Arrivo con il tram dove Milano non esiste ancora
per ogni passeggero la strada si dirama, è un delta
di piazze e di cantieri abbandonati e ha svolte, all’improvviso.
noi le passiamo e tutto corre in noi, ritardo senza peso
le mattine delle città sono già fiumi scontrosi e senza vuoti.
eppure le coincidenze fanno ogni persona
o il suo corpo che va da lievità a posa informe,
un’esistenza – e c’è chi sciama via per un batterio,
per l’invisibile che si nasconde all’aria.
Il rifugiato che abita il riposo
illecito, in corpo ha cielo ed ha prigione;
la libertà di fatto cerca facili indirizzi.
Ben venga allora morire per la prima volta
nel tuo respiro e poi restare avvolto da correnti,
nell’impazienza ascolto la moltitudine di avvisi
e nomi in codici. Crolli minimi che sento
intorno come fioritura,
avverto del palazzo, del pericolo e lontano
un altro posto da occupare. Così fermo la fuga
aprendo un porta all’improvviso, salutando.
(Il giorno, fuori da Sciami di Mario De Santis)
Mi basta un semaforo rosso.
Macchinine guidate da adolescenti multitasking che con una mano fumano e con l’altra reggono il cellulare, berline dai vetri fumée dei genitori degli stessi ragazzini, intenti anche loro in lunghe telefonate.
Facendo lo slalom tra queste due falangi, scivolano i “motorinisti”.
Vanno di fretta perché sono sempre in ritardo, hanno i capelli schiacciati dal casco, la fronte con il solco orizzontale della stretta. La borsa a tracolla sul giubbotto, il figlio stretto contro il bauletto, bollette da pagare accartocciate in tasca e il lavoro da raggiungere. Tutto insieme.
Il motorino era il sogno adolescenziale di questi ragazzi che vedo invecchiati sulla sella, e che ottenevano con solenni giuramenti di telefonare quando arrivavano. Hanno tra i quaranta e i cinquanta anni, sono di “mezza età”, un tempo sinonimo di obiettivi raggiunti, ma che oggi significa solo continuare a rincorrerli, come criceti sulla ruota. Nati alla fine degli anni Sessanta, quando il boom ha fatto flop, in quel tempo grigio pre-telefonino e pre-web – al massimo colorato dalla disco e dai sogni di Drive In – economicamente dipendono ancora da quegli stessi genitori che un tempo acquistarono loro lo scooter. I “motorinisti” visti oggi, sembrano il simbolo vivente di una generazione poco interessante.
I trentenni hipster, i barbuti surfisti del web che sgusciano smilzi su eco-biciclette con un cervello pieno di idee e di app, fanno tendenza molto più di loro. I sessantenni, colti e ideologici che, mentre affondano i denti sui polpacci degli ottantenni seduti su poltrone da cui non si alzeranno, li guardano con dolciastra condiscendenza.
Sono tutti più interessanti di loro, tutti su rampe di lancio irraggiungibili, tutti avanti di una casella.
I motorinisti sono anche miti, e sorridono. Un po’ idealisti, un po’ cazzari, un po’ fregati dalla vita ma sempre allerta, sono i veri supereroi di una sopravvivenza non solo stradale.
(punti di vista) |
Dedica a mia figlia -
RispondiEliminaE tu sei ancora li in attesa
le violente raffiche di vento
si mutano di nuovo in gelida pioggia .
M.Shiki
Agli "ostacoli"che deve affrontare nelle strade di ROMA.
i miei timori dopo anni ... non si placano .
cari saluti
Annunziata