mercoledì 3 dicembre 2014

Mondo di mezzo

Fitta è la nebbia
vaticini romani
sopra quei colli
(Sono Uchida 1924)




Ecco, ci mancavano i fascio-mafiosi, quelli che sfoggiano con insopportabile baldanza il saluto romano e si mettono in tasca milioni di euro. Gli stessi venerati dai neonazisti di periferia che incutono terrore agli extra comunitari (sempre perchè "I stragneri rubbeno il lavoro! Mica semo razzisti!") e che devono anche dire la loro nei talk televisivi - dove i fascio-mafiosi sono ospiti - tra un pestaggio e l'altro. 
Ma che bella aria di novità che si respira! I fascio-mafiosi! Li vedete? Allignano lì, sopra quei colli!
Da un'intercettazione lo chiamano il "mondo di mezzo" questa landa tra Tolkien e Mario Puzo che ora conta 37 arresti e 100 indagati tra cui un ex sindaco. Nomi illustri, notabili e assessori che per anni hanno parlato, disposto, deliberato. 
Ricordo solo che abbiamo passato un mese sulle polemiche per una panda rossa che transitava non so dove. 



(Mezzo)
















martedì 2 dicembre 2014

Domenica aperto!

Statue di Santi
ondeggiano al vento
di primavera.
(Sono Uchida 1924)



L'autore di oggi, Sono Uchida, compose questo haiku verso la fine degli anni novanta, nel periodo che passò come diplomatico presso il Vaticano. 
Lo immagino classico turista giapponese a passeggio in un bel pomeriggio primaverile romano. Terrorizzato solo dalle macchine che gli sfrecciano sui piedi anche Uchida, come molti giapponesi, sarà stato affascinato dal "quartetto italiano" di Firenze, Roma, Venezia e Napoli. Sguardi curiosi e sorridenti, mappa alla mano e macchina fotografica al collo, cappellino impermeabile, anche il nostro avrà fatto parte di quei piccoli drappelli umani che, trepidanti, vanno a caccia silenziosa di monumenti. E, colpito dagli svolazzi marmorei delle statue barocche di piazza San Pietro, Uchida decide sì di fotografarle ma nella forma più efficace e precisa che conosce. Se avete voglia di conoscere meglio questo poeta innamorato del nostro Paese vi segnalo la sua raccolta dal titolo "Haiku. Diario romano" edita da Empirìa.

Piccola divagazione introduttiva alla vera e importante notizia di questi giorni sempre a proposito di relazioni diplomatico-religiose: il Papa è in Turchia per continuare quel "dialogo interreligioso e interculturale" con l'Islam e per invocare l'unità contro ogni forma di terrorismo e fondamentalismo. Si è inchinato a Bartolomeo, Patriarca della Chiesa Ortodossa, e si è recato a pregare alla Moschea Blu.
Religioni aperte che "ondeggiano al vento" dei secoli che passano. Sarebbe bellissimo anche per chi non crede.


(Domenica aperto!)


lunedì 1 dicembre 2014

venerdì 28 novembre 2014

Parole e fiori secchi

Areando la mia roba
in mezzo ai libri stranieri
petali di fiori di ciliegio seccati
(Shiki 1867-1902)





Ho sempre pensato che gli ascoltatori di Radio3 siano da considerarsi "patrimonio dell'umanità". Cito per tutti, quelli di Primapagina per il tratto e la competenza e anche per quella loro voce che, a volte, impercettibilmente si rompe quando toccano temi importanti per la comunità civile. Per me ogni mattina sono i portavoce ufficiali di un'Italia possibile. 
Poi c'è, amata ma temutissima dai conduttori, e vado al punto, la categoria degli ascoltatori caratterizzata dalla devozione totale nei confronti della lingua italiana. Veri correttori automatici in persona, sono gli immediati e inesorabili evidenziatori giallo-neon dei maledetti strafalcioni da diretta.

Per il loro palato raffinato - e vorace! - si offre questo "Comunque anche Leopardi diceva le parolacce" (Mondadori) brillante saggio di Giuseppe Antonelli, linguista e conduttore de "La lingua batte" su Radio3.

In modo colto e divertente Antonelli offre una visione sulla lingua laica e aperta. Nell'italiano ben vengano novità e movimento, dice l'autore. Neologismi e contaminazioni che ne garantiscano vivacità e ricchezza. E scoprendo parolacce in Dante e in Leopardi, e la tendenza dei cinesi a non sopportare gli anglismi quasi quanto alcuni ascoltatori di Radio3, continuo la mia lettura su parole vecchie e nuove.
Antonelli ragiona su una tesi di fondo molto semplice: sfruttare le occasioni che il presente offre. Invece di rimpiangere il passato, ci dice, sarebbe il caso di considerare la grammatica non come l'amato libro su cui abbiamo studiato - e che ora giace polveroso in cantina - ma come un propulsore verso una conoscenza aggiornata e puntuale. E che non serba le parole come fossero "petali di fiori di ciliegio seccati".
Nell'epoca di Internet vale anche un "e-taliano", continua, non lingua depauperata ma arricchita, strutturata e solida senza rigidità. 

Una bella sfida, quella che immagina questo saggio ricco di documenti, citazioni e curiosità e che analizza l'uso della lingua senza demonizzazioni o sterili nostalgie. 




(P a r o l e .   P a s s a n d o    d a v a n t i    a    u n a   v e t r i n a .  R o m a )   




  

giovedì 27 novembre 2014

Io in una pittura

Il mio cavallo cammina
per la pianura d'estate.
Io in una pittura.
(Bashō 1644-1694)




Capita che certe parole ci vengano in visita dal passato. 

Mi trovavo in quella seccante situazione che conosciamo tutti: sulla sedia del dentista. Immobile, piedi formicolanti, lingua secca prosciugata da quella specie di uncino aspirante, con un orecchio improvvisamente da grattare su cui premeva parte di quell'aggeggio che consente di tenere la bocca ben aperta. Mentre stavo combinata così, casualmente mi intravedo riflessa in un segmento metallico della lampada accecante, che pietosamente ogni tanto mi abbassano dagli occhi sbarrati, e penso "Ma guarda che caspita di mordacchia mi hanno messo!" 
'Mordacchia' è una parola che usava mio padre. "Ti metto la mordacchia!" mi diceva quando rompevo, quando parlavo troppo con il mio tono petulante che lui imitava facendo le smorfie. Imparai perfettamente il significato di "mordacchia" pur vivendo in un appartamento e non in una fattoria. 
E amo il suono dispettoso di questa parola buffa che scherza con "racchia" e con "morso" e che un papà esasperato e simpatico mi lanciava dietro quando ero ragazzina. Una parola che ieri pomeriggio, dal dentista, improvvisamente, mi ha accarezzato.

Capita così con certe parole che, all'improvviso e chissà perché, ci raggiungono dal passato.


(Il mio cavallo cammina)