venerdì 12 febbraio 2016

Onde gravitazionali

Rumore d'onde
che vanno e vengono
così lontano da casa
(Santoka 1882-1940)


Ma dove devo guardare? Laggiù? Ancora più lontano? Mi viene mal di testa. Anzi mal di mare, sarà per tutte queste onde gravitazionali? E cosa sono, me lo spieghi? Sono arrivate sulla Terra? E se è vero che hanno "deformato" qualcosa, cosa hanno mai deformato?
La scoperta scientifica che dà ragione ad Einstein cento anni dopo e che cambia il corso all'astronomia generandone una nuova, fa girare la testa (notizia QUI)
Vorremmo esultare, ma le nostre capacità cognitive ci permettono un "urrà" sottovoce, una lingua di menelicche che pur soffiandoci forte non si srotola bene, un "evviva" in formato sussurro.
Allora ci mettiamo con il naso all'insù, in silenzio, tanti anni dopo quel 1969 molto più semplice da capire, cercando di capire meglio. Ma al massimo scorgiamo qualcosa molto più in basso, lì, dentro il buco nero della nostra finitezza. 
Piccoli Santoka schiacciati dalla gravità terrestre.



(Pianetino urbano)


  

giovedì 11 febbraio 2016

Cuscino

Cuscino di pietra
accompagno 
nuvole
(Santoka 1882-1940)


Vi ricordate il giochino scemo? Ho una cosa bella e una brutta? 
La bella è questo haiku di Santoka, in assoluto il mio preferito di quelli scritti dall'haijin che amo di più, e che vi offro oggi per godere del panorama che ci circonda attraverso un punto di vista diverso. Il monaco zen usava appoggiare la testa per terra, guardare verso l'alto e accompagnare le nuvole, mica male come metodo!
La cosa brutta? E' osservare come le cose si siano già capovolte da sole rendendo il nostro passo, come le nostre certezze, malfermo.
Penso ai luoghi di vacanza come le spiagge siciliane o le isole greche, luoghi di panini sul traghetto e di profumi, estivi come gli amori, che sono diventati luoghi di lacrime e di naufragi. 
Ancora altri morti, altre ventisette vittime, undici bambini, nove dispersi a pochi chilometri da Lesbo, provenienti dalle coste turche (notizia QUI).

Cerco il cuscino di Santoka, per rimettere nuovamente le cose dritte.


(amato sottosopra)




mercoledì 10 febbraio 2016

Sanremo e Madonna

Tolto il cotone
troviamo invecchiate 
le facce delle bambole
(Takarai Kikaku 1661-1707)



E anche quest'anno ho partecipato al rito collettivo sanremese. Cena anti macchia da mangiare sul divano, birra, frappe e massima concentrazione.
Ieri mattina avevo già iniziato il rito leggendo qualcosa su Madonna che ha postato, per sbaglio, credendo fosse sua, una foto di Paola Barale. Un sinistro mix di identità e chirurgia estetica per facce di bambole invecchiate in modo identico.
Mi sono in questo modo predisposta alla visione annuale del rito canterino, passerella del "guarda com'è diventato", tappeto rosso del "come eravamo" e, soprattutto, del "come siamo". L'Ariston è una cartina tornasole sociologica che funziona sempre benissimo, specchio dei tempi con pupazzi cotonati. Solo da ultimo, occasione canora.
Enrico Ruggeri, eternamente dei Decibel per quelli della mia età - di noi un po' fieri che conosciamo Mengoni ed è già qualcosa con cui parlare con la nipote che disquisisce su come abbia influenzato Lorenzo Fragola con una serietà da tesina su Wittgenstein - e Arisa, i Blu Vertigo, Caccamo e signora, Garko. 
Garko. Scampato, immane, esotico Garko anche se nato a Torino. 
In mezzo al trucco, al cotone, in mezzo alla scenografia tra talent e balera, alla fine, dobbiamo ammetterlo, ci si ritrova tutti. Frappe da sgranocchiare sul divano, poche aspettative, qualche risata e...il colpo di scena? Sì, c'è stato, c'è stato e non è stato il signore di cento anni che intonava "Vecchio scarpone" e la voleva fare tutta, no.

Il nastrino arcobaleno sul microfono è stato il vero colpo di scena. Ha cantato anche lui, sì, dal palco più nazional popolare (e rassicurante) che esista, sì quel nastrino, si è fatto proprio una bella cantata. 
Un assolo sui diritti civili delle coppie di fatto che finalmente ha ascoltato anche "il grande" pubblico, quello che in piazza, di solito, non va. 


(Singing in the rain)



martedì 9 febbraio 2016

Giulio Regeni

Il piccolo tamburo
cade dal suo zoccolo
tempesta d'autunno
(Shiki 1867-1902)


Il Museo Egizio di Torino ha dedicato a Giulio Regeni una sala che raccoglie reperti preziosi, significativi per lo studio e la cultura (leggi notizia QUI)
È stata veramente un'idea bellissima.
Sulla morte di Giulio Regeni non ho altro da aggiungere a tutto quello che in questi giorni è stato detto. L'ho solo immaginato al suo pc intento nella raccolta di dati, notizie da incrociare, testimonianze da contattare, articoli da inviare, tesi da aggiornare. Cartelle, files, documenti, foto. 
Il suo piccolo mondo di ragazzo in gamba contro lo stesso mondo che tentava di ordinare sul monitor.

RIP

(Incubo)

lunedì 8 febbraio 2016

Grilli

Oh grillo canta!
Ecco piatti e scodelle
pronti per due
(Momoko Kuroda 1938)


Mentre un grillo canta ai suoi di escogitare ostacoli sul percorso della legge Cirinnà - percorso per il centrosinistra lungo quasi dieci anni - io apparecchio la tavola.
Per due, per tre, per quattro, qui Giovanni vicino a Marco, che lo ama da un po', poi Anna e accanto Giulia, lo sai che Giulia aspetta un bimbo? Qui mi metto io, vicino alla cucina e a Mauro.
Poi aggiungo altri due posti per quelli del piano di sopra, che festeggiano venticinque anni di non matrimonio, poi aggiungo altri due coperti per quei due laggiù che sono secoli che desiderano sposarsi.
Lì, vicino alla libreria, il tavolo per i bambini. Un posticino in più per lui, che è timido, lo troviamo? Qui, ok, porta pure i pennarelli.

La vita canta più forte dei grilli.

(A tavolaaaaa!)