mercoledì 30 settembre 2020

Ti conosco mascherina


Ci piace stare in fila al semaforo
al crepuscolo, imboccata la solita
corsia: si formano per noi, solo
un attimo, il panificio e la copisteria,
il cono gigante del gelataio,
l'arredabagni, l'edicola. Tamburelliamo
sul volante con orgoglio, ostentando
sullo specchietto un angolo d'occhio
disteso, amico, che fissa di nuovo,
ogni sera, con puntine arrugginite,
lo scenario delle cose familiari
e la pietosa quotidiana alleanza
tra noi e loro, rispettata con onore
e senza strette di mani.

Ci piace meno ripartire, al verde:
il quartiere si perde nel buio
dei lampioni, e fingerla ancora,
domani, la vita,
inizia a sembrarci quasi un lavoro.
(Francesco Targhetta da "I fiaschi" ed. Le Lettere)



La malinconia del traffico all'imbrunire, coi negozi che scivolano via nello scenario familiare e sempre uguale.
La malinconia delle mascherine "alternative" che incontro durante la mia giornata, tentativo di rendere simpatico, e originale, il dovere di indossarle.

Quanto vorrei liberare l'amica che la porta di tessuto, una donna impegnata, credo sia batik. Batik africano lavabile, aggiunge, immagino, sorridendo. Avrà ragione lei, non si creano rifiuti inutili... Allora quella ornata di strass, addirittura. La nera o la vezzosa coi fiorellini, che tristezza... E vorrei avvisarlo il vicino che respira rassicurato da motti patriottici sul muso, potergli dire che orrore quel tricolore con gli elastici dietro le orecchie, implicita dichiarazione di arrendevolezza o di aggressività a seconda del momento, poter dire a tutti che la chirurgica mi sembra più seria, più sobria, più giusta per la fatica che facciamo. Ma non importa. Mi tengo i miei pensieri da mascherina e vado avanti senza strette di mani.

(Viso nel traffico)


  


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