mercoledì 29 novembre 2017

Al di qua e aldilà


Sonnolento, al di fuori
della vita e della morte
si crogiola al sole!
(Murakami Kijo 1865-1938)


"Biotestamento? Mi occupo dei vivi!" dice Salvini con la sua solita aria coerente a se stesso (QUI). Del resto nel mondo che auspica non ci sono sfumature e tutto è ben perimetrato, o sei di là o di qua.
Al di qua, Chi va là!, aldilà. 
Che sia l'altro mondo o oltre un confine, a lui e a quelli che lo votano, non può interessare. Sono solo vaghe sfumature, pippe mentali anche un po' jettatorie! 
E' roba sinistra. E' roba di sinistra.


(al di qua)




martedì 28 novembre 2017

La scimmia di Novembre


Questa morte è un’officina
ci lavoro da anni e anni
conosco i pezzi buoni e quelli deboli,
i giorni propizi, la virtù
di applicarsi minuto per minuto e quella
di sostare, sostare e attendere
una soluzione nuova per il guasto.
Vieni, amico mio, ti faccio vedere,
ti racconto.
*
Tutto cominciò in una cameretta
con i regali e le candeline
che in un soffio spensero mio padre
fermo nella sua giacca per sempre
e un cerchio di puro niente mi assalì
in un solo attimo franò sul tavolo
e mi mostrò cento di questi giorni.
*
E ha cominciato a parlare,
quella figura plenaria,
come il capobranco della nostra fine
soffocava il lievito felice,
affondava con il piede la barca
infantile di due foglie
ci lanciava il suo avvertimento.
*
Non puoi immaginare, amico mio, quante cose
restano nascoste in una fine, non puoi
capire il pietrame triturato
che diventa la tua vita
eppure era bella, lo ricordo, era quella
che il vigore cosmico chiedeva, una giovinezza di frutteti,
l’arte suprema che mia madre augurava.
*
Non so, credimi, se riuscirò. Ascolta,
vienimi vicino, posso dirti che il sangue
zampilla scuro ma non riesco a cancellarmi
c’è un silenzio fatato che in me respira,
un sussurro di quaderni scritti a mano
e la parola precisa, dio mio, quella parola
che alla trincea della fine mostrò un frutto.
*
Vicino alla morte tutto è presente
non c’è infanzia né paradiso
tu cadi in un urlo segreto
e non parli
cerchi un arcano
e trovi solo materia, materia
che non trema e ti guarda impassibile
e avvicina muta i due estremi.
*
Sono in un segreto frastuono
sono in questo cortile d’aria
e ogni parola di lei violaciocca
mi fa pensare a ciò che sono
un povero fiore di fiume
che si è aggrappato alla poesia.
(frammenti da "Incontri e agguati" di Milo De Angelis)


Era solo una settimana fa, era sera tardi, quando, per la prima volta, ho visto il cadavere di un uomo per terra. Un ciclista travolto da un'auto? Sì, ecco laggiù la bici. Il lenzuolo bianco, la macchia rossa e le sirene blu che lampeggiavano. Vi assicuro che non c'era rumore alcuno, come se tutto si fosse insonorizzato di colpo. 
La vita che fa da contorno alla morte procede come sempre, si sa, ma è come se non facesse più rumore. L'ho capito nove anni fa, era ancora novembre, nel casino di una corsia d'ospedale dove eravamo afoni, tutti come senza audio.  
Novembre ha questa scimmia dentro, e la sua cupezza e il suo grigio stridono con le giornate di sole che spesso ci propina. 
Anche ieri che si è spenta un'altra vita - e chissà quante altre con lei - il rumore si è interrotto per un po' per chi è rimasto. Mentre il sole continuava a splendere.

(viaggio)






lunedì 27 novembre 2017

Alessandro Leogrande


Non può esistere crescita
senza il comunicarsi fiducioso
senza conoscersi profondamente –
senza sapere che l’amore cresce
quando ognuno vi cresce.
Sano è morire maturi – sincero
superare il timore di vedere,
fondendosi diversi.
La libertà è certo necessaria
ma non basta a creare un mondo nuovo.
("Se gli occhi fioriscono" di Danilo Dolci)



In memoria di Alessandro Leogrande, del suo impegno e della sua mitezza.
Sano è morire maturi – sincero superare il timore di vedere, fondendosi diversi.



Bibliografia:
Un mare nascosto, Napoli, L'ancora del Mediterraneo, 2000
Le male vite: storie di contrabbando e di multinazionali, Napoli, L'ancora del Mediterraneo, 2003 (poi, Roma, Fandango Libri, 2010)
Nel paese dei viceré: l'Italia tra pace e guerra, Napoli, L'ancora del Mediterraneo, 2006
Uomini e caporali: viaggio tra i nuovi schiavi nelle campagne del Sud, Milano, Mondadori, 2008; Premio Napoli (poi, Milano, Feltrinelli, 2016)
Il naufragio: morte nel Mediterraneo, Milano, Feltrinelli, 2011 
La frontiera, Milano, Feltrinelli, 2015

venerdì 24 novembre 2017

Giorni d'inverno


Quando la luce si placa, in certi giorni d'inverno,
e non è più il riflesso di un incendio,
l'usura di un dolore 
che non provi; lì sfavilla
e quasi certamente sorride. Luce inerme
che brilla e si concede. Cielo fermo.
(da "Pietra sangue" di Fabio Pusterla)

Ci sono sindaci che non danno il permesso di istallare un paio di bagni chimici nei pressi di un accampamento di fortuna dove alcuni migranti stazionano da mesi.
l'usura di un dolore 
che non provi
Ci sono sindaci che, sempre in nome della sicurezza, distribuiscono gratis spray al peperoncino alle donne del comune che amministrano per potenziali aggressioni che finora non si sono mai registrate. 
l'usura di un dolore 
che non provi
Ci sono sindaci che dicono "No" a organizzare un dormitorio che ripari dal freddo i migranti all'addiaccio (QUI).
l'usura di un dolore 
che non provi
Migranti che poi sono ragazzi, donne e bambini che, oltre a quello che hanno subito per arrivare fino qui, sopportano anche il nostro stupro collettivo. 


(Festa di benvenuto)









giovedì 23 novembre 2017

Lasciare la festa


Era chiaro quando me ne andai dalla festa
che anche a ottant'anni compiuti avevo ancora
un bel corpo. La luna splendeva come suole
in attimi di profonda introspezione. Il vento tratteneva il respiro.
E guarda, avevano lasciato uno specchio appoggiato a un albero.
Assicuratomi d'esser solo, mi tolsi la camicia.
I fiori di yucca annuivano con le testoline bagnate di luna.

Mi sfilai i calzoni e le gazze fecero corona alle sequoie.
Giù nella valle il fiume scrosciante fluiva ancora una volta.
Che strano trovarmi in una selva solo con il mio corpo.
So cosa pensate. Ero come voi una volta. Ma adesso
con tante cose alle spalle, tanti alberi smeraldo, e
campi sbiancati da malerbe, monti e laghi, come non potrei
esser solo me stesso, sogno di carne, d'attimo in attimo?
("Vecchio lascia la festa" di Mark Strand



Ora di cena, tv accesa sul solito talent di opinioni dove vengono ospitati, e microfonati, i soliti giornalisti. 
Nella trasmissione di ieri sera Beppe Severgnini è d'accordo con quanto, in un'altra trasmissione, ha dichiarato Eugenio Scalfari su Berlusconi ovvero che lo preferisce a Di Maio. Severgnini aggiunge, vado a memoria, che preferisce una strada battuta a una "imprevedibile". 
Vorrei soffermarmi su quest'ultima affermazione, non tanto per il risvolto politico più stretto - che non mi interessa analizzare qui - ma per quello che mette in luce. 
Preferire il prevedibile.
Mi sembra l'inno di una casta privilegiata dimentica di tutto (corruzioni, evasioni fiscali, scandali eccetera), che comunica fra simili e che pensa di poter dire qualsiasi cosa in un Paese dove oggi, per esempio, si torna a parlare di politici anni ottanta (e di ottanta anni), lo stesso Paese in cui il termine "rottamare" fu il più grande boomerang mai lanciato in politica.   
Sugli altri canali sfilano i talent dell'altro tipo, quelli col cantante o col cuoco che si esibiscono e poi si commuovono e ringraziano chi li ha fatti arrivare fin lì, di qua con un microfono, di là con una pentola in mano. 
E tutti, come prevedibile, applaudono.


(poche chiacchiere)







lunedì 20 novembre 2017

Mosca vecchia


Potrebbero sentire la mia mano;
le mosche del villaggio
fuggono via
(Santōka 1882-1940)


Dopo l'ennesimo schiaffo che mi sono data, poco fa, sul braccio - sono alcuni giorni che sembriamo proprio quelli dei Brutos -, abbiamo deciso che non avremmo più tentato di ucciderla. Dopo una serie di agguati, e tutti vani, ha vinto lei: da stamattina, Mauro ed io, conviveremo con un piccolo animale domestico.
Una mosca come pet. Una mosca vecchia che ci ha scelti come padroni, ha deciso lei. Ultimo esponente dell'estate appena passata, dittero combattente che, nonostante l'andamento un po' a zigzag non ci pensa proprio a farsi prendere, né al volo né col giornale. Un po' rimba ma ancora agile svolazza come ubriaca per casa.
Alla fine Moscavecchia è un animale da compagnia che necessita di poco. 
Non bisogna neanche scendere giù quando piove né fotografarla in tutte le pose, magari con un fiocchino in testa. Troppa fatica per due o tre mi piace al massimo su FB.


(Animale domestico)

venerdì 17 novembre 2017

Cielo


Preghiamo - il Cielo -
Chiacchieriamo - del Cielo -
Ci chiediamo - quando muoiono i Vicini -
A che ora in Cielo - fuggirono -
Chi li vide - Perché volano via?
È il Cielo un Luogo - una Volta Stellata - un Albero?
Lo sterile esercizio di ubicarlo è per Noi soli -
Per i Morti
Non c'è Geografia -
Ma Rango - Investitura - Epicentro -
Dove - l'Onnipresenza - si libra?
("Tutte le poesie" di Emily Dickinson)



Una poesia in memoria delle vittime della mafia. Oggi.
A che ora in Cielo - fuggirono -
Chi li vide - 

(Luogo-Volta-Alberi)







giovedì 16 novembre 2017

Partita


Sento cadere le pietre che abbiamo gettato,
Cristalline negli anni. Nella valle
Volano le azioni confuse dall’attimo
Gridando da cima a cima degli alberi, tacciono
Nell’aria più leggera del presente, planano
Come rondini da cima
A cima dei monti finché
Raggiungono l’altopiano più remoto
Lungo la frontiera con l’aldilà.
Là cadono
Le nostre azioni cristalline
Su nessun fondo,
Tranne noi stessi
("Le pietre" di Tomas Tranströmer)


L'Inno di Mameli risuona nello stadio. Mano sul cuore, un Tavecchio qualsiasi che per i calciatori di colore usa metafore con le banane (QUI) e un Berlusconi (QUI) di nuovo in campo, giocatori strapagati della medesima partita. 
Solo che non si riesce a cambiare canale.

(Frontiera con l'aldilà)





mercoledì 15 novembre 2017

Perché io valgo


Antonia è andata al supermercato
e sapete cosa ha trovato?
Ha trovato proprio di tutto:
uova, cipolle, cipria, prosciutto,
cose da bere e da mangiare,
cose per scrivere e per suonare,
per essere lieti, per essere tristi,
per cavalieri e per ciclisti,
per essere brutti, per essere belli
per cani, gatti, polli, fringuelli,
giochi, padelle, spade, confetti,
finestre, porte, camini e letti.
Solo una cosa non c’è: l’uscita.
E Antonia è dentro per tutta la vita!
("Al supermercato" di Roberto Piumini)


Cinquecento euro per un essere umano (QUI) fatto di un cervello, un cuore, due occhi - con tutto quello che hanno visto come optional - e una bocca. Tanto vale una vita al borsino del nuovo schiavismo.
E quel bambino ritrovato sotto a un treno al Brennero, solo e assiderato, allora, quanto vale (QUI)? Secondo un rapido calcolo, e visto che era mezzo morto, direi molto meno. Trecento al massimo.
E noi, qui al calduccio, quanto valiamo?


 (dopo la spesa)




lunedì 13 novembre 2017

DNA


Da molti anni mio padre
non ha più sete.
O forse dura tuttavia.
"Io berrei l'universo" diceva al tempo del fieno.
Era certo una sete esagerata,
una cosa da canto trentesimo
dell'Inferno o tredicesimo della
Liberata.

Non so figurarmi mio padre
in nessuno dei regni cosiddetti
d'oltretomba, non so fino a che punto
c'entri la sete, quella sua sete
di sceriffo insidiato da stanchezze 
mortali verso l'ora di cena
quando era meglio non venirlo a trovare,
non chiedergli nulla, lasciarlo riposare.
(Giorgio Orelli)


Scoprire che il poeta Giorgio Orelli è mio fratello e che quindi quell'uomo assetato è "anche" mio padre. 
E' appartenenza, è un'affinità letteraria. E' familiarità. E' somigliarsi. 
E' uno sguardo che diventa mio.
Una poesia: la mia prova del DNA.


(Passaggi sulla terra)

venerdì 10 novembre 2017

Teste e testate


La testa cade a piombo
e si slaccia
nel pomeriggio strappato
al pensiero
ogni maniglia si aprì, fece silenzio.
Noi fermiamo lì una guerra
con navi serene e gelide.
(da "Millimetri" di Milo De Angelis)


Non avrei mai scelto una poesia di Ezra Pound perché al suo "nero" preferisco un altro genere di tono. Ad esempio quella certa oscurità che respiro in questi versi di Milo De Angelis poeta capace di fermare una guerra con navi serene e gelide.


(Cartolina da Ostia)








  

giovedì 9 novembre 2017

Selfie


Di tutto ciò far senza,
e del troppo sognare...
E sulla terra in levità passare.
(da Medicamenta di Patrizia Valduga)

  
Sarebbe bello riuscire a smettere. 
Di tutto ciò far senza, disintossicarsi da sms e chat, tornare a camminare senza google maps, attraversare strade vere, cedere il passo senza gli occhi fissi sul telefonino. Tornare al significato primo di parole come "condivisione" o "amicizia". Restituire a "navigare" o alla "rete" l'odore del mare. Sarebbe bello ma è un romanticismo che mi durerebbe pochino.
Mi osservo. 
Sono la cosiddetta "immigrata digitale", una che la tecnologia l'ha adottata in età adulta. Qualcosa uso e qualcosa salto, per intendersi una che si arrangia - ho un blog! - senza capire poi bene tutto tutto tutto...  
Intorno a me pullulano nativi digitali. Hanno sui tredici anni, li vedo ammiccare nei loro movimenti musically, formicolare su piattaforme a me interdette. Ballare. Si fotografano, si postano. Cantano? Non proprio, fanno una cosa simile al mimare una canzone mentre si riprendono.
Piccole app che crescono nella società multischermo che abbiamo organizzato per loro e, nelle nuove tecnologie ci navigano e senza provare disagio interagiscono con esse o, addirittura, le manipolano.

La notizia dei selfie di ragazzine nude in un gruppo uozzap, notizia di questa mattina, non l'ho letta con l'attenzione dovuta, o meglio, mi ci soffermo più come pretesto per riflettere su questa distanza tra generazioni. 
Non so se c'entra qualcosa, ma mi è venuto in mente Andrea, mio compagno di classe di trentacinque anni fa, un vero fissato delle tette. Noi "femmine" che scappavamo urlando, per finta, e ridevamo. I "maschi" in bagno a misurarseli (con il righello, seppi anni dopo) e poi tutti a fare la ricreazione. A spingersi, a ridere, a fidanzarsi. 
Farsi una foto nudi per poi pubblicarla non penso c'entri più con quell'idea di moralità, o di rispetto di sé, che in quel vecchio mondo lontano ere, ho fatto mia.
Forse quei selfie sono il segno di una "pubertà digitale" la cui adolescenza, maturità e vecchiaia, sempre digitali, non avrò mai, per anagrafia, modo di capire del tutto.
Forse. Non so.

(Like)










  

mercoledì 8 novembre 2017

Il tempo che non c'è


Deporta il tempo nel futuro
ma è qui il compimento
e non verrà né presto né tardi
il tempo che non c'è
senza dialogo siamo
monadi irrancidite
sonnecchianti nel mondo
che non ha giorni e non ha storia
(da "La Màndola della melancolia" di Jolanda Insana)


La poetessa Jolanda Insana si è spenta l'anno scorso, verso la fine del mese di ottobre.
La ricordo oggi attraverso i suoi versi ribelli, visionari. Un po' incazzati, anzi, meglio, "incazzusi" per dirla alla siciliana, che sanno più di classicità che di tradizione, e che mi ricordano un'altra artista che amo molto, la sua conterranea Emma Dante. 
Sonnecchianti nel mondo che non ha giorni e non ha storia apprendiamo che, poche ore fa, a Messina, luogo dove nacque la poetessa, il neo deputato De Luca è stato arrestato per evasione fiscale(QUI).
Neanche il tempo di smontare i seggi, riporre le urne, impilare le sedie. Neanche il tempo di una spazzatina per terra. 
Il tempo che non c'è.


(Ore felici)

  


martedì 7 novembre 2017

Buone notizie


Nel cavo di una pietra l'acqua gela.
Torna novembre e il maltempo rimena.
Di nuovo piogge: e le scarpe di Emma
a vincerle; di nuovo tramontana
- ma tenace, a barriera, il suo calore.
Gelida è la serata, è morto il sole,
cristallo il cielo, via sghemba fra i tetti:
così sereno mi addormento anch'io,
ringraziando il mio Dio, che, di sui tetti,
invita lungo il lucido sentiero
l'angelo che consola.
("Ripristinando indumenti invernali" di Alessandro Fo)


Sono giorni bigi, di piogge e di governi siciliani. Di confronti tv, di Ostia nera e pure di qualche preoccupazione familiare.
E così, lo faccio. 
Clicco il lancio dell'inserto del Corriere della Sera "Buone notizie" per cercare qualcosa di positivo, qualcosa che mi ricarichi la molla che ho dietro la schiena, qualcosa che mi faccia tornare la voglia di cantare in motorino anche oggi, sotto la pioggia. Sì, andrebbe benissimo anche una canzone di Tiziano Ferro, che vedo come protagonista assoluto del lancio dell'inserto, latore della "buona notizia" tutta per noi. (QUI)
Leggo? Leggo.
Leggo che che Tiziano Ferro era depresso e la musica e Dio l'hanno salvato. Anzi tra arte e fede mette "al primo posto? La misericordia".
E così, se questo è il rosa, torno al grigio della finestra con novembre e il maltempo che rimena
Non certo per lui, povero divo del pop dal sorriso triste, ma per come siamo messi. 


(Rosa relativo)






venerdì 3 novembre 2017

Detestabili resti


Resti.
Il vento d'autunno
passa nelle narici
(Iida Dakotsu 1885-1962)


Ieri sera Maurizio Costanzo ha intervistato Silvio Berlusconi. In tv. Su Mediaset.
Ancora.
Di colpo hanno ringiovanito l'Italia, regalandole trentanni che non sembravano essere passati affatto, ieri, in diretta, su quella tv uguale a se stessa.
E così, tutti avevamo trentanni di meno, nella sera d'autunno di ieri. La pelle meno segnata, il corpo più tonico, una pettinatura diversa. Gli occhi più trasparenti che avevano visto meno cose.
Io sono andata a dormire subito dopo. Mi aspetta un esame di storia dell'arte - poi avrei cambiato idea ma ieri sera non lo sapevo ancora -  la materia che ho scelto per la mia tesi.  
Mi aspettavano un trenta e tanto altro.

(vecchio compleanno)





  


giovedì 2 novembre 2017

Feste e saké


Essendo ancora vivo,
vengo rimproverato
dai creditori!
(Shiki 1867-1902)


Ma povero Shiki, che mette il suo pezzetto di misera quotidianità dentro tre righe! 
Passare dal cosmo al dettaglio in un colpo è tipico dell'haiku e così, approfittando della suggestione della festa dedicata ai santi appena trascorsa, desidero festeggiare i miei poeti giapponesi individuando per ognuno di loro quello che nell'iconografia dei santi viene definito "attributo". Come per il giglio di s.Antonio, lo strumento musicale di s.Cecilia, come per gli occhi sul piatto di Lucia, ecco un elenchetto di oggetti che identificherebbero immediatamente in un dipinto, un elemento biografico caratteristico dei miei "non santi".
Qui non ci sono miracoli, né messe. E' il loro cammino esistenziale, poetico e soprattutto spirituale, nelle cose di tutti i giorni, il rito che tocca anche me, quaggiù.
Per Shiki scelgo i caki più maturi e dorati, frutto di cui era ghiotto e a cui dedicò l'ultimo haiku prima di morire e per Issa una tazza di tè, questo il significato del suo nome, simbolo di armonia con la natura. 
I fiori di ciliegio, i più rosa, per Momoko Kuroda, poetessa a noi contemporanea che un giorno mollò il suo lavoro di pubblicitaria per mettersi sulle tracce delle fioriture stagionali seguendo l'esempio di Bashō. 
Per il maestro dei maestri, vissuto a metà del diciassettesimo secolo e viaggiatore instancabile, uomo dallo scatto fulmineo che pare fosse stato un ninja, proprio un bashō (banano), ovvero l'albero che scelse per rappresentarsi nella sua vita di monaco zen. Una creatura stabile e che di certo non se ne va in giro di qua di là come al contrario Matsuo Bashō adorava fare.
Per il dolce Yosa Buson una tavolozza, per l'acido Akutagawa un fazzoletto per il naso, per Kaneko Tōta una bomba atomica, per Ryōkan un cuore da innamorato di quelli con la freccia che lo trafigge. 
Per Santōka, inutile dirlo, una bottiglia di sakè. E dei migliori.

(calendario)