione del libro. 
Che dire? Riso a go go!

Allora, in ordine sparso, continuo i miei appunti:
"Scilla" di nome e di fatto, piena di vitalità.
Una biblioteca luminosa, situata in un ex ospedale, oggi dispensatrice di "cure" per le teste di chi la frequenta, ha offerto i suoi bei locali per la presentazione. 
Dario, organizzatore e professore, di cui tutti mi hanno detto solo cose belle. 
Ivo che ama le distanze brevi come i racconti di Carver e che insegna a ragazzi che sento di invidiare. 
Pantzela, profonda e di parole precise, come sanno essere i sardi, con i suoi click mentali tutti per me. 
Alessandra che è arrivata da Bologna, Emma da Firenze e che mi hanno portato tutto il loro affetto, la loro sensibilità e attenzione per quanto scrivo e faccio a Radio3.
Un bel panorama umano, l'incontro era pienissimo. 
E domenica le colline senesi, preservate dalla speculazione e dagli obbrobri, quel loro grigio-giallino dell'inverno, meno turistico ma così struggente. Il verde scuro dei cipressi affusolati che ogni tanto lo interrompeva come un tratto di pennarello.  
Un faccia a faccia con Duccio di Buoninsegna che non dimenticherò tanto presto e poi le "architetture" di Pinturicchio sempre a Siena, sulle pareti della Libreria Piccolomini del duomo. 
E prima di ripartire verso Roma, i ricciarelli appena fatti, fragranti, mangiati in memoria di qualcuno che li amava e non c'è più, come una preghierina laica e buonissima.



(ricevo riso)






  
              


    


venerdì 27 gennaio 2017

Giornata della Memoria




QUI ABITO' GIOVANNI RE
MUSICO SOLDATO COSPIRATORE
CHE ALLE LIBERE ARMONIE DEL GIUSTO E DEL BELLO
ASCESE DALL'ORRENDO MARTIRIO
DEI CAMPI DI GERMANIA
Milano 1891- Lagenfeld 1945
(Milano, lapide in via Foppa)



Giovanni Re, chi eri? Il tuo nome era quello di una nota musicale o di un sovrano? Chi amavi?

Leggere con cura una lapide o i nomi incisi sull'ottone delle Stolpesteine - opera di memoria "diffusa" dell'artista Gunter Demning in diverse città tedesche ed europee, tra cui Roma - le "pietre d'inciampo", è la mia preghiera. Se sillabo i cognomi vale di più? Di Consiglio, Piperno, Spizzichino. E poi Ogliaro, Lattes e Girotti. Le date e i luoghi di nascita e di morte. Provare a contare i giorni conclusi in luoghi sinistri, troppo presto per una vita, mesi, anni, trascorsi fuori da quel portone che ho davanti, a un passo da me eppure così lontano, e che sa ancora di casa, di affetto, di abbracci.
Dedicare un minuto per leggere quelle iscrizioni, vale pregare così? Scansare un mozzicone o una foglia, tentare di ricordare a memoria almeno un cognome per ripeterlo dentro di sé per qualche passo, Della Seta, Piattelli, Levi. 
Mi "faccio inciampare" da quei sampietrini dorati, leggermente in rilievo, da quelle icone sacre, mi "faccio leggere" da quelle lapidi, ogni volta. 




(Trieste - Risiera di San Sabba - forno crematorio)










giovedì 26 gennaio 2017

Come Pippi

I suoi capelli color carota erano stretti in due treccioline rigide che se ne stavano ritte in fuori, di qua e di là dalla testa; il naso pareva una patatina ed era tutto spruzzato di lentiggini. E sotto il naso s'apriva una bocca decisamente grande, con una fila di denti bianchissimi e forti. Originale era il suo vestito: Pippi se l'era cucito da sola. 
(da "Pippi Calzelunghe" di Astrid Lindgren)

Da quando usiamo tutti la rete, la parola "condivisione" viene legata automaticamente al click che facciamo quando vogliamo che quello che ci piace, diverte o ci interessa, "giri" tra i nostri "amici".

Con questa azione , tanto estroflessa quanto pubblica, si è  andato via via offuscando il significato primo, quello latino, quell'antico "con-dividere", il gesto nobile, "tangibile" più che "digitale", di un passaggio di qualcosa nelle mani di qualcun altro (un bene, un sorriso, un pezzo di pane) dividendoselo.
Ma vi è un terzo significato che, nella maggior parte dei casi le persone tendono a soffocare in ragione di un atteggiamento più compassato? più superiore? più introverso? ovvero la condivisione di una piccola gioia.
Un successo, un traguardo raggiunto, un regalo inaspettato, un fine settimana di relax, una cena nel posto più bello del mondo, una serata riuscita o un bel capodanno a New York si tende a non raccontarli, a passarci su, preferendo lagne o pallosissime liste di ingiustizie subite. Queste piccole gioie che la vita ogni tanto ci elargisce, vengono semplicemente omesse dalla conversazione. Non si condividono. Punto.


Oggi nomino maestra indiscussa, nume tutelare delle piccole gioie che scaldano la vita e riempiono gli occhi di micro stelline, protettrice assoluta di chi le condivide entusiasticamente a mezzo mondo, che so, in fila alla cassa, durante un pranzo alla mensa aziendale o quando ci si incontra dopo un po' di tempo, Pippi Calzelunghe!
Evviva gli entusiasti come lei, quelli con una scimmia pazza sulla spalla, che sono contenti e che, senza complessi o retro pensieri, sono capaci di gioire con gli altri di qualcosa di bello.
Pippi come maestra zen, capace di cucirsi un abito originale tutto da sola, con qualche toppa colorata qua e là? 
Ci sta. 
E con una capriola degna di lei e delle sue lunghe gambe a righe, le dedico un haiku del mio maestro di riferimento, Santōka:

Disteso
ancora un po' di sole
sulle gambe


(una domenica in panciolle)




  
     
   


mercoledì 25 gennaio 2017

Giulio Regeni

Scrivo sulla sabbia
"Figlio senza pari".
Mio figlio scrive solo, più grande, "mare"
(Ogiwara Seisensui 1884-1976) 



Il 25 gennaio 2016, un anno fa, veniva rapito Giulio Regeni. 
Circa sei mesi dopo quel giorno, in un pomeriggio estivo, di fronte uno dei più bei parchi verdi di Roma, Villa Ada, leggevo il suo nome sul foglio A4 sovrapposto alla targa che indicava il nome della piazza antistante, ribattezzata ad uso esclusivo di coloro che notavano quell'avviso cartaceo, "piazza Giulio Regeni". Un avviso labile, che sarà oggi, dopo tanti giorni, certamente andato perduto. Scrivo sulla sabbia.
Ringrazio quell'anonimo che si è preso la briga di quel gesto, un militante di una società civile possibile che, in nome della verità, ebbe la cura di scrivere, stampare e attaccare con lo scotch un foglio come monito sobrio e insistente per chi passa da lì: ricordiamo Giulio Regeni.
Il pensiero torna così a lui, al suo viso, ai suoi genitori. Li ricordo presenti in video durante una recente festa di Radio3, la civile compostezza, le parole ferme. I loro sguardi che cercano in nostri, la commozione che ci ammutoliva.
Figlio senza pari.
Il pensiero torna al reato di tortura, all'iter complicato per una legge così urgente, a Bolzaneto. A forze dell'ordine fasciste che si considerano al di sopra delle leggi.

Tradito da un atto meschino, vendicativo. 

"Gli uomini muoiono, ma non sono fatti per morire. Sono creati per incominciare" scriveva Hannah Arendt ne "La banalità del male".(wikipedia QUI)

In questi giorni, in questa settimana dedicata alla memoria, scrivendo qui la mia piccola lapide celebrativa dedicata a Giulio Regeni, mi viene in mente quel concetto, terribile e chiarificatore, elaborato dalla Arendt. Il male è banale, non è affatto straordinario, come è stato banale denunciare, per vendicarsi del denaro negato, Regeni alle autorità egiziane. 

Mohammed Abdallah, capo del sindacato autonomi degli ambulanti del Cairo, ingranaggio banale di tutta la macchina del male umano e Giulio Regeni, creato per incominciare qualcosa di grande.


(inizio)