mercoledì 4 novembre 2015

Fiori

E' apparsa una barca da pesca
sospinta dai remi.
Sopra i fiori.
(Sugita Hisajo 1890-1946)



Ero nel dormiveglia stamattina, un orecchio al cuscino e l'altro alla radio ovviamente sintonizzata su Radio3. Tra tutte, colgo la notizia di un avvenimento lontanissimo nello spazio e nel tempo eppure accadeva qui, all'angolo del mondo. 
In Afghanistan hanno lapidato Rokshana, una ragazza di vent'anni promessa dai familiari a qualcuno per un matrimonio combinato, che cercava di fuggire tra le montagne.
La fuga fallisce, viene inseguita e acciuffata. Ieri, ripeto ieri, i talebani l'hanno lapidata fino ad ucciderla, pubblicamente, sulla piazza di Ghor. 
Provo a cercare questo villaggio su Google, la mappa me ne mostra le coordinate geografiche, wikipedia mi dice che il suo nome significa 'montagna' e che conta qualche migliaio di abitanti. Poche cose per qualche casa grigio fango laggiù, in un posto così vicino e così lontano.

Una barca piena di fiori, dice l'haiku. Fiori per le tante persone in fuga dall'inferno e che, cercando vita e amore, trovano la morte. E noi, sulla riva del mare, a pensare se quelli che vediamo riversi sulla battigia, sono profughi o meno.
Rokshana RIP

(Aldilà)

martedì 3 novembre 2015

Colpetti

Notte ventosa
suono di colpetti
sulla porta
(Santoka 1882-1940)



Notte ventosa. Novembrina? Forse qualcuno o qualcosa bussa alla porta. 
Negli haiku il processo artistico è per sottrazione. Si tolgono parole per fare emergere un nucleo segreto e gli spazi bianchi contribuiscono a costruire questa tensione interna.
La poesia racchiude il suo nucleo potente, pesante. 
Quando un lettore incrocia gli occhi di un poeta, di un artista o di uno scrittore, e ne segue lo sguardo cercando di capire dove si andrà a posare, ha qualcosa dell'innamoramento. 

La raccolta "Le giovani parole" di Mariangela Gualtieri l'ho letta subito, appena uscita, velocemente, ma ne scrivo dopo giorni. Ho lasciato decantare le parole, sedimentare alcune immagini poetiche, mi sono presa del tempo approfittando che questo spazio non è luogo di recensioni, né subisce assilli o scadenze. 
Volevo pensarci e ripensarci su. Scrivere di poesia è ad alto rischio. Si assume spesso un tono ieratico, romantico, fioriscono metafore (eccola, la metafora!) come gramigna (paragone "poetico". Aiuto!). 
Allora ho pensato di agire di sottrazione, di prendermi solo un'immagine racchiusa in questa raccolta: "i morti stavano in una scatolina".
Diventa mio il mantra laico della Gualtieri, fatto di aria, di diaframma e voce che nel tempo lei ha continuato a cucirsi addosso restituendo a quelle parole una forma altra, teatrale e intima. Estroflessa e introspettiva insieme. Sento i suoi respiri, colgo la scelta di quella parola, la precisione del suono interno ed esterno.
E anche io, Susanna che segue lo sguardo della Gualtieri, mi scopro in questo mio novembre, tutto mio, al mio tavolino, nella mia stanza, tra le mie cose certe a cercare quel respiro, quel vento fuori la mia porta, quelle parole scelte, i rimandi letterari, il suono poetico. 
E rimango qui aggrappata alla sua scatolina dei morti ora piena della mia tenerezza.


(Suono di colpetti)




lunedì 2 novembre 2015

PPP

E c'è una rosa
di carminio fiammante
- si chiama "Callas"
(Sono Uchida 1924)




Qualcuno-conosce-qualcuno-che-non-ha-mai-conosciuto Pasolini? 
O che non abbia mai scritto un libro su di lui? 
O che non abbia mai pronunciato la frase "Il pasoliniregista è meglio del pasoliniscrittore"?

In mezzo alla folla di vecchi e nuovi pasolinisti pronti all'intervista, ai piedi di una montagna di ricordi più o meno di prima mano, si aggirano molti programmisti radiofonici di mia conoscenza. 
In attesa di leggere un libro di ricette sul menù dell'ultima cena di PPP al "Biondo Tevere", alla montagna di testimonianze aggiungo anche il mio contributo in formato haiku dell'inconsapevole Sono Uchida.
Ecco. Ci mancava.



(Mamma Roma)


















venerdì 30 ottobre 2015

Speranze

Rondini della sera.
Non ho alcuna speranza
nel domani
(Issa 1763-1827)



Autunno romano. Chi guarda con un'aria così afflitta a queste rondini che migrano nella sera? I cittadini italiani, il PD o Ignazio Marino?

Quale speranza avrà l'Italia con un giornale che la sintetizza in un'unica frase che suona "L'Italia di Matteo, Messina e Denaro", includendo così PD, disastri ambientali e denaro mafioso?
E quale il domani di un partito che porta in positivo i conti ma scoraggia i suoi elettori allo stesso tempo?
E il domani di Ignazio Marino che, grazie al genio di Bartezzaghi, abbiamo capito che usa seguire l'inclinazione del suo anagramma, "Anzi Io Rimango"?

Tristi e spaesati come Issa. Oggi in un suo raro haiku che non vede via d'uscita.

(Italia zen)


giovedì 29 ottobre 2015

Derby

Ramo di pino
scricchiolando si spezza
fumo di neve
(Sono Uchida 1924)



C'è rimasto il pino romano, solo quello. È l'unico simbolo della capitale ancora fulgido, immune da scandali, alto, sacro. Non spezzarti pure tu!

Leggo che da stamattina Raffaele Cantone arbitra il derby dell'anno, un Roma-Milan niente male (leggi notizia QUI)Da una parte Milano, non più "da bere" ma oggi ape operosa, dall'altra Roma, la capitale, ma al massimo di Bombolo.
Sugli spalti sempre i soliti cittadini. Tifosi? Francamente non lo so. Non capisco. 
Non vedo sciarpe o trombette, non sento slogan. Nessuno ha nascosto nel giubbotto nulla, neanche un tagliaunghie. Lo spazio vip? Vuoto. Tutti al gabbio. Sulle curve stanno così, silenziosi, atoni, occhi pallati, sperando che qualcosa succeda.
Rimango fuori lo stadio Olimpico, a rimirarmi il mio pino che guarda il Tevere, il suo bel tronco solido, ci poggio i palmi ben aperti. Sono una vestale che non capisce più cosa augurarsi.
Qualcuno, pochini, di quelli rimasti fuori dallo stadio, sta ancora facendo il sit-in fuori in Campidoglio...

Ma se "a Roma non ci sono anticorpi", come dice Cantone, siamo sicuri che il resto dell'organismo sia sano?


(Anticorpi personali)