in vista -
Tolgo il cappello
(Santōka 1882-1940)
Andare in giro con Santōka, vi assicuro, è il migliore dei mondi possibili. Il suo procedere disordinato, a singhiozzo direi, se non temessi il rischio di offenderlo vista la passione per il saké, unito al mio, sghembo e così poco zen, mi offrono pezzi di realtà che avevo lì davanti e che ora guardo in un altro modo.
Ad esempio, essere "ospite" di una libreria e non "cliente", vezzeggiata e accolta con grande calore dal pubblico arrivato lì, per me. Fare due chiacchiere con una coppia di ascoltatori storici di Radio3, perdendo un po' di tempo insieme. Conoscere un libraio, esperto di meccanismi economici ma che si ostina a volerli fare girare al contrario e si concede una vita più serena e una bella libreria a Pinerolo, il cui nome deriva dai pini che la cingevano, insieme alle mura che lui mi fa immaginare quando ci passeggiamo dentro e me ne parla. Scoprire un giardino, la sua esile proprietaria dai tanti cognomi e dai tanti anni, custode-fuscello di un ginko incredibilmente possente. Cenare, con frugalità, ovvio, in un convento di clausura.
E sempre con Santoka, raggiungere il giorno dopo Torino, con lo strano status di "relatore al festival", salutare vecchi amici scrittori senza doverli intervistare o intercettare per una scaletta, scoprirne lati che non conoscevo se visti da qua. Saggiare complicità e diffidenza allo stesso buffet.
Scrivere dediche, ricevere sorrisi, tenere a bada la voce che trema, acchiappare la parola giusta, cercare di sorridere che quando penso sembro un gufo triste e mi viene pure una ruga in mezzo alla fronte, di quelle verticali. La cipria l'ho poi comprata, l'effetto lucido non lo rischio, e Santoka si rivela fichissimo, ogni volta che ne parlo.
E mi viene da sorridere, nessuna nuvola in vista.
(via del Pino) |
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