martedì 11 luglio 2017

Prova costume


Cola inchiostro dagli angoli della mia bocca.
Non c’è felicità pari alla mia.
Ho mangiato poesia.
La bibliotecaria non crede ai suoi occhi.
Ha gli occhi tristi
e cammina con le mani chiuse nel vestito.
Le poesie sono scomparse.
La luce è fioca.
(...)
(da "Mangiare poesia" di Mark Strand)


Devo proprio mettermi  a dieta. 
Evitare il peso di romanzi inutili, di tutti quei commissari, o di quelle storie da paesello, un po' kitsch e ad alto tasso vecchie tradizioni, e devo eliminare anche i romanzi appena sfornati dalle scuole di scrittura fighette. Pesare gli esordienti, sono sempre troppi, diminuire i "nuoviphiliproth". 
Sì, da subito, da oggi stesso! 
A pranzo ho mangiato poesia.

(chili di troppo)







lunedì 10 luglio 2017

Vacanze fasciste


Calmo, limpido il mare
che prende e dà memoria
e a te darà sopra tutto salute.
Il cielo in qualche zona
ha l’azzurro nutrito dal ferro
delle ortensie sul Ceneri.
“Vieni”, dici, “fa’ il morto,
è così facile”. A me …
che appena il vivo so fare.
(in "Quadernetto del Bagno Sirena" di Giorgio Orelli)


"Sono per lo sterminio", "Ordine pulizia disciplina", "Sono contento di avere gente che ha capito il mio messaggio", "Il 50 per cento della popolazione mondiale è merda e quella roba lì io qui non la voglio!", "Punta Canna l'avete fatto voi, bello come lo vedete!" gracchia un altoparlante.
Siamo allo stabilimento balneare Punta Canna, Chioggia, dove per "canna" credo proprio s'intenda quella del fucile, e la voce è del proprietario (clicca video e notizia QUI).
Ho capito da tempo, ormai è la mia regola aurea, che dove s'invocano ordine, disciplina e pulizia c'è sempre un fascista acquattato, quindi, per esempio, sto ben attenta a chi mi chiede notizie dei cassonetti romani, meglio un'espressione svagata e un tantino ebete che offrire il destro.
A proposito di destro, tornando alla notizia di oggi, tutti qui sono proprio per l'ordine e per la pulizia. Qui allo stabilimento Punta Canna si tifa per le radici e le tradizioni del nostro paese e anche per il lavoro, che sono tutte cose belle, intendiamoci, come lo sarebbero i cassonetti vuoti e profumati, ma se si brandiscono come manganelli assumono un altro significato, questa volta sinistro, e la pulizia diventa etnica e l'argomento di conversazione non è più sulla differenziata.
    
Ma tanto allo stabilimento di Chioggia sono tutti sicuri - la sicurezza prima di tutto! -, mai che mettano qualcosa in discussione! Domande qui non si fanno mica, perché la vita senza domande è molto più bella e le cose tornano tutte!!! 


Calmo, limpido il mare
che prende e dà memoria

Ci si unge di abbronzante, si chatta al telefonino, si organizza la mangiata di pesce della sera, un occhio al figlioletto che sguazza. 
L'acqua a riva è limpida, solo più a largo si tingerà di rosso, che a vederlo sembra proprio sangue, ma noi, noi stiamo qui, ma che ci frega...


(il mondo ideale)

venerdì 7 luglio 2017

Premio Strega


Il sole splende sulla colonna ferma del semaforo,
rimbalza da lunotto a lunotto, i riflessi abbagliano,
le macchine ronfano calme.
Scopre sorrisi, oltre il finestrino, l'allegria
imposta dalle insegne, dei cartelloni.
Tanto simile, tanto adeguata, ai disegni dei lungodegenti
esposti negli ospizi.
Si va tutti insieme, lungo il rettilineo, si è tutti insieme fermi,
tutti insieme soli.
("Sosta" di Pierluigi Cappello)



Cosa di meglio di una passeggiata in mezzo alla natura dopo il bla bla bla e i mumble mumble che aleggiano sul premio letterario testé assegnato, sembra dicano in coro votanti e lettori, cosa mai c'è di meglio?
E cosa mai pacifica di più i vinti e i vincitori, i gruppi editoriali e i piccoli editori, i lettori forti e quelli deboli, mondanità con sobrietà, il mercato con la letteratura  - quella alta e quella bassa - se non un'idea di purezza, ancor meglio se di tipo antico e montanaro? (notizia QUI)
Il gelo, la fatica, la sincerità.
Ma di che umore sarà, oggi, Mauro Corona, mi chiedo da dentro il mio casco rovente, percorrendo, con le ginocchia che premono sulla scocca del motorino, l'amata tangenziale.
Quasi quasi lo invito a scoprire il mondo anche da un finestrino abbassato per il caldo, tra le macchine che ronfano calme.
Quasi quasi... 


(ghiaione urbano)


giovedì 6 luglio 2017

Un attimo


Il sogno segreto
dei corvi di Orvieto
è mettere a morte
i corvi di Orte.


Mi capita ogni volta quando, dal treno, tornando verso Roma, verso casa, vedo Orvieto. 
Dura un attimo, anzi, con l'alta velocità, anche meno. 
Un battito di ciglia e sto lì, a Orvieto; pochi frame tutti mentali e ho una bella casa di campagna, di quelle con l'orto e la distesa di girasoli, le tende che si gonfiano per il vento estivo alle finestre. Le mura della mia casa-di-un-attimo sono belle spesse, è una casa vecchia e quindi molto fresca, era forse dei miei nonni, sul retro ha l'orto e la quercia. La sera ci si mangia, lì sotto l'albero, basta apparecchiare la tavola. Qualche olivo? Sì, sì. E anche il vino, da regalare a qualcuno, se lo vuole. 
Nella casa-di-un-attimo, lo vedo sempre quando ci passo con il treno, sopra una mensola, c'è un vaso di fiori freschi, basta solo coglierli in giardino, grappoletti di rose campagnole, non quelle del fioraio. E' un vaso di  vetro blu. Nell'armadio vestiti leggeri o belli caldi per quando il caminetto-di-un-attimo sarà acceso. 
Dura un attimo la mia casa-di-un-attimo. Il tempo di un treno in corsa, della filastrocca. 
Un attimo di pura felicità.

(dal treno)





lunedì 3 luglio 2017

La poesia di Fantozzi


Un ciliegio grande e bello
disse a un piccolo alberello:
"Sì, sei bravo, hai messo i fiori
coi lor petali a colori,
ma cambiare i fiori in frutti
alberello, non saprai"



Il resto lo conosciamo. Mariangela, appena finisce di recitare la sua poesia di Natale (dedicata alla primavera!), al cospetto dei mega direttori galattici che, se non ricordo male, tra loro e solo tra loro, si erano appena scambiati come doni natalizi panettoni d'oro e pietre preziose, viene derisa e chiamata "Cita" (video qui)Suo padre, l'impiegato Fantozzi, in un rigurgito di dignità, tenterà qualcosa che finirà, come sempre, malissimo. 
Paolo Villaggio, con Luciano Salce, hanno descritto una Roma grigio cemento, amara e malmostosa, e davanti a quei palazzoni dell'Eur hanno mosso piccoli personaggi che ci sono diventati parenti.
E se, grazie a queste figurine, noi italiani ci rispecchiamo nettamente per quello che siamo, compressi tra burocrazia e soprusi, grazie proprio a noi, i film di Fantozzi, non sentono affatto il tempo che passa, anche dopo quaranta anni.
Riusciamo a rinverdirli ogni giorno a forza, purtroppo, della nostra fantozziana statura.
Rip


("Fantozzi in paradiso")













venerdì 30 giugno 2017

In viaggio con Santōka

In profondità io vado
In profondità io vado
Montagne verdi
(Santōka 1882-1940)

La circolarità di un cammino che non ha meta se non il cammino stesso, le montagne eternamente uguali nei secoli, il peso di un senso di colpa che diventa universale. 

Domani parto. Vado a Bergamo, non ci sono mai stata!, per presentare il mio libro su Santōka. 
Sono ospite di un festival di viaggi nel cui programma spiccano esploratori, esperti camminatori, persone che hanno girato il mondo. Ma lo sanno che non ho slides da mostrare con il K2 o esperienze estreme a cui fare riferimento? Porto poche cose, viaggio leggera come Santōka. Non so se sono proprio una viaggiatrice, di foto ne ho fatte tante e a alcune sono anche nel libro, ma tendo a viaggiare da ferma. Spero che valga.
Intanto, sul suo diario, Santōka scrive:

28 febbraio 1932 
Tutti i giorni brutto tempo; oggi di nuovo a chiedere l'elemosina nella neve.
Forse è troppo dire che qui le strade sono le peggiori di tutto il Giappone, ma sono di sicuro straordinariamente fangose.
Le porte dei negozi infangate, i passanti infangati.
Le suole di gomma dei miei tabi da lavoro affondano e procedere è veramente molto dura.
Però la zona è piena di rivendite di sakè e quindi il suo prezzo è molto basso.
Esattamente il posto per uno come me!

Santōka è il più diseredato dei poeti zen, il più solo e povero, colui che aveva sbagliato tante volte e che ha perso molti treni in vita sua. E colui a cui penso quando vedo un uomo disperato, senza lavoro, senza casa o qualcuno biascicare qualcosa che nessuno capisce e poi si butta in un angolo.
Santōka ci ricorda che la pratica ascetica e, infine, anche la letteratura, non sono patinati. Non "vendono" molto. Che il buddismo non si pratica dalle 18 alle 20 in una palestra esclusiva, non veste alla moda. È per pochi, spesso mette a disagio e puzza di umanità.
Senza quiete, camminava per chilometri e chilometri su e giù per il Giappone consumando i suoi tabi, i leggeri sandali in paglia dei monaci. Viveva di elemosine e dormiva dove capitava. San-to-ka che significa "alta cima fiammeggiante", a dispetto dl suo nome altisonante dormiva spesso per terra, sotto le stelle e con i grilli. Si ubriacava di sakè per riprendersi dalla fatica esistenziale, dai fallimenti professionali, dalla stanchezza fisica, dalla solitudine. Osservatore delle piccole cose quotidiane come foglie, lucciole, un pugno di riso, una mosca, una pozzanghera, le annotava in forma di haiku sul suo diario.
Nel suo cammino Santōka ci ha lasciato versi trasparenti e universali.
Personalità caratterizzata da una tensione psicologica strettamente novecentesca, di colpevolizzazione e fallimento, Santōka scrive nel suo diario che "la fede è l'origine, lo haiku la sua espressione. Per questo devo camminare, camminare, camminare fino a che non arrivo".
Forse questo mio libretto, la traduzione del diario e dei suoi haiku, il dialogo che ho immaginato tra noi due, averlo come calato tra le mie cose, nella mia quotidianità, dentro l'esperienza di Radio3, ha prolungato di un po' il suo viaggio. Mi piace pensarlo. 
E anche il mio, di viaggio, è sicuramente diventato più bello.



(Unpof)

giovedì 29 giugno 2017

L'arca del mare



Spacca la melagrana
e scarta la scorza che allappa
tinge di nero le dita
e smorza i bottoni delle papille
schiaccia e succhia la frescura rubina

i grani della vita
sono di grana fina
e se ne apprezza il sapore
con forte dentatura

rinegozia l’esistenza
e restituisci al corpo il suo sudore
il suo ardore

non lasciare
che a fare da mantice al fuoco
resti sola e senza fiato
poi che opprime il costato

corri all’arca del mare
a scovare la ricchezza del corpo desviato
e placare il rimorso della siccità
nell’onda che s’azzuffa e si bacia e t’inonda

schiumando di fierezza
("Spacca la melagrana" di Jolanda Insana)



Come un arca del mare
Come una ninna nanna funebre per un bambino senza vita. Come un presepe dove non nasce nessuno, un presepe all'incontrario.
Nell’onda che s’azzuffa e si bacia e t’inonda tra le seicentosettantatre persone sbarcate a Pozzallo, in Sicilia, il corpicino di un neonato. (notizia QUI)

(Agave morente)