martedì 31 ottobre 2017

Halloween, David Hockney ed io


........e come rimonterai gli strapiombi
della       della tua tomba
tu ormai verso i -273
tutta arsa dal transfert per ghiaccio e guano?
Una testa di cane ti abbaia, morta, il momento d'oro;
un cane bastardo rotea fiuta adocchia
e alza la gamba al cippo del tuo memento.
Adoralo, orsù,
dei cari gatti dimentica la tribù.
("Feria sexta in parasceve" di Andrea Zanzotto)


Pare che il tramonto di domenica scorsa sia stato il tramonto dei tramonti, non so in quanti l'abbiano fotografato e condiviso. Uno spettacolo social ricavato dal mix di vento (il fhön), rare nubi lenticolari e un bel tot di polveri sottili. Dalla finestra, il sole calava dietro il nespolo fiorito a fine ottobre. Avvolta in questo velluto rosso pop, un tantino preoccupata, pensavo a cose senza nesso l'una con l'altra e su tutte una, cosa mi comprerei se fossi ricchissima, non esattamente un pensiero romantico da tramonto ma tant'è. Cosa mi comprerei se fossi ricca.
Un quadro di David Hockney.
Uno di quelli con la piscina, i riflessi sull'acqua turchese che saettano sul rosa delle figure. La luce definitiva, post atomica, ma non importa più a nessuno, laggiù, il trampolino che disegna un'ombra netta sul bordo della vasca, le tessere delle mattonelle ocra.
Il tuffo già fatto, il sesso consumato, il drink già bevuto, il vetro della finestra della villa fuxia ben lucidato. So che dentro c'è il tavolo, arancione, con una fruttiera di banane e limoni gialli e un peperone rosso. Siamo seduti insieme, i padroni di casa ed io, noi tre. Immobili. In secondo piano, due palme tra una verzura senza vento arredano il parco.
Il "mio" quadro di Hockney. 
Un pensiero tra i tanti quando il nord Italia brucia a fine ottobre e quando il Tevere è ancora in secca e il cielo su di noi sembra di stoffa. 

(Dolcetto o scherzetto?)

venerdì 27 ottobre 2017

Linee, confini e inni condominiali


Adoro i pregiudizi, i luoghi comuni
mi piace pensare che in Olanda
ci siano sempre ragazze con gli zoccoli
che a Napoli si suoni il mandolino
che tu mi aspetti un po' in ansia
quando cambio tra Lambrate e Garibaldi
("Linea lombarda" di Luciano Erba)



Ieri mattina, il mio condominio, si è dichiarato indipendente dal resto della strada che di par suo aveva già rivendicato pochi giorni fa la sua autonomia rispetto al quartiere, il quale, anch'esso, da poco tempo, si era staccato dalla città a cui apparteneva e che, a sua volta, si rese autonoma dalla regione italiana di cui era capoluogo che non voleva essere più chiamata così, "italiana", perché uno si sente italiano solo quando c'è da parlare di "migranti-che-ci-rubano-il-lavoro-a-noi-italiani" mica sempre, mica tutti i giorni uno può dirsi italiano, no?  
E così, stamattina, il popolo del civico 12 è sceso nel cortile - ben protetto da telecamere e filo spinato - e, mano sul cuore, sento che canta in coro l'inno condominiale composto dal signor Berti del secondo piano, docente di educazione musicale, in pensione dello stato italiano. 
Le note si alzano in cielo, mentre l'Italia esce dall'Europa che esce dall'Europa che esce dal continente che esce dal mondo.
Un acuto più alto degli altri quello della signora Giannetti della scala B, molestata da Weinstein circa venti anni fa, fende l'aria di una giornata perfetta. 


(Un giorno qualsiasi)










giovedì 26 ottobre 2017

L'editor samurai


La guardia medica
si risveglia sonnolenta
e colpisce la mosca
(Shiki 1867-1902)


So che Severino Cesari, uno dei più grandi editor ed esperti di editoria, amava gli haiku da un suo messaggino che mi ha fatto fare qualche piroetta di gioia, e per giorni, e che mi sorprese qualche mese fa.
Se dovessi pensarlo come un poeta di haiku, Cesari lo paragonerei al monaco-samurai Shiki, l'haijin che praticava lo zen e conosceva le arti marziali. Pensandoci ora, i suoi post avevano molte affinità con il mondo del maestro zen vissuto alla fine del diciannovesimo secolo; la forza d'animo - anche Shiki era molto malato -, la grande cultura e raffinatezza intellettuale, le intuizioni letterarie (è di Shiki l'invenzione dello haiku moderno), la forma breve e la descrizione di uno stato d'animo attraverso qualcos'altro (un frutto, una stagione, un raggio di sole). E infine la condivisione, tipica dei maestri.
Nel micro cosmo di un haiku di Shiki potevano trovare luogo un vasetto con un fiore, il sole alla finestra, i kaki amatissimi, le medicine, il paravento colorato. Tutti personaggi di un mondo sempre più piccolo e sempre più amato.
Come il pino Achille, l'amico albero con cui Severino dialogava e di cui ci raccontava quando era ricoverato in ospedale.
L'ultimo post si chiude con un po' di ottobre dentro, il mese della dolcezza e dei colori caldi. 
Il suo kigo per salutarci.


(RIP)







venerdì 20 ottobre 2017

Stili di vita


M'illumino
d'immenso
("Mattina" di Giuseppe Ungaretti)


Ungaretti amava a tal punto il Cilento da dedicare alcune prose sui suoi taccuini di viaggio a questa terra dolce e romitaGooglando come ho fatto, troverete, qui e lì nella rete, questi sprazzi di colore ungarettiano; un piccolo villaggio marinaro “ad arginare il mare”, “rocce rugginose”, “subito dopo […] un monte mosso da una strada come da una saetta” , “ulivi, sempre ulivi!” con “un alone di luce intorno alle foglie, come i santi”.

Colgo la notizia (QUI) che riguarda l'inedito scambio culturale tra Lund, in Svezia, e Acciaroli. Alcuni ricercatori svedesi stanno difatti cercando di capire come mai, nel piccolo piccolo comune cilentano, si viva così bene. Per la loro indagine, hanno deciso anche un soggiorno di circa tre mesi, per capire da vicino usi, costumi, panorami, aria, tipo di dieta...   

M'illumino! E sulla falsa riga degli svedesi, propongo altri scambi culturali.
Tre mesi per Donald e Ivanka Trump a casa di Pepe Mujica, con lui dentro che illustra agli ospiti americani come si piantano le patate nell'orto, come si cucina un ottimo pranzo con gli avanzi e come si guarda il cielo la sera. In silenzio, pensando al resto degli esseri umani che popolano questo pianeta. 
Tre mesi, ma di scambio casa, tra famiglie padane leghiste con famiglie nigeriane disponibili ad accoglierle "a casa loro". 
Un periodo anche più breve, basterebbe un mesetto, in un qualsiasi ospedale africano per  un gruppo, nutrito, di ultras.
Altri tre mesi ai leader delle destre europee in luoghi a scelta: un convento buddista o una ong in Kenya (va bene qualsiasi altro luogo purché bombardato dalla disperazione) o a distribuire pasti caldi ai diseredati in una stazione ferroviaria del mondo. Ma che sia di notte, quando la solitudine prende alla gola.  


(Cilento rugginoso)



  

giovedì 19 ottobre 2017

Lo zen e l'arte della manutenzione dei rapporti tra esseri umani


È di rugiada
è un mondo di rugiada
eppure eppure
(Issa Kobayashi 1763-1828)




Non sono zen, affatto, eppure eppure continuo ad avere fiducia negli esseri umani. Ma ogni tanto sono mazzate. E in testa.

Era dopo uno spettacolo di cui ho amato molto il testo, la sua complessità mi appariva un valore, né sterile né virtuosistica, per farvi capire. Un testo che chiede di pensare, nulla di più, e parlarne pubblicamente dopo la rappresentazione, con l'autore e con chi aveva realizzato lo spettacolo, mi sembrava una bella occasione. Per tutti. Per loro, per me, per chi ha assistito, per chi ci ha lavorato. Per capire.
Eppure eppure 
Quando si sono accese le luci, la performance sembrava ancora palpabile sul palco, gli spettatori strizzavano gli occhi per i faretti che illuminavano la sala a giorno dopo il buio. La scenografia tornava ad essere un mucchio qualsiasi di roba da accatastare ai lati della scena, gli strumenti musicali sparivano nelle custodie... 
Com'è violento il passaggio da "lì" dove eravamo tutti, insieme, un corpo solo, a "qui", pensavo riflettendo su "quel" tipo di violenza. 
Brevissimo dibattito e poi il fatidico "domande del pubblico".  
E così, ho avuto la sensazione precisa di quanto siamo cambiati e in peggio e in modo realmente profondo. 
Nulla di gravissimo, solo un segnale. Preciso, però.  
Ora. Ci sta che qualcosa non piaccia o che non piaccia tutti, ma in nome di che si parla con tanta sicurezza? In nome di quale diritto del lettore o dllo spettatore la "complessità" non deve avere spazio? O peggio, in nome di quale posticcia accezione del significato di democrazia (leggi: mancanza di rispetto) ci si esprime?
Non sono zen, affatto, continuo ad avere fiducia negli esseri umani, ma mi sembra evidente che questo benedetto mondo di rugiada, a volte, è di rara pesantezza.

(non sparate sul pianista)