Una poesia, una notizia e una foto per guardare alla realtà scandendola in tre momenti, come succede nel poco spazio di un haiku giapponese. Ogni giorno.
La poesia è nelle cose di tutti i giorni.
"Cuscino di pietra/accompagno/nuvole"
(Santōka 1882-1940)
Non ci sono più case dove mendicare nuvole sulle montagne (Taneda Santoka 1882-1940)
Lui è come Santoka, Issa Kobayashi, Matsuo Bashō. Un monaco zen della contemporaneità con la camicia rosa. Come loro vive con sacrificio, sobrietà, elemosine, scarpe comode - i miei monaci giapponesi usavano i tabi, ma non importa- e in solitudine. Probabilmente non compone haiku ma quello che a suo modo ci dice gli assomiglia molto. Sulla ricerca del satori di Santoka, attraverso la meditazione, date un'occhiata QUI. Vale la pena!
Nessun aiuto per quelli come me vado a a camminare. (Santoka 1882-1940)
Quando una domenica
sera da Fazio ho visto che anche il grande regista David Linch parlava di
meditazione mi è crollato il mondo addosso.
Proprio lui, il conturbante ideatore di Mulholland Drive e
di Velluto blu, il Linch dal meraviglioso ciuffettone pulprock ora bianco, mi
si è intrippato nei viaggi trascendentali come il più banale dei miliardari
americani che fissa un pezzo di quarzo nel deserto!
E ne parla seriamente e mi fa pure lo schema (schema che poi
ricorda molto i grafici dei guru americani per ritrovare l'autostima o per far
dimagrire 60 chili step dopo step)!
Mi catapulto su Wikipedia, leggo che pratica da anni la
meditazione trascendentale -lecito- ma soprattutto leggo questo che vi incollo:
Lynch sta lavorando alla creazione di sette "fabbriche
della pace", ognuna con 8000 insegnanti delle tecniche avanzate di
meditazione trascendentale. Ha stimato che il costo di questa operazione sia di
7 miliardi di dollari; al 2005 ha investito personalmente 400.000 $ e ha
raccolto 1 milione di dollari in donazioni individuali e da parte di
associazioni.[19] In Italia lancia il suo primo progetto "Scuola senza
stress" iniziando con la sperimentazione in due scuole catanesi.
Tralascio alcuni punti: in Italia alcune aule sono spesso da
film dell'orrore, il concetto -tutto da approfondire- delle 'fabbriche di pace'
e quello di che penso veramente sulla meditazione prêt à porter.
Ma ecco la salvezza. Questo piccolo cartone animato dedicato
a Santoka e che vi propongo con le mie istruzioni per la visione:
- se non la conoscete, date un'occhiata alla storia di
questo monaco QUI, QUI e QUI.
- mettetevi tranquilli
e concedetevi 6 minuti di calma totale
- staccate il telefonino
- trovate una posizione comoda al computer e regolate
l'audio prima e non durante (!)
Ora siamo pronti per ascoltare il suono dei grilli, presenti
spesso insieme alle pulci negli haiku di Santoka, e qui evocati in suo omaggio,
a stordirci con il suo amato saké e a meditare su questo piccolo monaco zen sconosciuto
a noi occidentali.
L'inizio è in giapponese e per la traduzione ho chiesto
aiuto a Laura Imai Messina, che ringrazio tantissimo, autrice di un blog sulla
sua esperienza decennale in Giappone e ora anche di un romanzo.
Ecco quanto la voce fuori campo di Santoka ci dice
attraverso alcune frasi tratte dal suo diario:
Lo haiku tende sempre la stessa trappola: che ci vuole a comporlo? A parte tutte le regole rigorosissime che ho cercato QUI e LÌ di sintetizzare è la sua tensione all'infinito che è quasi impossibile esprimere. La circolarità di un cammino che non ha meta se non il cammino stesso, il vento sempre uguale nei secoli, il rimprovero per il peso di un senso di colpa che diventa universale. A proposito del mio amato Santoka, colui che le regole, non solo poetiche, di certo non le osservava, propongo una pagina dal suo diario:
28 Febbraio 1932 Tutti i giorni brutto tempo; oggi di nuovo a chiedere l'elemosina nella neve. Forse è troppo dire che qui le strade sono le peggiori di tutto il Giappone, ma sono di sicuro straordinariamente fangose. Le porte dei negozi infangate, i passanti infangati. Le suole di gomma dei miei tabi da lavoro affondano e procedere è veramente molto dura. Però la zona è piena di rivendite di sakè e quindi il suo prezzo è molto basso. Esattamente il posto per uno come me! (da "For all my walking" ed.Columbia University Press. Traduzione dal giapponese di Watson Burton e mia dall'inglese)
Qualcuno parla ha la voce di mio padre il viaggio si fa triste (Santoka 1882-1940)
Taneda Santoka che compone questo haiku nel 1932, è in cammino già da sette anni in pellegrinaggio per il Giappone.
Personalità caratterizzata da una tensione psicologica strettamente novecentesca, di colpevolizzazione e fallimento, Santoka scrive nel suo diario che "la fede è l'origine, lo haiku la sua espressione. Per questo devo camminare, camminare, camminare fino a che non arrivo".
E solo leggendo i suoi versi possiamo accompagnarlo.
Ma il viaggio insieme al monaco zen più anarchico e solitario è lungo e, a volte, capita di venire trafitti a tradimento da una voce, da una canzone, da un odore.
E dobbiamo ricominciare il nostro cammino ripassando dal 'via', in una strana circolarità zen che ricorda quei giochi che facevamo da ragazzini magari sotto lo sguardo dei nostri genitori che oggi non ci sono più.
Spunta dalla radio una canzone di quando stavo diventando grande (Santoka 1882-1940)
Cosa c'entra Taneda Santoka con Philip Roth? Nulla, direte. Lo scrittore americano a cui tanti nel mondo guardano con devozione da anni, in effetti, non ha molto in comune con il nostro monaco zen. Eppure... Quando, alla fine degli anni trenta, Roth era un bambino piccolo a Newark, e Santoka camminava e camminava lungo tutto il Giappone anche diretto verso la fine della propria esistenza mondana, la radio era quanto di piu' forte, energetico, affascinante e misterioso per entrambi. Tutti i libri di Roth sono pieni di citazioni di canzonette di quegli anni, gli anni della sua giovinezza, e costituiscono la colonna sonora, anche radiofonica, del sogno americano dello Svedese, di Bucky di Nemesi, di Coleman de La macchia umanao di Nathan de La lezione di anatomia. In epigrafe di Pastorale americana si legge questo:
E le note così orecchiabili di Dream unite alla semplicità delle parole, ci riportano subito a quel mito americano zuccheroso e spensierato, forte e rassicurante che Philip Roth infrange spudoratamente in ogni suo romanzo. Ascoltiamo Dream insieme. Dalla radio. "Quella" radio. Qui: Dream di Johnny Mercer
Di Santoka, il più malinconico e anarchico poeta di
haiku moderni, esiste una rara fotografia che che Google-immagini ci
restituisce quando vogliamo. E’ l’immagine di una sosta, una delle tante tra un
cammino e l’altro, nella ripetizione ciclica e vitale dell’esistenza zen...
Da oggi niente piu' orologio. Pioggia serale. (Taneda Santoka 1882-1940)
Leggere la contemporaneità con gli haiku è l'idea di questo blog ma ho bisogno di disintossicarmi dalla miseria e dalla violenza degli episodi cruenti di quel G8: vi propongo la storia dell'autore dello haiku di oggi.
Di TanedaSantoka, il più malinconico e anarchico poeta di haiku moderni, esiste una fotografia che Google-Immagini, quando vogliamo, restituisce. E’ l’immagine di una sosta, una delle tante, nella
ripetizione ciclica e vitale dell’esistenza zen. Osserviamola. Qui Santoka posa compreso, vista l'occasione importante, per quegli anni, di una foto. L'ho scelta perchè c'è tutto il suo mondo: l'orizzonte da guardare e la terra su cui camminare, il cappello e i sandali di paglia, al cui uso cui ha dedicato alcuni componimenti, il suo bagaglio.
La sua ferma compostezza che qui sembra docilmente e modestamente "rappresentata" per chi la guarderà..
(Foto di Santoka dalla rete. Siamo intorno al 1925)
Alcolizzato, sfortunato e solo,
Santoka viveva di elemosine tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo. Si
separò dalla moglie e dai figli, tentò di fare il libraio, cercò ancora
un posto nella società ma non ci riuscì. Proprio lui, San To Ka, nome che
letteralmente significa Alta Cima Fiammeggiante. Tentò il suicidio ma il
treno frenò. Si fece monaco zen ma non riusciva a stare chiuso in convento.
Diceva di essere nato per camminare, meglio il mondo.
Le soste per riposare gli
consentivano di fare amicizia e soprattutto di annotare gli haiku rimuginati in viaggio.
Allievo di “secondo grado” di Masaoka Shiki, uno dei padri degli haiku moderni e
teorico del rigore e della metrica, attraverso
l’esempio di Kawahigashi Hekigoto (1873-1937), da quest’ultimo apprese il gusto
per un verso libero e privo del canonico schema sillabico 5-7-5.
Fermandosi nelle bettole sulla strada, approfittando
quando possibile dell’onsen del
villaggio, nelle cui acque calde si intratteneva volentieri, Santoka scriverà i suoi haiku più alti e
fiammeggianti, che hanno dato corpo a un diario minimo e cosmico, commovente,
dove trovano posto il saké (e i suoi effetti!) insieme ai germogli delle
piante, le acque termali, un poco di riso dentro una ciotola, il crepuscolo e
il vento.Come compagno il taccuino per gli haiku e ogni tanto la sorpresa di un pugno di riso come elemosina che lo sfamasse. Tutto qui. Morì in solitudine nel 1940, nella sua capanna, mentre alcuni discepoli tentavano di raggiungerlo per dirgli che la sua raccolta sarebbe stata finalmente pubblicata.