venerdì 15 luglio 2016

Nizza

Le persone tornano
dopo i fuochi d'artificio
com'è scuro!
(Shiki 1867-1902)

Ancora una volta un attacco terroristico "a sorpresa". 
Sì, siamo in stato d'allerta costante, vero, la Francia si blinda ogni giorno di più, vero, ma colpisce ogni volta la capacità di sorprendere le vittime proprio quando sono "distratte". A un concerto, allo stadio o mentre guardiamo i fuochi d'artificio, ma chi mai ci pensa all'Isis! Si ha voglia di una bibita fresca, la folla non fa paura, il cielo è così bello...
L'unico che ci pensa, e che a grandi falcate avanza nei sondaggi, è Trump che, come un avvoltoio cotonato, si aggira sull'America aggressiva e ottusa pronto a influenzare l'Europa sbilenca e colpita al cuore (Clicca notizia QUI).

Com'è scuro nei nostri cuori, dice Shiki. Sì, lo è tanto.


(Effetto speciale)

giovedì 14 luglio 2016

Sogno

Una trapunta coi fiocchi
sogno
casa mia
(Santōka 1882-1940)



Non dormo sul futon, la magra trapunta giapponese con i fiocchetti, ma all'occidentale. Ma sogno tantissimo. E faccio sogni ricorrenti. 
Torna e ritorna il sogno delle scale, indubbiamente tra quelli che si ripropongono con drammaturgia identica negli anni. Racconto il meno oscuro, il meno angosciante di tutti, dimenticate quindi Hitchcock, nessun campanile sinistro da salire o spirali di marmo in bianco e nero. Il mio set notturno ha scale qualsiasi, modeste, direi più di tipo condominiale. Laggiù, nel profondo più profondo di me, metto i piedi (caspita come li vedo, li vedo proprio!) sul bordo del primo scalino e inizio a planare sull'intera scala fino alla fine, in un modo che ha un po' del volo. Tutto qui.
Un po' farfalla e un po' Pippi, io che di solito inciampo anche da ferma.
Nel sogno so che arriva il momento in cui la scala diventerà liscia e, sempre laggiù dove sono, ogni volta, so che non perderò l'equilibrio.
Laggiù, scivolo con perizia e felicità su tutto. Poi mi sveglio.


(scivolata notturna)



   

mercoledì 13 luglio 2016

martedì 12 luglio 2016

Topi de Roma

Chiacchiericcio
tra i nidi dei passeri
e dei topolini
(Bashō 1644-1694) 


Vorrei dire a chi si sorprende dei topi romani, in questo caso topi di periferia (la periferia, si sa, in certi casi è utile, ti rende subito "vicino" all'elettore) che i topi, a Roma, sono ovunque. Là, qua, sotto, laggiù, non scostare quello, in alto lassù.
Sono proletari a Torbella, aristocratici in centro, radical chic lungo il Tevere e chiacchierano e ballano come accade in tutte le città che hanno un fiume o un porto qualsiasi (leggi notizia QUI).

Un luglio di qualche anno fa, la luna nel cielo, un filo di ponentino e cuori volanti. 
Convinta che il mio accompagnatore mi facesse piedino sotto il tavolo - apparecchiato di una bella cena romantica nei dintorni di Piazza Navona - guardo in basso, verso il mio sandalo con il tacco, sfidante dei sampietrini più infidi, e cosa ci vedo seduto comodo? Un topo. Un topo sul mio piede mezzo nudo!!!
La farsa del cameriere con la scopa e l'aria finto preoccupata ve la risparmio, i nostri occhi che da sognanti ora escono dalle orbite, come nel più banale dei cartoni animati, continuo a pensarli sganasciandomi.
Ah sì, voi volete conoscere di quale colore fosse la giunta capitolina dell'epoca. Ma non credo sia una notizia fondamentale per i topi.

(Foto scattata da topo romantico)





venerdì 8 luglio 2016

FERMO-immagine

Ecco un bimbo di spalle:
ha con sé un palloncino 
che vuol volare nel cielo azzurro
(Ogiwara Seisensui 1884-1976)


Non amando il calcio, ho capito che a me le partite fanno solo pensare. Sarà l'ipnosi dell'erba verde tosata ad arte, il rallenty, le inquadrature su tutti quei cappelli con le corna. Il mantra di sonagli e quei lalalalalalalalalala dagli spalti, cori tutti uguali in tutto il mondo. 
Lo spettacolo dei buoni sentimenti e della lealtà, della forza e della sportività, i bambini-speranza-del-futuro che entrano in campo con i loro beniamini mi ha sempre e solo annoiato.
Ieri sera Francia-Germania.
Sfilano gli eroi neri della squadra francese dai nomi africani, Sissoko, Pogba, Sagna, Mangala. Belli, potenti nelle loro magliette lucide come i muscoli, acclamati dalla folla. Penso agli ultras e alla foga con cui tifano calciatori nerissimi.

Penso a Emmanuel Chidi Namdi, ucciso a Fermo sotto gli occhi di sua moglie Chinyery. 

E poi penso a questo tipo di razzismo, razzismo d'accatto, frutto di un'economia in crisi e malata, e che vede milizie di pensionati e giovani ringhiosi compatti contro il diverso, il profugo, l'altro che "ci toglie il lavoro".
Mentre le telecamere danzano sullo stadio di Marsiglia, quelle disseminate ovunque da giunte che operano in nome della "sicurezza", continuano a registrare a circuito chiuso la nostra desolazione.


(FERMO - immagine)