mercoledì 14 dicembre 2016

Sogno americano

Ho del riso
dei libri
e persino del tabacco
(Santōka 1882-1940)

La fatica di lavorare in esterna - trasmettere Fahrenheit da dentro una fiera del libro con tutti i disagi, i contrattempi, i nervosismi, il brusio costante di sottofondo che rintrona - è sempre ricompensata, e lo è stato anche recentemente. 
Dalla Fiera Più Libri di Roma, quella delle piccole case editrici per capirci, ho portato via due autori e ho finalmente "rattoppato" un mio buco, una mia carenza letteraria (quante lacune, quante mancanze, che ho! E, spiattellate lì davanti sopra tutti quegli stand, sembrano ricordarmelo in coro: leggimi, devi farlo, che ti sei persa). 
Ho recuperato la coppia dei Dubus!
Due scrittori, padre e figlio, da me ignorati fino ad ora, sono finalmente passati dallo stand espositivo dentro la mia sacca e ora sul bracciolo del divano, quello dove appoggio il libro in lettura mezzo aperto. 
Vado in ordine cronologico, prima il padre, Andre Dubus, nato nel 1936, e che racconta l'America di Truman e Eisenhower, dei protagonisti impeccabili fuori e rotti dentro, l'America dei "vicini di casa", e arriverò a quella del figlio Andre Dubus III (1959), quella contemporanea, obamiana. Mi sto aggirando tra case tutte uguali, vado dietro banconi di bar lungo la strada principale, il mio viso è livido di neon.
Finalmente ci torno, in America, dopo quel viaggio indimenticabile nella sua provincia durato ben due mesi e compiuto un'era fa. Anni novanta, puro Clinton e mondo in mano.
Ora che impazza Trump, francamente, il mio sogno americano è molto sbiadito. 
Preferisco leggere i Dubus.

(Viaggio da ferma)







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