venerdì 20 ottobre 2017

Stili di vita


M'illumino
d'immenso
("Mattina" di Giuseppe Ungaretti)


Ungaretti amava a tal punto il Cilento da dedicare alcune prose sui suoi taccuini di viaggio a questa terra dolce e romitaGooglando come ho fatto, troverete, qui e lì nella rete, questi sprazzi di colore ungarettiano; un piccolo villaggio marinaro “ad arginare il mare”, “rocce rugginose”, “subito dopo […] un monte mosso da una strada come da una saetta” , “ulivi, sempre ulivi!” con “un alone di luce intorno alle foglie, come i santi”.

Colgo la notizia (QUI) che riguarda l'inedito scambio culturale tra Lund, in Svezia, e Acciaroli. Alcuni ricercatori svedesi stanno difatti cercando di capire come mai, nel piccolo piccolo comune cilentano, si viva così bene. Per la loro indagine, hanno deciso anche un soggiorno di circa tre mesi, per capire da vicino usi, costumi, panorami, aria, tipo di dieta...   

M'illumino! E sulla falsa riga degli svedesi, propongo altri scambi culturali.
Tre mesi per Donald e Ivanka Trump a casa di Pepe Mujica, con lui dentro che illustra agli ospiti americani come si piantano le patate nell'orto, come si cucina un ottimo pranzo con gli avanzi e come si guarda il cielo la sera. In silenzio, pensando al resto degli esseri umani che popolano questo pianeta. 
Tre mesi, ma di scambio casa, tra famiglie padane leghiste con famiglie nigeriane disponibili ad accoglierle "a casa loro". 
Un periodo anche più breve, basterebbe un mesetto, in un qualsiasi ospedale africano per  un gruppo, nutrito, di ultras.
Altri tre mesi ai leader delle destre europee in luoghi a scelta: un convento buddista o una ong in Kenya (va bene qualsiasi altro luogo purché bombardato dalla disperazione) o a distribuire pasti caldi ai diseredati in una stazione ferroviaria del mondo. Ma che sia di notte, quando la solitudine prende alla gola.  


(Cilento rugginoso)



  

giovedì 19 ottobre 2017

Lo zen e l'arte della manutenzione dei rapporti tra esseri umani


È di rugiada
è un mondo di rugiada
eppure eppure
(Issa Kobayashi 1763-1828)




Non sono zen, affatto, eppure eppure continuo ad avere fiducia negli esseri umani. Ma ogni tanto sono mazzate. E in testa.

Era dopo uno spettacolo di cui ho amato molto il testo, la sua complessità mi appariva un valore, né sterile né virtuosistica, per farvi capire. Un testo che chiede di pensare, nulla di più, e parlarne pubblicamente dopo la rappresentazione, con l'autore e con chi aveva realizzato lo spettacolo, mi sembrava una bella occasione. Per tutti. Per loro, per me, per chi ha assistito, per chi ci ha lavorato. Per capire.
Eppure eppure 
Quando si sono accese le luci, la performance sembrava ancora palpabile sul palco, gli spettatori strizzavano gli occhi per i faretti che illuminavano la sala a giorno dopo il buio. La scenografia tornava ad essere un mucchio qualsiasi di roba da accatastare ai lati della scena, gli strumenti musicali sparivano nelle custodie... 
Com'è violento il passaggio da "lì" dove eravamo tutti, insieme, un corpo solo, a "qui", pensavo riflettendo su "quel" tipo di violenza. 
Brevissimo dibattito e poi il fatidico "domande del pubblico".  
E così, ho avuto la sensazione precisa di quanto siamo cambiati e in peggio e in modo realmente profondo. 
Nulla di gravissimo, solo un segnale. Preciso, però.  
Ora. Ci sta che qualcosa non piaccia o che non piaccia tutti, ma in nome di che si parla con tanta sicurezza? In nome di quale diritto del lettore o dllo spettatore la "complessità" non deve avere spazio? O peggio, in nome di quale posticcia accezione del significato di democrazia (leggi: mancanza di rispetto) ci si esprime?
Non sono zen, affatto, continuo ad avere fiducia negli esseri umani, ma mi sembra evidente che questo benedetto mondo di rugiada, a volte, è di rara pesantezza.

(non sparate sul pianista)
  



martedì 17 ottobre 2017

Come le rondini

Rondini volano lontano -
da oggi, tanti e tanti viaggi;
mi allaccio meglio i sandali.
(Santōka 1882-1940)


Ieri sera mi è successa una cosa bella. Una coincidenza, un regalo.
Era una di quelle serata piene di affetto, dentro una casa accogliente, tra oggetti colorati che sanno di amore e di libri. Da dietro le finestre, buio e minuscole lucine. 
Sembravamo in volo.
Sul tavolo ciotoline di zuppe, vino e gelato. 
Una bellissima serata, eppure mi trovavo tra persone appena conosciute e l'occasione era triste. 
Ed è successa una piccola cosa bella che sapeva di tanto lontano e di vicinissimo insieme.


(Sorprese in viaggio)

lunedì 16 ottobre 2017

Etno-chic


La mia nuova veste:
piena di sole
e calore
(Santōka 1882-1940)



"Se vuoi mettere gli stivali a giugno mettili!" dice Michael Korks, stilista americano e ideatore della cosiddetta "moda democratica".

Sabato. Mi faccio un giro in centro.
Dietro le vetrine dei negozi, splendidi ragazzi di colore, impalati, che stanno lì per aprirti la porta. Ad ogni entrata, un ragazzo. E di colore. 
"Buongiorno signora buongiorno signore arrivederci signora arrivederci signore"
Elegantissimo, capelli scolpiti come i muscoli sotto il completo griffato che restituirà a fine turno, sguardo nel vuoto, fa il suo lavoro: aprire la porta.
Ma a cosa starà pensando?


(non calpestare)










  














venerdì 13 ottobre 2017

Pacific Palisades


Dentro ciascuno di noi c'è un territorio
non sappiamo quanto sia segreto
ma è simile al midollo
appare dopo l'ultima difesa dura dell'osso
in questo spazio nasce continuamente
non sai cosa
e non ha un centro forse,
forse è il centro,
è dove per noi finisce l'analogia con la
cipolla che puoi sempre sfogliare,
non è così.
Quel territorio è dove si nasce di continuo.
("Pacific Palisades" di Dario Voltolini)



- Mi è stato chiesto, e ne sono felicissima, di condurre martedì prossimo un breve incontro  dopo la lettura pubblica che Alessandro Baricco farà dell'intero testo di Dario Voltolini, di cui sopra ho riportato un frammento, e che si intitola "Pacific Palisades".
Preparandomi per l'occasione appunto qui tutte le cose che non dirò -

Che questa lettura è di quelle che sedimentano e che da giorni sedimenta dentro me, non lo dirò davanti a tutti (troppo patetico). E neanche che sembra uno specchio rotto nei cui frammenti ci si vede per un pezzetto solamente (troppo ispirato?).
Che c'è un punto nella vita in cui prima si contestano i padri e poi si cercano dentro le foto o sulle mani che invecchiano (come diceva Raboni in una sua poesia) o qui nelle parole di una cugina. Al bar. 
E che esistono, allora, parole da bar, e sguardi da bar. E che non c'è mai estetismo e le sue periferie e le sue solitudini sono così vere, e che parlare dell'alcolismo come forza e fragilità insieme ha qualcosa di fraterno che assomiglia a una mano sulla spalla quando ne hai bisogno. 
Non dirò di quanta bellezza è presente nei dettagli che sfilano uno dopo l'altro, come lo accompagnassimo per strada, Voltolini, che invece ci fa "solo" entrare nella sua testa che diventa anche la nostra. E quanto amorevole mi paia il suo punto di vista. E l'aver individuato queste invisibili palizzate pacifiche, che tutti noi conteniamo e sopportiamo, è già un gesto poetico. 
E come ci permeino, ci proteggano pur nella loro fragilità e il trauma che ne deriva quando si rompono...
E che mi sembra che dentro il libro ci sia la citazione di un haiku di Issa Kobayashi, un eppure eppure che sa di una possibilità ancora e che il pettirosso che a un certo punto appare nel libro, in Giappone pare simboleggi armonia ma anche morte al punto che uno dei massimi poeti di haiku scelse di chiamarsi "Shiki", pettirosso... 
O che è riuscito a dare misura e forma a quello che non ha nome.
Non ci sarà tempo, poi c'è l'emozione di mezzo e il pubblico che aspetta lì davanti. Bisogna essere brevi. Far capire e far parlare l'autore. 

Seguo Voltolini da un po' e credo di aver imparato a conoscere il suo sguardo sulle cose. Lo riconosco e lo faccio mio. 
E anche lui come gli scrittori che amo di più, alla fine, scrivono sempre della stessa cosa.


giovedì 12 ottobre 2017

A Loris Bertocco


Eccomi
dove il blu del mare
è infinito
(Santōka 1882-1940)



Rileggo l'haiku di Santōka, quell'eccomi. Scelto tra tutte le altre parole possibili, un eccomi, tanto cercato e finalmente trovato da chi ama, adora, la vita.
Loris Bertocco ha scritto, nella forma di una lettera pubblica, il capitolato di una vita intera segnata dalla malattia. Pensarlo mentre ricostruiva la sua storia mi fa sentire in colpa, mi fa male, ma glielo devo. Accenna alle sue passioni, a qualche sogno, via via sempre più piccolo, all'impegno. All'amore. 
Ieri Loris Bertocco ha scelto di morire in Svizzera. 
Mi sento a disagio nel leggere le sue parole ma ci ha chiesto di farlo e gli ubbidisco. 
Chi desidera mettere fine a una sopravvivenza troppo dura da sopportare, come ha scelto di fare Loris Bertocco (leggi QUI) avrà sempre il mio sostegno, la mia ammirazione.
Nella speranza che, per chi lo desidera, si possa fare nel proprio letto, legalmente, circondati dall'abbraccio dei propri cari e tra le cose che hanno significato il nostro passaggio qui.     
RIP.

(Segnale di STOP)








mercoledì 11 ottobre 2017

Avevamo un sogno


Eppure, noi avevamo un sogno
che era non solo vivere
giorno per giorno, ed era

la gioia di dividerlo con gli altri,
con le nostre compagne e compagni -
ricordi? - Carpe diem...sì, Lina, 

ma anche - Carpe somnium -
ci ripete la voce più vicina
quando ogni sogno ha spazzato

con le vie la tarda mattinata
e un desiderio d'amore imballato
come un motore a vuoto gira  

e rigira nella testa, in rima
quasi non credesse ancora il cuore
tutta finita la vita di prima,

come se ma e mai toccasse il mare
bello del nostro giovane sperare
né l'afa né il gelo che rimane 
("Una storia quasi solo nostra" di Gianni D'Elia)


Cosa ci è successo? 
La Catalogna e il suo indipendentismo, i movimenti per gli autonomismi, la Padania e i leghismi, coi fascismi e i criptonazismi, i muri. Al governo partiti che si dividono, scindendosi in particelle minuscole. Vaporizzato casting politico buono per i talk show.
Cosa non ha funzionato? 
Come un motore a vuoto gira e rigira nella testa, in rima la poesia di Gianni D'Elia. Cinquanta anni sono passati dal '68 e quaranta dal quel '77 del poeta, oggi, che per "condivisione" s'intende solo quella on line. 


(Traslocando)



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