Scrivo sulla sabbia
"Figlio senza pari".
Mio figlio scrive solo, più grande, "mare"
(Ogiwara Seisensui 1884-1976)
"Figlio senza pari".
Mio figlio scrive solo, più grande, "mare"
(Ogiwara Seisensui 1884-1976)
Il 25 gennaio 2016, un anno fa, veniva rapito Giulio Regeni.
Circa sei mesi dopo quel giorno, in un pomeriggio estivo, di fronte uno dei più bei parchi verdi di Roma, Villa
Ada, leggevo il suo nome sul foglio A4 sovrapposto alla targa che indicava il
nome della piazza antistante, ribattezzata ad uso esclusivo di coloro che
notavano quell'avviso cartaceo, "piazza Giulio Regeni". Un avviso labile, che sarà oggi, dopo tanti giorni, certamente andato perduto. Scrivo sulla sabbia.
Ringrazio quell'anonimo che si è preso la briga di quel gesto, un militante di una società civile possibile che, in nome della
verità, ebbe la cura di scrivere, stampare e attaccare con lo scotch un foglio come monito sobrio e insistente per chi passa da lì: ricordiamo Giulio
Regeni.
Il pensiero torna così a lui, al suo viso, ai suoi genitori. Li ricordo
presenti in video durante una recente festa di Radio3, la civile compostezza,
le parole ferme. I loro sguardi che cercano in nostri, la commozione che ci
ammutoliva.
Figlio senza pari.
Il pensiero torna al reato di tortura, all'iter complicato per una legge così urgente, a Bolzaneto. A forze dell'ordine fasciste che si considerano al di sopra delle leggi.
In questi giorni, in questa settimana dedicata alla memoria, scrivendo qui la mia piccola lapide celebrativa dedicata a Giulio Regeni, mi viene in mente quel concetto, terribile e chiarificatore, elaborato dalla Arendt. Il male è banale, non è affatto straordinario, come è stato banale denunciare, per vendicarsi del denaro negato, Regeni alle autorità egiziane.
Figlio senza pari.
Il pensiero torna al reato di tortura, all'iter complicato per una legge così urgente, a Bolzaneto. A forze dell'ordine fasciste che si considerano al di sopra delle leggi.
Tradito da un atto meschino, vendicativo.
"Gli uomini muoiono, ma non sono fatti per morire. Sono creati per incominciare" scriveva Hannah Arendt ne "La banalità del male".(wikipedia QUI)
In questi giorni, in questa settimana dedicata alla memoria, scrivendo qui la mia piccola lapide celebrativa dedicata a Giulio Regeni, mi viene in mente quel concetto, terribile e chiarificatore, elaborato dalla Arendt. Il male è banale, non è affatto straordinario, come è stato banale denunciare, per vendicarsi del denaro negato, Regeni alle autorità egiziane.
Mohammed Abdallah, capo del sindacato autonomi degli
ambulanti del Cairo, ingranaggio banale di tutta la macchina del male umano e Giulio Regeni, creato per incominciare qualcosa di grande.
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